http://www.nonukes.it/rna/nucleare.htm.
Tratto da:
Rifiuti: l'incubo del nucleare - Voll. 1-6 [HD]
Versione in italiano di "Déchets - Le cauchemar du nucléaire" - Il documentario recentemente tramesso dalla TV Franco tedesca Arte'. Tradotto e diffuso da RNA, in italiano, grazie alle collaborazioni nate in rete
Militari o civili le fabbriche nucleari producono comunque rifiuti radioattivi.
LE HAGUE
Anche la Francia possiede la sua fabbrica atomica, la fabbrica dei trattamenti di rifiuti di Le Hague è dello stesso tipo di quella di Mayak (Russia)
Yamik R di Greenpeace France, studia da 20 anni l'impatto di questa fabbrica sull'ambiente.
“ Qui siamo sull'allineamento dell'uscita del tubo di rifiuti radioattivi, che arriva dalla fabbrica COGEMA che si trova dietro di me, questo tubo finisce in mare, 4,5 km. di tubature e scarico a 1700 m. dall'estremità della punta di Le Hague.
Qui sotto c'è l'equivalente di 33 milioni di fusti da 200 l. di rifiuti nucleari, che ogni anno passano in questo tubo e finiscono in mare. Se questi prodotti fossero condizionati in fusti... dal 1993 sarebbe vietato abbandonarli...
[NDR Confezionati in fusti...è vietato abbandonarli in mare e invece ...riversarli in mare è legalitariamente legalitario ]
L'accordo internazionale del 1993 aveva vietato i rigetti in mare, ma solo a partire dalle navi. Può sembrare paradossale, ma...i rigetti in mare dalle condutture terrestri sono legali.
La conduttura della fabbrica di Le Hague rigetta ogni giorno 400 m3 di rifiuti radioattivi nella Manica.
Si possono rilevare elementi come iodium 129 picco all'Artico.
Greenpeace ha filmato queste squadre di sommozzatori che effettuano prelievi sottomarini. Le analisi fatte nel laboratorio della CRIRAD dimostrano che fondali sottomarini sono diventati discariche radioattive.
Questa conduttura rigetta Cesium, Cobalt ed altri elementi che ritroviamo nella catena alimentare, nelle alghe, nei crostacei e nei molluschi
In seguito all'investigazione fatta sulla conduttura e a tutto quello che abbiamo dimostrato abbiamo pensato che esistesse anche un'altra emissione: i rigetti gassosi.
Per trovarci all'altezza delle ciminiere abbiamo pensato di utilizzare un aquilone, sul quale abbiamo montato un tubicino e abbiamo pompato l'aria e i gas all'altezza delle ciminiere e abbiamo trovato soglie importanti di decine di migliaia di Bq/l d'aria di tutti i prodotti radioattivi rigettati.
Siamo stati i primi a effettuare queste misure. In seguito a queste misure di Krypton effettuate nell'ambiente abbiamo voluto sapere cosa succedeva correttamente, dunque abbiamo utilizzato un softwere americano, lo stesso usato da Cogema, per capire la dispersione del Krypton 85, siamo partiti dalle fonti delle ciminiere e ci siamo accorti che con il vento, in due o tre giorni,,, l'insieme dell'Europa è contaminata da questi scarichi. Abbiamo fatto esperimenti e abbiamo visto che si poteva rilevare il combustibile della Cogema di Le Hague sui tetti dell'Università di Gand in Belgio e di Ginevra in Svizzera.
Con questi scarichi siamo quasi nella condizione dell'incidente permanente, come per un problema a una centrale nucleare, è una situazione accidentale permanente, ma legale.
I prelievi effettuati presso la fabbrica di Le Hague sono stati analizzati da Bruno Chareyron della Cerrirad.
“ I prelievi effettuati da Greenpeace con gli aquiloni hanno dimostrato un'attività molto importante in Krypton nell'aria sopra Le Hague, ventate di 90.000 Bq/m3 e come queste ventate intervengano in permanenza nelle ore lavorative, ci sono in media livelli di Krypton che possono essere nell'ordine di 1000Bq/m3 in permanenza sopra i villaggi a L Hague. Sarebbe a dire che la gente respira permanentemente Krypton radioattivo ossia aria radioattiva.
La fabbrica di Le Hague è veramente una delle installazioni al mondo che ha le autorizzazioni più importanti.
Per esempio vediamo la quantità di Krypton scaricato dall'insieme di tutte le prove nucleari, le 500 prove atmosferiche di armi nucleari hanno questa grandezza. Vediamo che in un anno la fabbrica di Le Hague, per esempio ne '99 ha scaricato nell'aria più di Krypton 85 che tutte le esplosioni atomiche fatte per decenni...dall'uomo.
E siccome il periodo di questo gas è di 10 anni, si accumula progressivamente nell'atmosfera, si vede su questo grafico dagli anni 60 ad oggi, che concentrazioni di Krypton radioattivo nell'atmosfera dell'emisfero nord...aumenta sempre, e questo è dovuto agli scarichi installazioni di ritrattamento di Le Hague.
sabato 19 dicembre 2009
mercoledì 16 dicembre 2009
Theleton e radioattività
E' in corso sulle reti RAI la campagna di Telethon per raccogliere fondi sulla ricerca contro le malattie genetiche. Conosciuti presentatori intervistano ricercatori, persone e bambini malati che sperano in questa ricerca per una guarigione o quantomeno una migliore qualità di vita. La campagna prosegue ininterrottamente per spingerci a donare quello che possiamo affinchè questa ricerca prosegua e ottenga i risultati sperati. Tutto questo è importante e certamente lodevole.
Peccato però che su un altro fronte si faccia di tutto per aumentare a dismisura questo tipo di malattie, e parlo del programma di governo per la nuova costruzione di centrali nucleari.
Riporto qui sotto alcune informazioni su quello che a livello genetico e ereditario può accadere dopo un esposizione ad una fonte radioattiva. Sarebbe importante che le ricerche oltre a trovare le cure per queste tipo di malattie mettessero in evidenza con la stessa forza mediatica le cause di queste malattie e sottolineassero che l'ambiente in cui viviamo, l'aria che respiriamo, quello che mangiamo, se inquinati da veleni e da radioattività portano malattie e malformazioni provenienti dall'alterazione del DNA e quindi di natura genetica. Dobbiamo anche ricordare che le persone che hanno la fortuna di guarire passano comunque attraverso un calvario di dolore. Quindi importante senza dubbio la ricerca per guarire le persone malate, ma ancora di più quella che fa si che le persone non si ammalino a causa dell'ambiente in cui vivono.
Questa ricerca purtroppo sembra non interessare nessuno e nessuno ci chiede soldi per sostenerla, anzi le sovvenzioni vanno ai costruttori di fabbriche di morte.
Enrica Martolini
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Effetti somatici ritardati
I più importanti sono la cataratta e le neoplasie specialmente leucemia, tumori della tiroide, della pelle, delle ossa.
2) Effetti genetici
Effetti sulla prima generazione
Questi possono essere il risultato di un danno ereditario o embrionale. Il danno ereditario è costituito dal danno subito dalle cellule germinali (uova e spermatozoi) e legato ad alterazioni cromosomiche e a mutazioni dominanti. Il danno embrionale si presenta con malformazioni che possono essere compatibili o incompatibili con lo sviluppo sia prima che dopo la nascita; si assisterà cioè ad aborti, nati morti e nati vivi malformati.
Effetti sulle generazioni successive alla prima
Sono danni esclusivamente ereditari, legati quindi ad alterazioni cromosomiche o a mutazioni.
Di conseguenza:
il danno può interessate la prima generazione successiva alla mutazione, però nella maggior parte delle mutazioni recessive il danno può manifestarsi dopo alcune generazioni;
non esiste la guarigione del danno;
non esiste una dose soglia e quindi qualsiasi esposizione anche se modesta è sufficiente a far aumentare la frequenza di mutazione.
Inoltre:
esiste una relazione lineare tra la frequenza di mutazioni e la dose accumulata;
una dose compresa fra 30 e 80 rads è detta dose raddoppio perché provoca un numero di mutazioni pari a quello che si verifica spontaneamente per ogni generazione;
in una popolazione irradiata, il numero dei danni di origine genetica nei nati della prima generazione è sempre maggiore al numero dei danni che si manifestano in qualsiasi generazione successiva;
la somma dei danni di origine genetica che si manifestano nei nati di tutte le generazione successive alla prima supera di gran lunga il numero dei danni della prima generazione.
Peccato però che su un altro fronte si faccia di tutto per aumentare a dismisura questo tipo di malattie, e parlo del programma di governo per la nuova costruzione di centrali nucleari.
Riporto qui sotto alcune informazioni su quello che a livello genetico e ereditario può accadere dopo un esposizione ad una fonte radioattiva. Sarebbe importante che le ricerche oltre a trovare le cure per queste tipo di malattie mettessero in evidenza con la stessa forza mediatica le cause di queste malattie e sottolineassero che l'ambiente in cui viviamo, l'aria che respiriamo, quello che mangiamo, se inquinati da veleni e da radioattività portano malattie e malformazioni provenienti dall'alterazione del DNA e quindi di natura genetica. Dobbiamo anche ricordare che le persone che hanno la fortuna di guarire passano comunque attraverso un calvario di dolore. Quindi importante senza dubbio la ricerca per guarire le persone malate, ma ancora di più quella che fa si che le persone non si ammalino a causa dell'ambiente in cui vivono.
Questa ricerca purtroppo sembra non interessare nessuno e nessuno ci chiede soldi per sostenerla, anzi le sovvenzioni vanno ai costruttori di fabbriche di morte.
Enrica Martolini
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Effetti somatici ritardati
I più importanti sono la cataratta e le neoplasie specialmente leucemia, tumori della tiroide, della pelle, delle ossa.
2) Effetti genetici
Effetti sulla prima generazione
Questi possono essere il risultato di un danno ereditario o embrionale. Il danno ereditario è costituito dal danno subito dalle cellule germinali (uova e spermatozoi) e legato ad alterazioni cromosomiche e a mutazioni dominanti. Il danno embrionale si presenta con malformazioni che possono essere compatibili o incompatibili con lo sviluppo sia prima che dopo la nascita; si assisterà cioè ad aborti, nati morti e nati vivi malformati.
Effetti sulle generazioni successive alla prima
Sono danni esclusivamente ereditari, legati quindi ad alterazioni cromosomiche o a mutazioni.
Di conseguenza:
il danno può interessate la prima generazione successiva alla mutazione, però nella maggior parte delle mutazioni recessive il danno può manifestarsi dopo alcune generazioni;
non esiste la guarigione del danno;
non esiste una dose soglia e quindi qualsiasi esposizione anche se modesta è sufficiente a far aumentare la frequenza di mutazione.
Inoltre:
esiste una relazione lineare tra la frequenza di mutazioni e la dose accumulata;
una dose compresa fra 30 e 80 rads è detta dose raddoppio perché provoca un numero di mutazioni pari a quello che si verifica spontaneamente per ogni generazione;
in una popolazione irradiata, il numero dei danni di origine genetica nei nati della prima generazione è sempre maggiore al numero dei danni che si manifestano in qualsiasi generazione successiva;
la somma dei danni di origine genetica che si manifestano nei nati di tutte le generazione successive alla prima supera di gran lunga il numero dei danni della prima generazione.
giovedì 10 dicembre 2009
TUTTI A ROMA IL 15 DICEMBRE
PRESIDIO FUORI DAL CONSIGLIO DI STATO IN OCCASIONE DELLA SENTENZA SUL RIGASSIFICATORE LIVORNO-PISA
INFORMAZIONI SU:
www.offshorenograzie.it
INFORMAZIONI SU:
www.offshorenograzie.it
venerdì 4 dicembre 2009
Cip6 bruciando i rifiuti organici: parla il Prof. Stefano Montanari
Vi proponiamo un’interessante intervista al Prof. Stefano Montanari, esperto di nanopatologie, pubblicata dal sito blogeko.libero.it
Leggo testualmente da un Ansa del 26 novembre: “Più rifiuti biodegradabili e meno combustibili fossili per produrre energia“: lo afferma il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo commentando l’emendamento governativo che è stato inserito nel decreto rifiuti nel corso dell’esame in Commissione alla Camera.
In pratica la misura approvata consente di includere la quota biodegradabile dei rifiuti (biomasse e organico) nella normativa delle fonti rinnovabili e quindi di far scattare per questa quota gli incentivi di legge previsti per le rinnovabili, ovvero i famosi Cip6.
Ho contattato il professor Stefano Montanari, direttore di Nanodiagnostics, per capirci qualcosa di più.
Letta superficialmente e senza conoscenze scientifiche minime parrebbe una notizia positiva per l’ambiente. Ma non è così. O mi sbaglio professore?
Voglio sperare che dietro questa decisione ci sia solo incompetenza e non altro. La gestione dei rifiuti così come è condotta in Italia per volere di chi ci governa – e destra o sinistra non fa alcuna differenza – è priva di qualsiasi razionale.
Il ragionamento si potrebbe addirittura fare kantianamente a priori, vale a dire prima ancora che se ne sia fatta esperienza, tanta è l’ovvietà della cosa: in un contesto ambientale deteriorato e con un futuro a dir poco incerto come quello in cui viviamo, con un suolo che si va desertificando e con risorse energetiche ormai impossibilitate ad assicurarci più di qualche decennio di autonomia planetaria, bruciare quelli che ci sono assurdamente rappresentati come rifiuti è a dir poco demenziale.
Sarebbe come se noi avessimo una tavola di Giotto di cui vogliamo disfarci e, davanti al dilemma se venderla ad un museo ricavando milioni o bruciarla per cuocerci al fuoco una salsiccia scegliessimo quest’ultima soluzione.
Ma, con buona pace del senatore Maurizio Gasparri con cui ebbi un mortificante dibattito televisivo qualche mese fa, l’esperienza c’è: è quella di migliaia di città o, persino di un’intera nazione come la Nuova Zelanda, che hanno deciso di adottare una strategia chiamata “Rifiuti Zero” seconda la quale si recupera tutto il recuperabile, e questo con vantaggi enormi in termini di economia, posti di lavoro compresi, di resa energetica (bruciare significa sprecare quantità enormi di energia) ed ecologici perché in questo modo l’inquinamento da combustione viene praticamente azzerato.
La decisione firmata Prestigiacomo è tragicamente ridicola. Il solo bruciare ciò che è trasformabile in modo naturale in compost, ora assolutamente indispensabile per un suolo ormai sterilizzato dai concimi chimici, è cosa che, da sola, meriterebbe il defenestramento immediato di un ministro dell’ambiente che di ambiente non sa nulla.
Malauguratamente, come è già successo altre volte in passato con l’amianto, con il tabacco, con i cloro-fluoro-carboni, con il piombo tetraetile e perfino con la diossina, chi lucra su quella roba affitta “scienziati” compiacenti che scrivono e dicono cose che non stanno né in cielo né in terra ma che sono una manna per i politici e uno splendido anestetico per il pubblico.
Se qualcuno avrà voglia di leggersi il mio libro Il Girone delle Polveri Sottili o l’e-book che ho curato Lo Stivale di Barabba avrà materia su cui meditare.
Dopo l’emendamento che riporta in auge i Cip6 per tutte le zone minacciate da emergenza rifiuti, altri soldi che dalle nostre tasche finiscono per finanziare, invece delle energie rinnovabili come dovrebbero, impianti estremamente pericolosi per la salute.
Ancora una volta cambiano i governi ma la rapina resta. Nella loro assoluta miopia, i nostri amministratori non si rendono conto di due cose: la prima è che i danni alla salute ricadranno su di loro esattamente come accade per chiunque, e la seconda è che, se continueranno a rapinarci, finiranno come i parassiti meno saggi che uccidono l’ospite: non avranno più da mangiare.
Inoltre mi viene un dubbio: come possono pensare che l’organico bruci visto il suo basso potere calorifero? Non sarebbe meglio ricavarne del compost?
Sì, certo: il destino ovvio è quello di farne compost, ma, come ho detto, ci siamo messi nelle mani d’incompetenti, sempre che solo di questo si tratti.
A livello di salute qual è l’impatto di impianti che bruciano biomasse o Cdr (combustibile da rifiuto?
Le biomasse vere non sono quasi disponibili. Queste dovrebbero essere piante vergini, mai trattate da concimi chimici o da pesticidi e mai restate sotto le polveri e le tante sostanze chimiche che piovono da inceneritori, centrali termoelettriche, cementifici, fonderie, traffico veicolare, eccetera. Il che è di fatto impossibile.
Quando si va a bruciare una biomassa, si dà fuoco ad una miriade di composti chimici diversi, anche contenuti naturalmente nella pianta come, ad esempio, tanti sali minerali, che, a seguito delle reazioni di ossidazione ad alta temperatura e di altre combinazioni chimiche, danno luogo alla formazione di un’altra miriade di veleni e di polveri tanto più sottili quanto più alta è la temperatura di combustione.
Va da sé che tutta quella roba è deleteria per la salute. Se, poi, consideriamo il fatto che i nostri governanti, nella loro follia, equiparano i rifiuti urbani alle biomasse, c’è veramente di che disperare.
Per rispondere alla sua domanda, i danni alla salute sono tutti quelli che derivano dall’inalazione e dall’ingestione dei veleni sviluppati: malattie cardiovascolari, cancri, malattie del sistema endocrino, malattie neurologiche, malformazioni fetali e quant’altro.
Mi viene in mente che in questo modo si finisce per penalizzare la raccolta differenziata, incentivando così i Comuni a investire nell’incenerimento. Quale pazzo penserebbe infatti di investire i propri soldi altrove visto che il Governo elargisce milioni di euro a palate per la costruzione e l’incentivo di impianti del genere?
L’ho detto: non esiste differenza. Quando dico questa cosa mi si dà del qualunquista, ma qualcuno mi dimostri che ho torto. Basti pensare all’assist che il governo Prodi fornì in articulo mortis al nascente governo Berlusconi quando fece passare gl’inceneritori e gli altri impianti che producono in qualche modo energia come soggetti al segreto di stato.
Il che significa che, se io ci metto il becco e vado a vedere che cosa esce da quei camini, rischio cinque anni di galera. Il sistema dei Cip6, comunque lo si voglia chiamare o mimetizzare, è una delle tante vergogne del nostro paese e delle tante rapine miliardarie che noi subiamo senza che la maggioranza di noi lo sappia.
Soprattutto mi chiedo: con quest’emendamento non si reintroducono formalmente i Cip6 per tutti gli impianti di incenerimento? Un esempio eclatante mi sembra quello di Torino. E su questo mi sembra che centrodestra e centrosinistra si trovino d’accordo. Rimanendo sempre a Torino, ma vale un po’ per tutta Italia, non le sembra incredibile che i timori maggiori della gente riguardino la svalutazione degli immobili limitrofi (75%) e l’aumento del traffico in zona a seguito del trasporto su gomma (51%)…
È assolutamente in linea con quello che i vari governi che si sono succeduti hanno messo in atto: un’anestesia totale del popolo per distrarlo dalle mani in tasca che gli stavano infilando e continuano ad infilargli. Io ho tenuto oltre 700 conferenze sull’inquinamento in tutta Italia. Mai a Torino. Vede che lì le cose funzionano come i governanti desiderano?
Leggo testualmente da un Ansa del 26 novembre: “Più rifiuti biodegradabili e meno combustibili fossili per produrre energia“: lo afferma il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo commentando l’emendamento governativo che è stato inserito nel decreto rifiuti nel corso dell’esame in Commissione alla Camera.
In pratica la misura approvata consente di includere la quota biodegradabile dei rifiuti (biomasse e organico) nella normativa delle fonti rinnovabili e quindi di far scattare per questa quota gli incentivi di legge previsti per le rinnovabili, ovvero i famosi Cip6.
Ho contattato il professor Stefano Montanari, direttore di Nanodiagnostics, per capirci qualcosa di più.
Letta superficialmente e senza conoscenze scientifiche minime parrebbe una notizia positiva per l’ambiente. Ma non è così. O mi sbaglio professore?
Voglio sperare che dietro questa decisione ci sia solo incompetenza e non altro. La gestione dei rifiuti così come è condotta in Italia per volere di chi ci governa – e destra o sinistra non fa alcuna differenza – è priva di qualsiasi razionale.
Il ragionamento si potrebbe addirittura fare kantianamente a priori, vale a dire prima ancora che se ne sia fatta esperienza, tanta è l’ovvietà della cosa: in un contesto ambientale deteriorato e con un futuro a dir poco incerto come quello in cui viviamo, con un suolo che si va desertificando e con risorse energetiche ormai impossibilitate ad assicurarci più di qualche decennio di autonomia planetaria, bruciare quelli che ci sono assurdamente rappresentati come rifiuti è a dir poco demenziale.
Sarebbe come se noi avessimo una tavola di Giotto di cui vogliamo disfarci e, davanti al dilemma se venderla ad un museo ricavando milioni o bruciarla per cuocerci al fuoco una salsiccia scegliessimo quest’ultima soluzione.
Ma, con buona pace del senatore Maurizio Gasparri con cui ebbi un mortificante dibattito televisivo qualche mese fa, l’esperienza c’è: è quella di migliaia di città o, persino di un’intera nazione come la Nuova Zelanda, che hanno deciso di adottare una strategia chiamata “Rifiuti Zero” seconda la quale si recupera tutto il recuperabile, e questo con vantaggi enormi in termini di economia, posti di lavoro compresi, di resa energetica (bruciare significa sprecare quantità enormi di energia) ed ecologici perché in questo modo l’inquinamento da combustione viene praticamente azzerato.
La decisione firmata Prestigiacomo è tragicamente ridicola. Il solo bruciare ciò che è trasformabile in modo naturale in compost, ora assolutamente indispensabile per un suolo ormai sterilizzato dai concimi chimici, è cosa che, da sola, meriterebbe il defenestramento immediato di un ministro dell’ambiente che di ambiente non sa nulla.
Malauguratamente, come è già successo altre volte in passato con l’amianto, con il tabacco, con i cloro-fluoro-carboni, con il piombo tetraetile e perfino con la diossina, chi lucra su quella roba affitta “scienziati” compiacenti che scrivono e dicono cose che non stanno né in cielo né in terra ma che sono una manna per i politici e uno splendido anestetico per il pubblico.
Se qualcuno avrà voglia di leggersi il mio libro Il Girone delle Polveri Sottili o l’e-book che ho curato Lo Stivale di Barabba avrà materia su cui meditare.
Dopo l’emendamento che riporta in auge i Cip6 per tutte le zone minacciate da emergenza rifiuti, altri soldi che dalle nostre tasche finiscono per finanziare, invece delle energie rinnovabili come dovrebbero, impianti estremamente pericolosi per la salute.
Ancora una volta cambiano i governi ma la rapina resta. Nella loro assoluta miopia, i nostri amministratori non si rendono conto di due cose: la prima è che i danni alla salute ricadranno su di loro esattamente come accade per chiunque, e la seconda è che, se continueranno a rapinarci, finiranno come i parassiti meno saggi che uccidono l’ospite: non avranno più da mangiare.
Inoltre mi viene un dubbio: come possono pensare che l’organico bruci visto il suo basso potere calorifero? Non sarebbe meglio ricavarne del compost?
Sì, certo: il destino ovvio è quello di farne compost, ma, come ho detto, ci siamo messi nelle mani d’incompetenti, sempre che solo di questo si tratti.
A livello di salute qual è l’impatto di impianti che bruciano biomasse o Cdr (combustibile da rifiuto?
Le biomasse vere non sono quasi disponibili. Queste dovrebbero essere piante vergini, mai trattate da concimi chimici o da pesticidi e mai restate sotto le polveri e le tante sostanze chimiche che piovono da inceneritori, centrali termoelettriche, cementifici, fonderie, traffico veicolare, eccetera. Il che è di fatto impossibile.
Quando si va a bruciare una biomassa, si dà fuoco ad una miriade di composti chimici diversi, anche contenuti naturalmente nella pianta come, ad esempio, tanti sali minerali, che, a seguito delle reazioni di ossidazione ad alta temperatura e di altre combinazioni chimiche, danno luogo alla formazione di un’altra miriade di veleni e di polveri tanto più sottili quanto più alta è la temperatura di combustione.
Va da sé che tutta quella roba è deleteria per la salute. Se, poi, consideriamo il fatto che i nostri governanti, nella loro follia, equiparano i rifiuti urbani alle biomasse, c’è veramente di che disperare.
Per rispondere alla sua domanda, i danni alla salute sono tutti quelli che derivano dall’inalazione e dall’ingestione dei veleni sviluppati: malattie cardiovascolari, cancri, malattie del sistema endocrino, malattie neurologiche, malformazioni fetali e quant’altro.
Mi viene in mente che in questo modo si finisce per penalizzare la raccolta differenziata, incentivando così i Comuni a investire nell’incenerimento. Quale pazzo penserebbe infatti di investire i propri soldi altrove visto che il Governo elargisce milioni di euro a palate per la costruzione e l’incentivo di impianti del genere?
L’ho detto: non esiste differenza. Quando dico questa cosa mi si dà del qualunquista, ma qualcuno mi dimostri che ho torto. Basti pensare all’assist che il governo Prodi fornì in articulo mortis al nascente governo Berlusconi quando fece passare gl’inceneritori e gli altri impianti che producono in qualche modo energia come soggetti al segreto di stato.
Il che significa che, se io ci metto il becco e vado a vedere che cosa esce da quei camini, rischio cinque anni di galera. Il sistema dei Cip6, comunque lo si voglia chiamare o mimetizzare, è una delle tante vergogne del nostro paese e delle tante rapine miliardarie che noi subiamo senza che la maggioranza di noi lo sappia.
Soprattutto mi chiedo: con quest’emendamento non si reintroducono formalmente i Cip6 per tutti gli impianti di incenerimento? Un esempio eclatante mi sembra quello di Torino. E su questo mi sembra che centrodestra e centrosinistra si trovino d’accordo. Rimanendo sempre a Torino, ma vale un po’ per tutta Italia, non le sembra incredibile che i timori maggiori della gente riguardino la svalutazione degli immobili limitrofi (75%) e l’aumento del traffico in zona a seguito del trasporto su gomma (51%)…
È assolutamente in linea con quello che i vari governi che si sono succeduti hanno messo in atto: un’anestesia totale del popolo per distrarlo dalle mani in tasca che gli stavano infilando e continuano ad infilargli. Io ho tenuto oltre 700 conferenze sull’inquinamento in tutta Italia. Mai a Torino. Vede che lì le cose funzionano come i governanti desiderano?
martedì 1 dicembre 2009
Rubbia "L'errore nucleare. il futuro è nel sole"
Parla il Nobel per la Fisica: "Inutile insistere su una tecnologia che crea solo problemi e ha bisogno di troppo tempo per dare risultati". La strada da percorrere? "Quella del solare termodinamico. Spagna, Germania e Usa l'hanno capito. E noi..."
di ELENA DUSI
Carlo Rubbia
ROMA - Come Scilla e Cariddi, sia il nucleare che i combustibili fossili rischiano di spedire sugli scogli la nave del nostro sviluppo. Per risolvere il problema dell'energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta. "In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall'altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell'Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti".
La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese. Ma in questi giorni il premio Nobel è a Roma, dove ha tenuto un'affollatissima conferenza su materia ed energia oscura nella mostra "Astri e Particelle", allestita al Palazzo delle Esposizioni da Infn, Inaf e Asi.
Un'esibizione scientifica che in un mese ha già raccolto 34mila visitatori. Accanto all'energia oscura che domina nell'universo, c'è l'energia che è sempre più carente sul nostro pianeta. Il governo italiano ha deciso di imboccare di nuovo la strada del nucleare.
Cosa ne pensa?
"Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".
Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
"Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".
Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...
"Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".
La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
"Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".
http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/ambiente/nucleare3/rubbia-intervista/rubbia-intervista.html
di ELENA DUSI
Carlo Rubbia
ROMA - Come Scilla e Cariddi, sia il nucleare che i combustibili fossili rischiano di spedire sugli scogli la nave del nostro sviluppo. Per risolvere il problema dell'energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta. "In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall'altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell'Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti".
La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese. Ma in questi giorni il premio Nobel è a Roma, dove ha tenuto un'affollatissima conferenza su materia ed energia oscura nella mostra "Astri e Particelle", allestita al Palazzo delle Esposizioni da Infn, Inaf e Asi.
Un'esibizione scientifica che in un mese ha già raccolto 34mila visitatori. Accanto all'energia oscura che domina nell'universo, c'è l'energia che è sempre più carente sul nostro pianeta. Il governo italiano ha deciso di imboccare di nuovo la strada del nucleare.
Cosa ne pensa?
"Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".
Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
"Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".
Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...
"Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".
La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
"Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".
http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/ambiente/nucleare3/rubbia-intervista/rubbia-intervista.html
lunedì 23 novembre 2009
COSA ENTRA E COSA ESCE DAGLI INCENERITORI
Gli inceneritori bruciano ad alta temperatura perchè oltre gli 800° si forma poca (ma non nulla) diossina. La diossina è una sostanza estremamente stabile che, a causa del suo peso, dal camino di qualsiasi impianto esca, cade abbastanza velocemente a terra, quindi sull'erba, sulla verdura, sulla frutta. Noi perciò ce la mangiamo nutrendoci sia degli animali che hanno mangiato l'erba sia dei vegetali, ritrovandocela nei grassi, nel fegato, nel sangue, oltretutto concentrata, poiché il nostro organismo la elimina in tempi valutabili in diversi anni e quindi, se la fonte di diossina è costante nel tempo, questa si accumula nell'organismo. La diossina provoca alcune forme di cancro e malformazioni fetali.
Comunque, bruciando ad alta temperatura, via la diossina (o quasi) e allora via agli inceneritori! Purtroppo però gli inceneritori moderni producono comunque un bel po' di diossina; primo per la grande presenza di cloro nei rifiuti, secondo perchè la temperatura all'interno degli inceneritori è tutt'altro che omogenea e dunque esistono le condizioni idonee per la creazione del composto.
Oltre la diossina l'inceneritore genera pure una quantità di sostanze organiche di cui siamo soltanto in parte a conoscenza e queste sostanze, contenute nelle migliaia di materiali gettate negli inceneritori, quali sono? Che effetti hanno sulla salute e sull'ambiente? Non lo sappiamo.
Oltre a questo tipo di inquinamento l'inceneritore libera come ogni altro tipo di combustione gas organici e non e tra questi anidride carbonica (CO2)vari ossidi di azoto (NOx)vari ossidi di zolfo (SOx) e acido solfidrico (H2S).
Poichè questo è ben conosciuto, per evitare di mettere questi prodotti nocivi in atmosfera, si aggiungono al materiale da incenerire sostanze come ammoniaca, calce, bicarbonato e vi si aggiunge pure parecchia acqua. Praticamente si raddoppia la massa.
Ma un altro inuinante esce dal camino dell'inceneritore: le polveri organiche e inorganiche. Anche senza avere un grado di precisione accettabile sulla composizione delle polveri, il fatto è ben conosciuto e per questo motivo ecco l'introduzione dei filtri che dovrebbero acchiappare questi materiali.
Ora bisogna sapere che per una frazione le polveri da combustione si formano immediatamente dopo che il materiale è stato bruciato e per questo sono arrestabili con una certa facilità da filtri opportunamente congegnati. Queste polveri sono chiamate "primarie" o "filtrabili" proprio perchè dei filtri opportunamente congegnati possono catturarle.
Una seconda frazione di polveri è quella "primaria condensabile" dove il secondo aggettivo significa che la formazione avviene per condensazione del materiale vaporizzato e questo processo si verifica ben al di là del camino. Dunque fuori dalla portata di qualsiasi filtro.
Infine ci sono le "polveri secondarie" quelle che si generano dalla condensazione dei gas che escono dalla combustione con quanto trovano in atmosfera: gas come l'ozono, il vapor d'acqua e una grande quantità di radicali liberi, cioè questi ultimi, semplificando un po', porzioni di molecole dotate di enorme reattività chimica. Il processo è facilitato dalla luce solare che agisce come catalizzatore. Le polveri secondarie nascono in quantità enorme ben lontano dal camino e diventano veicolo per altre polveri che si trovano in atmosfera.
Dunque è evidente che un filtro posto lungo il camino potrà catturare solo le polveri primarie filtrabili e nulla più. Ma a questo punto sorge una domanda. Che ne farò di quello che sono riuscito a catturare? E che ne faro del filtro stesso una volta che questo avrà finito la sua capacità di lavoro? Questa roba, ahimé, finirà prima o poi nell'ambiente.
Eppure se si va a leggere nella pubblicità degli inceneritori si vedrà che questi riportano una capacità di cattura quasi assoluta nei riguardi delle polveri, senza però specificare di quali polveri si tratti e senza mai chiudere il cerchio: il solito giochetto per far vedere ciò che fa comodo, che sarà pure ingenuo, ma che, nella maggior parte dei casi funziona!
In più c'è il problema delle ceneri che, senza che ci sia gran che da fare, residuano ad ogni combustione.
Queste ceneri si dividono in pesanti e sono la grande maggioranza e leggere o volanti.
Le prime ricadono immediatamente e si possono raccogliere, le seconde invece sono finissime e galleggiano in aria volando anche a grande distanza dall'origine. E' impossibile stabilire a priori la composizione di queste polveri, poiché dipende da cosa si è bruciato. Contengono comunque, se non tutta la tavola degli elementi, un discreto campionario. Queste ceneri vengono definite dalla legge "inerti" come se il nostro organismo non s'incrociasse con loro.
Questa roba viene messa in discarica (e allora è falso che con gli inceneritori le discariche scompaiono) ma è vero pure che la legge consente che le ceneri di rifiuto siano aggiunte a laterizi e cemento. Questo appare per lo meno se non illegale certamente illegittimo, se compro del cemento e non c'è scritto con chiarezza che sto comprando anche ceneri che sono rifiuti dei rifiuti sono stato imbrogliato. Se poi sono allergico a qualche elemento presente nelle ceneri ecco che viene minata anche la mia salute, Si stanno verificando casi di bambini allergici alle proprie case.
Adesso consideriamo un po' la massa che si incenerisce e ciò che esce dal processo. Consideriamo una tonnellata di rifiuti (ma un inceneritore normale tratta diverse centinaia di migliaia di tonnellate l'anno). Dobbiamo considerare anche le aggiunte di cui abbiamo parlato (acqua, calce bicarbonato, ammoniaca)e queste aggiunte portano la tonnellata iniziale a due. Da questa tonnellata iniziale escono:
-una tonnellata di fumi
-650 kg. d'acqua da depurare
-300 kg. di ceneri pesanti
-30 kg. di ceneri volanti
-25 kg. di gesso
Basta fare una semplice addizione per vedere che da una tonnellata di rifiuti escono due tonnellate e questo trascurando le polveri secondarie che si formano per condensazione e che possono superare da sole quella massa. E questo ce lo garantisce la legge di conservazione della massa di cui parlerò nel prossimo blog.
Da aggiungere a questo fatto il problema della trasformazione chimica. Nella grande maggioranza dei casi ciò che esce da una combustione ha una tossicità assai maggiore di ciò che è entrato e le polveri che si producono sono ben più aggressive di quanto non lo fosse l'oggetto iniziale, se mai quest'oggetto iniziale lo fosse stato. L'oggetto iniziale viene sminuzzato in una quantità immensa di particelle tanto più piccole quanto più alta è la temperatura di combustione. Dunque dall'oggetto innocuo e grossolano iniziale siamo passati a un coacervo di gas e polveri ETERNE (e per eterne si intende fino alla fine della vita del nostro pianeta) sulla cui aggressività pare non possano esistere dubbi.
A questo punto è chiaro che qualsiasi alternativa è preferibile a raddoppiare la massa e a trasformare materiale in materiale di gran lunga più aggressivo, anche se invisibile, per la salute e per l'ambiente.
QUAL'E' ALLORA IL MOTIVO DI ESISTERE DI IMPIANTI COSI' SMACCATAMENTE CONTRARI ALLA SCIENZA?
Liberamente tratto da "Il Girone delle Polveri Sottili" di Stefano Montanari - MacroEdizioni
Comunque, bruciando ad alta temperatura, via la diossina (o quasi) e allora via agli inceneritori! Purtroppo però gli inceneritori moderni producono comunque un bel po' di diossina; primo per la grande presenza di cloro nei rifiuti, secondo perchè la temperatura all'interno degli inceneritori è tutt'altro che omogenea e dunque esistono le condizioni idonee per la creazione del composto.
Oltre la diossina l'inceneritore genera pure una quantità di sostanze organiche di cui siamo soltanto in parte a conoscenza e queste sostanze, contenute nelle migliaia di materiali gettate negli inceneritori, quali sono? Che effetti hanno sulla salute e sull'ambiente? Non lo sappiamo.
Oltre a questo tipo di inquinamento l'inceneritore libera come ogni altro tipo di combustione gas organici e non e tra questi anidride carbonica (CO2)vari ossidi di azoto (NOx)vari ossidi di zolfo (SOx) e acido solfidrico (H2S).
Poichè questo è ben conosciuto, per evitare di mettere questi prodotti nocivi in atmosfera, si aggiungono al materiale da incenerire sostanze come ammoniaca, calce, bicarbonato e vi si aggiunge pure parecchia acqua. Praticamente si raddoppia la massa.
Ma un altro inuinante esce dal camino dell'inceneritore: le polveri organiche e inorganiche. Anche senza avere un grado di precisione accettabile sulla composizione delle polveri, il fatto è ben conosciuto e per questo motivo ecco l'introduzione dei filtri che dovrebbero acchiappare questi materiali.
Ora bisogna sapere che per una frazione le polveri da combustione si formano immediatamente dopo che il materiale è stato bruciato e per questo sono arrestabili con una certa facilità da filtri opportunamente congegnati. Queste polveri sono chiamate "primarie" o "filtrabili" proprio perchè dei filtri opportunamente congegnati possono catturarle.
Una seconda frazione di polveri è quella "primaria condensabile" dove il secondo aggettivo significa che la formazione avviene per condensazione del materiale vaporizzato e questo processo si verifica ben al di là del camino. Dunque fuori dalla portata di qualsiasi filtro.
Infine ci sono le "polveri secondarie" quelle che si generano dalla condensazione dei gas che escono dalla combustione con quanto trovano in atmosfera: gas come l'ozono, il vapor d'acqua e una grande quantità di radicali liberi, cioè questi ultimi, semplificando un po', porzioni di molecole dotate di enorme reattività chimica. Il processo è facilitato dalla luce solare che agisce come catalizzatore. Le polveri secondarie nascono in quantità enorme ben lontano dal camino e diventano veicolo per altre polveri che si trovano in atmosfera.
Dunque è evidente che un filtro posto lungo il camino potrà catturare solo le polveri primarie filtrabili e nulla più. Ma a questo punto sorge una domanda. Che ne farò di quello che sono riuscito a catturare? E che ne faro del filtro stesso una volta che questo avrà finito la sua capacità di lavoro? Questa roba, ahimé, finirà prima o poi nell'ambiente.
Eppure se si va a leggere nella pubblicità degli inceneritori si vedrà che questi riportano una capacità di cattura quasi assoluta nei riguardi delle polveri, senza però specificare di quali polveri si tratti e senza mai chiudere il cerchio: il solito giochetto per far vedere ciò che fa comodo, che sarà pure ingenuo, ma che, nella maggior parte dei casi funziona!
In più c'è il problema delle ceneri che, senza che ci sia gran che da fare, residuano ad ogni combustione.
Queste ceneri si dividono in pesanti e sono la grande maggioranza e leggere o volanti.
Le prime ricadono immediatamente e si possono raccogliere, le seconde invece sono finissime e galleggiano in aria volando anche a grande distanza dall'origine. E' impossibile stabilire a priori la composizione di queste polveri, poiché dipende da cosa si è bruciato. Contengono comunque, se non tutta la tavola degli elementi, un discreto campionario. Queste ceneri vengono definite dalla legge "inerti" come se il nostro organismo non s'incrociasse con loro.
Questa roba viene messa in discarica (e allora è falso che con gli inceneritori le discariche scompaiono) ma è vero pure che la legge consente che le ceneri di rifiuto siano aggiunte a laterizi e cemento. Questo appare per lo meno se non illegale certamente illegittimo, se compro del cemento e non c'è scritto con chiarezza che sto comprando anche ceneri che sono rifiuti dei rifiuti sono stato imbrogliato. Se poi sono allergico a qualche elemento presente nelle ceneri ecco che viene minata anche la mia salute, Si stanno verificando casi di bambini allergici alle proprie case.
Adesso consideriamo un po' la massa che si incenerisce e ciò che esce dal processo. Consideriamo una tonnellata di rifiuti (ma un inceneritore normale tratta diverse centinaia di migliaia di tonnellate l'anno). Dobbiamo considerare anche le aggiunte di cui abbiamo parlato (acqua, calce bicarbonato, ammoniaca)e queste aggiunte portano la tonnellata iniziale a due. Da questa tonnellata iniziale escono:
-una tonnellata di fumi
-650 kg. d'acqua da depurare
-300 kg. di ceneri pesanti
-30 kg. di ceneri volanti
-25 kg. di gesso
Basta fare una semplice addizione per vedere che da una tonnellata di rifiuti escono due tonnellate e questo trascurando le polveri secondarie che si formano per condensazione e che possono superare da sole quella massa. E questo ce lo garantisce la legge di conservazione della massa di cui parlerò nel prossimo blog.
Da aggiungere a questo fatto il problema della trasformazione chimica. Nella grande maggioranza dei casi ciò che esce da una combustione ha una tossicità assai maggiore di ciò che è entrato e le polveri che si producono sono ben più aggressive di quanto non lo fosse l'oggetto iniziale, se mai quest'oggetto iniziale lo fosse stato. L'oggetto iniziale viene sminuzzato in una quantità immensa di particelle tanto più piccole quanto più alta è la temperatura di combustione. Dunque dall'oggetto innocuo e grossolano iniziale siamo passati a un coacervo di gas e polveri ETERNE (e per eterne si intende fino alla fine della vita del nostro pianeta) sulla cui aggressività pare non possano esistere dubbi.
A questo punto è chiaro che qualsiasi alternativa è preferibile a raddoppiare la massa e a trasformare materiale in materiale di gran lunga più aggressivo, anche se invisibile, per la salute e per l'ambiente.
QUAL'E' ALLORA IL MOTIVO DI ESISTERE DI IMPIANTI COSI' SMACCATAMENTE CONTRARI ALLA SCIENZA?
Liberamente tratto da "Il Girone delle Polveri Sottili" di Stefano Montanari - MacroEdizioni
giovedì 19 novembre 2009
Quanti sanno dell'immunità legale concessa alla Novartis dal governo italiano?
Da:
http://lucamarcon.wordpress.com/2009/11/17/la-novartis-ottiene-dal-governo-italiano-immunita-legale-per-i-danni-da-vaccino-contro-la-bufala-dellinfluenza-suina/
In questo articolo è stata citata la notizia che Kathleen Sebelius, segretario del dipartimento alla salute ed ai servizi sociali della presidenza Obama, aveva firmato l’immunità legale per le case farmaceutiche produttrici del vaccino contro la “bufala” dell’influenza suina: ciò significa che in caso di danni da vaccino, i risarcimenti per le cause legali di indennizzo verranno pagati dal governo americano.
Quello che gli italiani non sanno, è che la stessa immunità legale è stata concessa anche dal Governo italiano alla multinazionale svizzera Novartis per il suo vaccino Focetria: in altre parole, sarà il Ministero della Salute – presieduto da Maurizio Sacconi la cui moglie, Enrica Giorgetti, è direttore generale di Farmindustria, la lobby delle case farmaceutiche – che provvederà a rifondere a Novartis i pagamenti effettuati dalla casa farmaceutica alle eventuali vittime dei danni da vaccino in caso di condanna al risarcimento per cause civili promosse da queste ultime.
La clausola è contenuta al punto 4.6 del contratto di fornitura del vaccino Focetria siglato tra il ministero della salute e la Novartis Vaccines and Diagnostics Srl e approvato con DD del 27 agosto 2009: l’art. 4.5 prevede rimborsi al Ministero (da Novartis) per danni causati a terzi limitatamente a causa di Difetti di Fabbricazione (che debbono comunque essere stabiliti in accordo con Novartis ai sensi dell’art. 4.4, NdA) mentre ai sensi dell’art. 4.6, il Ministero dovrà risarcire Novartis per danni causati a terzi nei casi non previsti dall’art. 4.5 . (fonte)
Da punto di vista giuridico, un contratto del genere si giustifica dal fatto che la Novartis lega la vendita del vaccino all’approvazione del contratto: quindi se il Governo italiano vuole ottenere il Focetria, deve sottoscriverlo, pena la mancata fornitura del prodotto.
E il Governo italiano il Focetria lo vuole. Con tutte le sue forze. Tanto da parlare specificatamente di “somma urgenza”, come si può leggere nell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2009:
ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 31 luglio 2009
Disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare il rischio della diffusione del virus influenzale A (H1N1). (Ordinanza n. 3798). (09A09582)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
“…Al fine di contrastare la diffusione della pandemia influenzale da nuovo virus A (H1N1) e di assicurare la tempestiva attuazione di un piano strategico di vaccinazione della popolazione maggiormente esposta agli effetti del predetto virus, il direttore generale della prevenzione sanitaria del Dipartimento prevenzione e comunicazione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e’ autorizzato a provvedere con i poteri di cui all’art. 1, comma 2 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3275 del 28 marzo 2003 ed anche esercitando diritti di prelazione gia’ acquisiti presso produttori farmaceutici per contrastare altri tipi di pandemie influenzali con produttori farmaceutici, ad acquisire in termini di somma urgenza la fornitura di dosi di vaccino, farmaci antivirali ed i dispositivi di protezione individuale necessari per assicurare la vaccinazione delle categorie sensibili e comunque di almeno il quaranta per cento della popolazione residente nel territorio nazionale… ” (fonte)
Quindi, e tanto per riassumere: il Governo italiano ha deciso che lo Stato italiano ha assolutamente bisogno del vaccino contro la bufala dell’influenza suina e pur di averlo al “modico” costo di 400 milioni di euro, si farà carico delle eventuali spese per rifusione danni da vaccino senza che le case farmaceutiche debbano rimetterci un euro.
Le domande, quindi, sono tre. La prima:
quanti sanno dell’ “impunità” legale concessa a Novartis dal governo italiano?
La seconda:
qualcuno ricorda di aver sentito o letto la notizia su qualsiasi televisione, radio o giornale?
L’ultima:
quanto è grande il disprezzo che questi governanti, che fingono di amministrarci, dimostrano di avere per noi cittadini di questo Stato?
http://lucamarcon.wordpress.com/2009/11/17/la-novartis-ottiene-dal-governo-italiano-immunita-legale-per-i-danni-da-vaccino-contro-la-bufala-dellinfluenza-suina/
In questo articolo è stata citata la notizia che Kathleen Sebelius, segretario del dipartimento alla salute ed ai servizi sociali della presidenza Obama, aveva firmato l’immunità legale per le case farmaceutiche produttrici del vaccino contro la “bufala” dell’influenza suina: ciò significa che in caso di danni da vaccino, i risarcimenti per le cause legali di indennizzo verranno pagati dal governo americano.
Quello che gli italiani non sanno, è che la stessa immunità legale è stata concessa anche dal Governo italiano alla multinazionale svizzera Novartis per il suo vaccino Focetria: in altre parole, sarà il Ministero della Salute – presieduto da Maurizio Sacconi la cui moglie, Enrica Giorgetti, è direttore generale di Farmindustria, la lobby delle case farmaceutiche – che provvederà a rifondere a Novartis i pagamenti effettuati dalla casa farmaceutica alle eventuali vittime dei danni da vaccino in caso di condanna al risarcimento per cause civili promosse da queste ultime.
La clausola è contenuta al punto 4.6 del contratto di fornitura del vaccino Focetria siglato tra il ministero della salute e la Novartis Vaccines and Diagnostics Srl e approvato con DD del 27 agosto 2009: l’art. 4.5 prevede rimborsi al Ministero (da Novartis) per danni causati a terzi limitatamente a causa di Difetti di Fabbricazione (che debbono comunque essere stabiliti in accordo con Novartis ai sensi dell’art. 4.4, NdA) mentre ai sensi dell’art. 4.6, il Ministero dovrà risarcire Novartis per danni causati a terzi nei casi non previsti dall’art. 4.5 . (fonte)
Da punto di vista giuridico, un contratto del genere si giustifica dal fatto che la Novartis lega la vendita del vaccino all’approvazione del contratto: quindi se il Governo italiano vuole ottenere il Focetria, deve sottoscriverlo, pena la mancata fornitura del prodotto.
E il Governo italiano il Focetria lo vuole. Con tutte le sue forze. Tanto da parlare specificatamente di “somma urgenza”, come si può leggere nell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2009:
ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 31 luglio 2009
Disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare il rischio della diffusione del virus influenzale A (H1N1). (Ordinanza n. 3798). (09A09582)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
“…Al fine di contrastare la diffusione della pandemia influenzale da nuovo virus A (H1N1) e di assicurare la tempestiva attuazione di un piano strategico di vaccinazione della popolazione maggiormente esposta agli effetti del predetto virus, il direttore generale della prevenzione sanitaria del Dipartimento prevenzione e comunicazione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e’ autorizzato a provvedere con i poteri di cui all’art. 1, comma 2 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3275 del 28 marzo 2003 ed anche esercitando diritti di prelazione gia’ acquisiti presso produttori farmaceutici per contrastare altri tipi di pandemie influenzali con produttori farmaceutici, ad acquisire in termini di somma urgenza la fornitura di dosi di vaccino, farmaci antivirali ed i dispositivi di protezione individuale necessari per assicurare la vaccinazione delle categorie sensibili e comunque di almeno il quaranta per cento della popolazione residente nel territorio nazionale… ” (fonte)
Quindi, e tanto per riassumere: il Governo italiano ha deciso che lo Stato italiano ha assolutamente bisogno del vaccino contro la bufala dell’influenza suina e pur di averlo al “modico” costo di 400 milioni di euro, si farà carico delle eventuali spese per rifusione danni da vaccino senza che le case farmaceutiche debbano rimetterci un euro.
Le domande, quindi, sono tre. La prima:
quanti sanno dell’ “impunità” legale concessa a Novartis dal governo italiano?
La seconda:
qualcuno ricorda di aver sentito o letto la notizia su qualsiasi televisione, radio o giornale?
L’ultima:
quanto è grande il disprezzo che questi governanti, che fingono di amministrarci, dimostrano di avere per noi cittadini di questo Stato?
mercoledì 11 novembre 2009
OPERAZIONE PANDEMIA ?
Da
http://www.torinomedica.com/link_articolo_finestra.asp?id=1704
La resa dei conti si avvicina. Sta per arrivare la stagione fredda, favorevole alla diffusione dei virus influenzali e i vaccini contro l’influenza A stanno per lasciare i magazzini delle due aziende che li hanno prodotti: la vera natura di questa emergenza sanitaria si svelerà in un modo che (speriamo) non ammetta repliche.
Il sospetto che il business abbia “inquinato” i messaggi mediatici, spingendo alternativamente sull’acceleratore e sul freno, fa sempre più proseliti. Ed è un sospetto caratterizzato da una caratura mediatica di grandissimo spessore: è sensibile per esempio al fascino del “target”, come succede a tutte le notizie da vendere bene e in fretta. Alcuni quotidiani paludati applicano addirittura la “politica dei forni”: sull’edizione in edicola si vellica il luogo comune che spesso alimenta il terrore, per l’insolito, l’esotico, il molto che si ignora…; nell’edizione on line, caratterizzata da target più giovani e disincantati, si dà spazio al dubbio, al sospetto, anche a quello ideologizzato, sempre “contro” per principio… (vedi il link: clicca qui).
Cosa deve fare allora chi vorrebbe giudicare un fatto di natura sanitaria con intelligenza, logica, utilizzando il corposo bagaglio culturale dell’evidenza scientifica?
“Resistere, resistere, resistere!”, come diceva il 12 gennaio 2002 il dottor Francesco Saverio Borrelli inaugurando l’Anno giudiziario a Milano in tocco ed ermellino; ovvero “informarsi, informarsi e ancora informarsi”: confrontando le notizie con disincanto e, se possibile, anche con un po’ di cinismo.
TORINOMEDICA.COM vuole dare un contributo specifico in questo senso mettendo in Rete una lunga intervista a Tom Jefferson, un epidemiologo serio e “vaccinato” contro molte delle patologie che rendono il mondo dei media una palestra per tutti gli sport tranne quello dell’informazione corretta (vedi il link: clicca qui). Per agevolare anche i naviganti che possono avere qualche difficoltà con l’inglese la redazione ha provveduto (come avviene soltanto nelle grandi occasioni) a far tradurre questo contributo originale mantenendo attivi anche gli innumerevoli e interessanti link; ecco il testo.
--------------------------------------------------------------------------------
PERCHÉ IL VIRUS H1N1 NON È UNA GRAVE MINACCIA
Da “Medconsumers”, 24 settembre 2009
Negli ultimi 15 anni la mission del medico ed epidemiologo Tom Jefferson, MD, è stata la revisione approfondita di tutti gli studi sui vaccini contro l'influenza stagionale. Il Dr. Jefferson è co-autore, con i colleghi della Cochrane Collaboration, di oltre 10 revisioni Cochrane volte a rispondere a diversi quesiti come: l’inoculazione di questi vaccini riduce la possibilità di essere colpiti dall'influenza o il rischio di complicanze, di ricoveri e decessi nelle persone anziane, nei bambini, negli adulti sani e negli asmatici? Il Dr. Jefferson, attualmente vive a Roma in Italia, ha pubblicato molto ed è, probabilmente, il maggiore esperto mondiale sulla qualità delle evidenze scientifiche addotte a sostegno dei vaccini per l'influenza stagionale. Ci avviamo verso l'inverno e i media degli Stati Uniti ci informano di una nuova, inquietante minaccia virale che potrebbe diventare presto una pandemia. Si tratta, naturalmente, dell'influenza suina, conosciuta come virus H1N1 o virus 2009H1N1. Il Dr. Jefferson è intervistato qui di seguito da Maryann Napoli.
MN: Grazie per avermi inviato la lettera del Health Protection Service Australiano del 16 settembre 2009. Mi ha indotta a focalizzare la mia attenzione su quella parte del mondo. L'inverno è quasi finito nel sud del mondo, e però quanto è successo in Australia non sembra essere una pandemia. Ci sono stati 131 morti a causa del virus H1N1 su una popolazione di quasi 22 milioni di persone. È giusto concludere che il virus H1N1 non pare aver causato una pandemia in Australia?
TJ: Sì, si può concludere che il virus H1N1 non è così minaccioso come lo si è voluto dipingere.
MN: E nessun vaccino H1N1 era a disposizione degli Australiani prima dell’arrivo dell’inverno.
TJ: Sì, è vero. Ma la prego di notare che non ho risposto alla seconda parte della sua domanda iniziale: cioè se l'Australia sia andata incontro ad una pandemia. Questo perché, sul sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la definizione di pandemia è cambiata a far data dal mese di maggio 2009. La versione precedente definiva pandemia come: "Una pandemia influenzale si verifica quando un nuovo virus influenzale appare in una popolazione umana che non ha immunità, causando epidemie in tutto il mondo con un numero enorme di morti e malattie [enfasi presente nel documento originale]." Nel documento sosia che è attualmente presente nel sito web, la definizione di pandemia è cambiata: "Una epidemia di una malattia si verifica quando ci sono più casi rispetto al normale di questa malattia. Una pandemia è un'epidemia mondiale di una malattia. Una pandemia influenzale si può verificare quando appare un nuovo virus influenzale contro il quale la popolazione umana non ha alcuna immunità ".
MN: La frase "un enorme numero di morti e infermi" non c'è più. E ora abbiamo una soglia più bassa per definire un qualcosa come una pandemia.
TJ: Questa definizione rende la differenza tra influenza stagionale e pandemia influenzale discutibile.
MN: Cosa pensa stia accadendo ?
TJ: Mi chiedo se questo significa che il mondo si troverà sempre ad essere in una condizione di pandemia. Il mondo dovrà sempre essere doppiamente vaccinato e spendere una quantità enorme di denaro per i vaccini e, naturalmente, per i farmaci antivirali. Giornalisti e anche altri hanno contattato l'OMS per avere spiegazioni sul perché del cambiamento di definizione; a tutti è sempre stato detto che sarebbero stati ricontattati da qualcuno, ma questo non accade mai.
MN: Finanziamenti? L'OMS ha finanziato il meeting sull’osteoporosi nel 1993, nel corso del quale la definizione di osteoporosi è stata ampliata. Sa se in questo caso potrebbe essere accaduta la medesima cosa?
TJ: No, non lo so, ma quando si legge il documento dell'OMS sulla pandemic preparedness, che è di 62 pagine, si vede che nel conteggio delle citazioni ci sono solo due riferimenti relativi al lavaggio delle mani, tre per le maschere, uno per i guanti, 23 per i vaccini e 18 per farmaci anti-virali. Ciò che andrebbe promosso dalla WHO in tutto il mondo, soprattutto nei paesi poveri, sono gli interventi di sanità pubblica, invece, ad essere spinti sono gli interventi farmacologici. Dalle nostre reviews emerge la chiara evidenza che gli studi di vaccini anti influenzali sponsorizzati dall'industria farmaceutica sono aumentati di importanza e visibilità, molto più rispetto agli studi non sponsorizzati dall’industria farmaceutica. Tuttavia, questo non è spiegato dalle dimensioni o la qualità degli studi che risulta essere la medesima. La spiegazione più probabile, e molto sgradevole, di questo dato è che le riviste scientifiche più prestigiose pubblicano con maggior probabilità studi sponsorizzati dall’industria probabilmente a causa dei soldi che guadagnano dalla vendita delle ristampe degli studi e degli spazi pubblicitari.
MN: Ma Tom, molti che leggeranno tutto ciò diranno, "Sì, forse un sacco di persone si faranno i soldi sulla nostra paura, ma io comunque mi farò vaccinare".
TJ: Prima di tutto, non è "forse" un sacco di persone stanno per fare soldi. Ecco un indice azionario dell’influenza suina e aviaria, che dice quanti soldi hanno fatto, solo negli ultimi sei mesi, le imprese coinvolte nelle ricerche sul vaccino. Quindi, se vuole sapere come sta andando la pandemia, può consultare questo sito web. Lo chiamo il “pandemiometro", il barometro della pandemia. Non dimentichi di leggere i commenti a fondo pagina, le intuizioni e i contributi degli esperti.
MN: Vuole dire che questo sito Web è un barometro della paura della pandemia?
TJ: No, penso che sia un riflesso di ciò che questa pandemia è in realtà: una operazione commerciale.
Perché mai il governo Australiano dovrebbe programmare di vaccinare milioni di persone dopo l'epidemia, con un vaccino parzialmente valutato?
MN: La Food and Drug Administration ha recentemente annunciato l'approvazione di quattro nuovi vaccini contro il virus H1N1. Giungono con le avvertenze solite per le persone con allergia alle uova e possibili "imprevisti o rari eventi avversi gravi." Ha altre riserve su questi vaccini?
TJ: Si, le ho. Sono a conoscenza di un solo studio pubblicato. È apparso di recente nel versione on-line [11 Settembre 2009] del New England Journal of Medicine. Ho quattro problemi con questo studio, che è stato condotto in Australia. 1) è stato minuscolo, solamente 240 adulti. Gli autori hanno rilasciato dichiarazioni rassicuranti sulla Guillain-Barré, il che è ridicolo, perché la GBS si verifica in uno caso su 750.000 a 1 milione di vaccinazioni, e questo studio aveva solo 240 partecipanti; 2) un terzo di questi volontari ha avuto effetti collaterali somiglianti ai sintomi simil-influenzali (mal di testa, mal di gola, ecc), quindi hanno eseguito le vaccinazioni per prevenire sintomi che hanno causato; 3) non vi era alcun braccio placebo nello studio [un gruppo al quale sia stato iniettato un vaccino inerte], e tuttavia non ci sono scuse etiche per l’assenza nello studio di un braccio placebo, perché questi sono vaccini sperimentali; e 4) la descrizione delle sostanze additive contenute nel vaccino non era chiara. Sappiamo che vi è il thimerosal [mercurio] in questo vaccino H1N1, ma il produttore non ha detto se ci sono altre sostanze come l'alluminio, che può essere trovato in molti altri vaccini. Semplicemente non sappiamo. E consigliano il vaccino alle donne incinte e ai bambini sopra i sei mesi!
MN: Può semplicemente tornare indietro e spiegare in che modo gli studi del vaccino determinano se un nuovo vaccino dovrebbe essere approvato?
TJ: In tutte le nostre reviews di studi che hanno coinvolto vaccini contro l'influenza stagionale, abbiamo sempre cercato i veri outcomes, cioè, i casi di influenza, bronchite e polmonite. [Negli studi di altri vaccini come questo nuovo dall’Australia], i ricercatori, dopo aver inoculato un vaccino sperimentale, osservano la quantità e la qualità degli anticorpi [nel sangue] dei volontari. Se questi ne producono una quantità pre-definita considerata "protettiva", si presume che, una volta vaccinati, le persone saranno protette. Quindi la questione principale è come questi marker di laboratorio possono essere correlati con un effetto protettivo sulle persone. Per rispondere alla domanda abbiamo esaminato tutti gli studi su vaccini contro l'influenza dal 1948 al 2007. Una risposta netta è resa difficile dalla scarsa qualità di questi studi, ma i vaccini hanno dato scarsi risultati specialmente nei pazienti anziani (per i quali sono universalmente raccomandati). Quindi, se questa è la traccia, perché i ricercatori perseguono la stessa vecchia, stanca e infruttuosa strada?
MN: Sì, lo ha detto in modo molto chiaro nell’intervista del 2006 dopo che aveva pubblicato una relazione dettagliata sul British Medical Journal. Che dire dei dati statistici prodotti dai CDC che ogni anno i media sparano per spaventarci e spingerci a vaccinarci: 36.000 decessi ogni anno negli Stati Uniti a causa dell'influenza? Non cambia mai.
TJ: Sappiamo che negli ultimi 20 anni negli Stati Uniti, la mortalità correlata all'influenza stagionale è costante, nonostante il fatto che nel corso degli anni un numero sempre più alto di persone vengano vaccinate contro l'influenza.
MN: Ci stiamo riferendo al vaccino contro l'influenza stagionale, che il CDC raccomanda di solito per alcune fasce di popolazione come i bambini sotto i due anni e gli anziani ...
TJ: Non vi è alcuna prova che i vaccini contro l'influenza stagionale abbiano alcun effetto, specialmente negli anziani e nei bambini. Nessuna evidenza di riduzione di [numero di] casi, di morti, di complicazioni.
MN: Ovviamente, non c'è revisione Cochrane all'orizzonte per il virus H1NI.
TJ: Certo che no, non ci sono ancora i dati da esaminare. Non vi è alcun problema con il virus H1N1. Non è diverso da qualsiasi altro virus stagionale. In realtà, sembra -dall'esperienza Australiana- che sarà più lieve e potrà essere gestito con misure di sanità pubblica, come ad esempio lavarsi le mani, le maschere.
Alla fine di questa intervista è stato chiesto al dottor Jefferson se avesse alcun conflitto di interessi da riferire sui vaccini contro l'influenza. La sua risposta: "Sì: pubblicizzo il mio lavoro. Ma no, non ho conflitti finanziari".
http://www.torinomedica.com/link_articolo_finestra.asp?id=1704
La resa dei conti si avvicina. Sta per arrivare la stagione fredda, favorevole alla diffusione dei virus influenzali e i vaccini contro l’influenza A stanno per lasciare i magazzini delle due aziende che li hanno prodotti: la vera natura di questa emergenza sanitaria si svelerà in un modo che (speriamo) non ammetta repliche.
Il sospetto che il business abbia “inquinato” i messaggi mediatici, spingendo alternativamente sull’acceleratore e sul freno, fa sempre più proseliti. Ed è un sospetto caratterizzato da una caratura mediatica di grandissimo spessore: è sensibile per esempio al fascino del “target”, come succede a tutte le notizie da vendere bene e in fretta. Alcuni quotidiani paludati applicano addirittura la “politica dei forni”: sull’edizione in edicola si vellica il luogo comune che spesso alimenta il terrore, per l’insolito, l’esotico, il molto che si ignora…; nell’edizione on line, caratterizzata da target più giovani e disincantati, si dà spazio al dubbio, al sospetto, anche a quello ideologizzato, sempre “contro” per principio… (vedi il link: clicca qui).
Cosa deve fare allora chi vorrebbe giudicare un fatto di natura sanitaria con intelligenza, logica, utilizzando il corposo bagaglio culturale dell’evidenza scientifica?
“Resistere, resistere, resistere!”, come diceva il 12 gennaio 2002 il dottor Francesco Saverio Borrelli inaugurando l’Anno giudiziario a Milano in tocco ed ermellino; ovvero “informarsi, informarsi e ancora informarsi”: confrontando le notizie con disincanto e, se possibile, anche con un po’ di cinismo.
TORINOMEDICA.COM vuole dare un contributo specifico in questo senso mettendo in Rete una lunga intervista a Tom Jefferson, un epidemiologo serio e “vaccinato” contro molte delle patologie che rendono il mondo dei media una palestra per tutti gli sport tranne quello dell’informazione corretta (vedi il link: clicca qui). Per agevolare anche i naviganti che possono avere qualche difficoltà con l’inglese la redazione ha provveduto (come avviene soltanto nelle grandi occasioni) a far tradurre questo contributo originale mantenendo attivi anche gli innumerevoli e interessanti link; ecco il testo.
--------------------------------------------------------------------------------
PERCHÉ IL VIRUS H1N1 NON È UNA GRAVE MINACCIA
Da “Medconsumers”, 24 settembre 2009
Negli ultimi 15 anni la mission del medico ed epidemiologo Tom Jefferson, MD, è stata la revisione approfondita di tutti gli studi sui vaccini contro l'influenza stagionale. Il Dr. Jefferson è co-autore, con i colleghi della Cochrane Collaboration, di oltre 10 revisioni Cochrane volte a rispondere a diversi quesiti come: l’inoculazione di questi vaccini riduce la possibilità di essere colpiti dall'influenza o il rischio di complicanze, di ricoveri e decessi nelle persone anziane, nei bambini, negli adulti sani e negli asmatici? Il Dr. Jefferson, attualmente vive a Roma in Italia, ha pubblicato molto ed è, probabilmente, il maggiore esperto mondiale sulla qualità delle evidenze scientifiche addotte a sostegno dei vaccini per l'influenza stagionale. Ci avviamo verso l'inverno e i media degli Stati Uniti ci informano di una nuova, inquietante minaccia virale che potrebbe diventare presto una pandemia. Si tratta, naturalmente, dell'influenza suina, conosciuta come virus H1N1 o virus 2009H1N1. Il Dr. Jefferson è intervistato qui di seguito da Maryann Napoli.
MN: Grazie per avermi inviato la lettera del Health Protection Service Australiano del 16 settembre 2009. Mi ha indotta a focalizzare la mia attenzione su quella parte del mondo. L'inverno è quasi finito nel sud del mondo, e però quanto è successo in Australia non sembra essere una pandemia. Ci sono stati 131 morti a causa del virus H1N1 su una popolazione di quasi 22 milioni di persone. È giusto concludere che il virus H1N1 non pare aver causato una pandemia in Australia?
TJ: Sì, si può concludere che il virus H1N1 non è così minaccioso come lo si è voluto dipingere.
MN: E nessun vaccino H1N1 era a disposizione degli Australiani prima dell’arrivo dell’inverno.
TJ: Sì, è vero. Ma la prego di notare che non ho risposto alla seconda parte della sua domanda iniziale: cioè se l'Australia sia andata incontro ad una pandemia. Questo perché, sul sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la definizione di pandemia è cambiata a far data dal mese di maggio 2009. La versione precedente definiva pandemia come: "Una pandemia influenzale si verifica quando un nuovo virus influenzale appare in una popolazione umana che non ha immunità, causando epidemie in tutto il mondo con un numero enorme di morti e malattie [enfasi presente nel documento originale]." Nel documento sosia che è attualmente presente nel sito web, la definizione di pandemia è cambiata: "Una epidemia di una malattia si verifica quando ci sono più casi rispetto al normale di questa malattia. Una pandemia è un'epidemia mondiale di una malattia. Una pandemia influenzale si può verificare quando appare un nuovo virus influenzale contro il quale la popolazione umana non ha alcuna immunità ".
MN: La frase "un enorme numero di morti e infermi" non c'è più. E ora abbiamo una soglia più bassa per definire un qualcosa come una pandemia.
TJ: Questa definizione rende la differenza tra influenza stagionale e pandemia influenzale discutibile.
MN: Cosa pensa stia accadendo ?
TJ: Mi chiedo se questo significa che il mondo si troverà sempre ad essere in una condizione di pandemia. Il mondo dovrà sempre essere doppiamente vaccinato e spendere una quantità enorme di denaro per i vaccini e, naturalmente, per i farmaci antivirali. Giornalisti e anche altri hanno contattato l'OMS per avere spiegazioni sul perché del cambiamento di definizione; a tutti è sempre stato detto che sarebbero stati ricontattati da qualcuno, ma questo non accade mai.
MN: Finanziamenti? L'OMS ha finanziato il meeting sull’osteoporosi nel 1993, nel corso del quale la definizione di osteoporosi è stata ampliata. Sa se in questo caso potrebbe essere accaduta la medesima cosa?
TJ: No, non lo so, ma quando si legge il documento dell'OMS sulla pandemic preparedness, che è di 62 pagine, si vede che nel conteggio delle citazioni ci sono solo due riferimenti relativi al lavaggio delle mani, tre per le maschere, uno per i guanti, 23 per i vaccini e 18 per farmaci anti-virali. Ciò che andrebbe promosso dalla WHO in tutto il mondo, soprattutto nei paesi poveri, sono gli interventi di sanità pubblica, invece, ad essere spinti sono gli interventi farmacologici. Dalle nostre reviews emerge la chiara evidenza che gli studi di vaccini anti influenzali sponsorizzati dall'industria farmaceutica sono aumentati di importanza e visibilità, molto più rispetto agli studi non sponsorizzati dall’industria farmaceutica. Tuttavia, questo non è spiegato dalle dimensioni o la qualità degli studi che risulta essere la medesima. La spiegazione più probabile, e molto sgradevole, di questo dato è che le riviste scientifiche più prestigiose pubblicano con maggior probabilità studi sponsorizzati dall’industria probabilmente a causa dei soldi che guadagnano dalla vendita delle ristampe degli studi e degli spazi pubblicitari.
MN: Ma Tom, molti che leggeranno tutto ciò diranno, "Sì, forse un sacco di persone si faranno i soldi sulla nostra paura, ma io comunque mi farò vaccinare".
TJ: Prima di tutto, non è "forse" un sacco di persone stanno per fare soldi. Ecco un indice azionario dell’influenza suina e aviaria, che dice quanti soldi hanno fatto, solo negli ultimi sei mesi, le imprese coinvolte nelle ricerche sul vaccino. Quindi, se vuole sapere come sta andando la pandemia, può consultare questo sito web. Lo chiamo il “pandemiometro", il barometro della pandemia. Non dimentichi di leggere i commenti a fondo pagina, le intuizioni e i contributi degli esperti.
MN: Vuole dire che questo sito Web è un barometro della paura della pandemia?
TJ: No, penso che sia un riflesso di ciò che questa pandemia è in realtà: una operazione commerciale.
Perché mai il governo Australiano dovrebbe programmare di vaccinare milioni di persone dopo l'epidemia, con un vaccino parzialmente valutato?
MN: La Food and Drug Administration ha recentemente annunciato l'approvazione di quattro nuovi vaccini contro il virus H1N1. Giungono con le avvertenze solite per le persone con allergia alle uova e possibili "imprevisti o rari eventi avversi gravi." Ha altre riserve su questi vaccini?
TJ: Si, le ho. Sono a conoscenza di un solo studio pubblicato. È apparso di recente nel versione on-line [11 Settembre 2009] del New England Journal of Medicine. Ho quattro problemi con questo studio, che è stato condotto in Australia. 1) è stato minuscolo, solamente 240 adulti. Gli autori hanno rilasciato dichiarazioni rassicuranti sulla Guillain-Barré, il che è ridicolo, perché la GBS si verifica in uno caso su 750.000 a 1 milione di vaccinazioni, e questo studio aveva solo 240 partecipanti; 2) un terzo di questi volontari ha avuto effetti collaterali somiglianti ai sintomi simil-influenzali (mal di testa, mal di gola, ecc), quindi hanno eseguito le vaccinazioni per prevenire sintomi che hanno causato; 3) non vi era alcun braccio placebo nello studio [un gruppo al quale sia stato iniettato un vaccino inerte], e tuttavia non ci sono scuse etiche per l’assenza nello studio di un braccio placebo, perché questi sono vaccini sperimentali; e 4) la descrizione delle sostanze additive contenute nel vaccino non era chiara. Sappiamo che vi è il thimerosal [mercurio] in questo vaccino H1N1, ma il produttore non ha detto se ci sono altre sostanze come l'alluminio, che può essere trovato in molti altri vaccini. Semplicemente non sappiamo. E consigliano il vaccino alle donne incinte e ai bambini sopra i sei mesi!
MN: Può semplicemente tornare indietro e spiegare in che modo gli studi del vaccino determinano se un nuovo vaccino dovrebbe essere approvato?
TJ: In tutte le nostre reviews di studi che hanno coinvolto vaccini contro l'influenza stagionale, abbiamo sempre cercato i veri outcomes, cioè, i casi di influenza, bronchite e polmonite. [Negli studi di altri vaccini come questo nuovo dall’Australia], i ricercatori, dopo aver inoculato un vaccino sperimentale, osservano la quantità e la qualità degli anticorpi [nel sangue] dei volontari. Se questi ne producono una quantità pre-definita considerata "protettiva", si presume che, una volta vaccinati, le persone saranno protette. Quindi la questione principale è come questi marker di laboratorio possono essere correlati con un effetto protettivo sulle persone. Per rispondere alla domanda abbiamo esaminato tutti gli studi su vaccini contro l'influenza dal 1948 al 2007. Una risposta netta è resa difficile dalla scarsa qualità di questi studi, ma i vaccini hanno dato scarsi risultati specialmente nei pazienti anziani (per i quali sono universalmente raccomandati). Quindi, se questa è la traccia, perché i ricercatori perseguono la stessa vecchia, stanca e infruttuosa strada?
MN: Sì, lo ha detto in modo molto chiaro nell’intervista del 2006 dopo che aveva pubblicato una relazione dettagliata sul British Medical Journal. Che dire dei dati statistici prodotti dai CDC che ogni anno i media sparano per spaventarci e spingerci a vaccinarci: 36.000 decessi ogni anno negli Stati Uniti a causa dell'influenza? Non cambia mai.
TJ: Sappiamo che negli ultimi 20 anni negli Stati Uniti, la mortalità correlata all'influenza stagionale è costante, nonostante il fatto che nel corso degli anni un numero sempre più alto di persone vengano vaccinate contro l'influenza.
MN: Ci stiamo riferendo al vaccino contro l'influenza stagionale, che il CDC raccomanda di solito per alcune fasce di popolazione come i bambini sotto i due anni e gli anziani ...
TJ: Non vi è alcuna prova che i vaccini contro l'influenza stagionale abbiano alcun effetto, specialmente negli anziani e nei bambini. Nessuna evidenza di riduzione di [numero di] casi, di morti, di complicazioni.
MN: Ovviamente, non c'è revisione Cochrane all'orizzonte per il virus H1NI.
TJ: Certo che no, non ci sono ancora i dati da esaminare. Non vi è alcun problema con il virus H1N1. Non è diverso da qualsiasi altro virus stagionale. In realtà, sembra -dall'esperienza Australiana- che sarà più lieve e potrà essere gestito con misure di sanità pubblica, come ad esempio lavarsi le mani, le maschere.
Alla fine di questa intervista è stato chiesto al dottor Jefferson se avesse alcun conflitto di interessi da riferire sui vaccini contro l'influenza. La sua risposta: "Sì: pubblicizzo il mio lavoro. Ma no, non ho conflitti finanziari".
Acqua privata
da:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/2009/11/acqua-privata.html
di Marco Cedolin
L’acqua, insieme all’aria che respiriamo e al cibo, rappresenta uno degli elementi indispensabili per la nostra sopravvivenza. La possibilità di accedere all’acqua potabile per bere e cucinare costituisce un bisogno primario il cui soddisfacimento dovrebbe essere garantito a qualsiasi essere umano, ma anche la disponibilità di risorse idriche da usare per l’igiene personale e l’agricoltura si rivela indispensabile per garantire una vita dignitosa e la sopravvivenza delle comunità.
Nonostante ciò la disponibilità di acqua a livello mondiale sta continuando a diminuire e proprio l'accesso all'acqua sembra destinato a diventare uno dei più potenti strumenti di speculazione per multinazionali senza scrupoli.
Le riserve mondiali di acqua per abitante nel corso di mezzo secolo, fra il 1950 e il 2000, si sono praticamente dimezzate (da 16.800 m³ a 7.300 m³) e sono ulteriormente scese di circa il 40% nei 5 anni successivi, fino ad attestarsi nel 2005 a 4.800 m³. Nel mondo un miliardo di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 2,6 miliardi non dispongono di servizi sanitari.
L’innalzamento del livello d’inquinamento di fiumi, torrenti e falde acquifere, unitamente alle massicce campagne pubblicitarie in favore delle grandi compagnie di acque minerali, ha determinato negli ultimi 5 anni l’aumento del 57% del consumo di acqua in bottiglia.
Molto spesso, approfittando del problema rappresentato dal pessimo stato in cui versano le condutture a causa degli scarsi investimenti pubblici praticati nel tempo, le grandi multinazionali si stanno sostituendo alle amministrazioni locali nella gestione delle reti idriche, appropriandosi in questo modo di un bene della collettività che potranno poi distribuire ai cittadini sulla base di prezzi e tariffe gonfiati a dismisura con l’unico fine di ingrassare il proprio tornaconto.
La trasformazione del “bene” acqua nella “merce” acqua sta avvenendo con tale velocità da far si che la rivista americana Fortune abbia individuato proprio il “settore dell’acqua” come quello in assoluto potenzialmente più remunerativo e perciò consigliato per praticare investimenti.
In Italia la sempre più spinta privatizzazione dei servizi pubblici, fortemente voluta dalla politica in maniera totalmente bipartisan nel corso dell’ultimo decennio, parallelamente alla trasformazione delle vecchie “municipalizzate” in società per azioni a capitale misto pubblico/privato che vengono quotate in borsa e si pongono sul mercato costruendo profitto attraverso la gestione dei servizi primari destinati ai cittadini (smaltimento rifiuti, acqua, distribuzione del gas, trasporti, servizi funerari) sta iniziando a produrre risultati catastrofici in termine di qualità dei servizi ed incremento del costo delle tariffe, ormai sempre più slegate da qualsiasi logica volta a salvaguardare gli interessi della collettività.
Emblematico a questo riguardo è sicuramente quanto accaduto ad Aprilia nel 2005, dove la gestione della distribuzione dell’acqua da parte della società Acqualatina, partecipata al 46,5% dalla multinazionale francese Veolia, ha comportato incrementi delle bollette nell’ordine del 300%, determinando una vera e propria sollevazione popolare da parte di oltre 4000 famiglie che si rifiutano di sostenere in silenzio un salasso di questo genere.
Forti preoccupazioni concernenti la “svendita” ai privati di una risorsa vitale come l’acqua, che dovrebbe continuare a rimanere patrimonio di tutti, sono state recentemente ingenerate da tutta una serie di novità in tema di liberalizzazioni dei servizi pubblici introdotte dal decreto Tremonti, che mira a liberalizzare la gestione dei servizi pubblici locali, affidandoli a società private o pubblico/private all’interno delle quali il socio privato non detenga una quota inferiore al 30%. Particolare apprensione è stata determinata dall’approvazione, avvenuta lo scorso 5 agosto 2008, dell’articolo 23 bis del decreto legge 112 che di fatto sottomette alle regole di mercato la gestione dei servizi idrici, snaturando la figura stessa dei “Comuni” che da enti deputati ad operare nell’interesse collettivo si trasformano in soggetti finalizzati alla costruzione del profitto proprio attraverso la gestione privatistica di quei beni, come l’acqua, che dovrebbero essere patrimonio di tutti. Il provvedimento in questione si pone oltretutto in evidente contrasto con il Codice Civile che agli articoli 822 e seguenti dispone la legislazione relativa al demanio pubblico, stabilendo che “i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto
di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice.
E l’approvazione in Senato lo scorso 4 novembre dell’art.15 del DL 135/09 che il prossimo martedì 10 novembre dovrebbe approdare alla Camera.
Ma il decreto Tremonti rappresenta solamente il terminale di tutta una lunga serie di leggi e provvedimenti che a partire dagli anni 90 hanno progressivamente svenduto il patrimonio pubblico, contribuendo a creare monopoli privati o pubblico/privati che gestiscono i servizi primari per i cittadini unicamente nell’ottica della massimizzazione del profitto.
Oggi in Italia le condizioni della rete idrica risultano essere estremamente precarie a causa della scarsità d’investimenti pubblici e della loro cattiva gestione, facendo si che quasi un terzo dell’acqua incanalata nelle tubature si disperda prima di arrivare nelle abitazioni. Una situazione di questo genere potrebbe per molti versi favorire qualunque privato abbia intenzione di subentrare al pubblico nella gestione degli acquedotti, promettendo una migliore gestione degli stessi. Il decreto Tremonti “chiude il cerchio” applicando per legge la privatizzazione dell’acqua e sdoganando in questo modo l’operato dei colossi del settore che da tempo mirano ad ottenere il controllo del business relativo alla distribuzione della “merce acqua” che costituisce un obiettivo assai ambito in quanto potenzialmente in grado di generare enormi profitti.
La spesa degli italiani per l’acqua, attualmente in media circa 250 euro a famiglia (ma la distribuzione è assai irregolare e si va da un minimo di 81 euro ad un massimo di 587 euro) risulta essere ancora generalmente sostenibile, ma negli ultimi 10 anni le bollette sono incrementate mediamente del 61% e inoltre un italiano su tre è costretto a pagare una bolletta irregolare (sentenza 335 del 10 ottobre 2008 della corte Costituzionale) in quanto versa contributi per depuratori che non esistono o non sono funzionanti. In alcuni casi inoltre l’acqua che arriva nelle case delle famiglie italiane risulta essere inquinata da decine di sostanze altamente tossiche e nocive per la salute dell’uomo, così come accaduto a 450.000 cittadini abruzzesi che per oltre 20 anni hanno bevuto a loro insaputa acqua avvelenata dai residui tossici degli stabilimenti Montedison, o agli abitanti del Monferrato l’acqua dei cui rubinetti risulta contaminata dalla radioattività derivante dalle scorie nucleari depositate a Saluggia. Il tutto senza che gli organismi preposti al controllo si siano mai sentiti in dovere d'informare la popolazione, così come disposto dalla legge.
L’apertura ai privati e la volontà di trasformare il bene acqua in una merce che sarà venduta a caro prezzo da multinazionali, come Veolia già specializzate nel settore, o dalle multiutility quotate in borsa come A2A ed Hera che oggi accumulano fortune miliardarie attraverso l’incenerimento dei rifiuti, non induce purtroppo ad essere ottimisti. Se prenderà corpo una privatizzazione sempre più spinta, il costo dell’acceso all’acqua per i cittadini italiani sarà infatti destinato ad incidere in maniera significativa e probabilmente insostenibile all’interno degli scarni bilanci familiari, già oggi per troppe persone pesantemente deficitari. Agli incrementi dei costi non corrisponderà inoltre, come sempre accaduto fino ad oggi in caso di privatizzazione, un miglioramento del servizio, dal momento che l’unico obiettivo di una società privata resta la massimizzazione del profitto, ottenibile unicamente riducendo i costi ed incrementando i ricavi.
Il nuovo decreto procede pertanto esattamente nella direzione inversa rispetto a quella che sarebbe auspicabile nell’interesse del bene comune di noi tutti. Anziché privatizzare l’acqua, trasformandola in una merce da vendere a caro prezzo, occorrerebbe infatti mantenere pubblica la gestione, migliorando la rete di distribuzione attraverso tutta una serie d’investimenti di risorse finalizzati a incrementare l’efficienza della rete idrica e dei depuratori, eliminando in questo modo gli sprechi ed i rischi d’inquinamento. In questo genere di opere, necessarie per il benessere della collettività, andrebbero investite le decine di miliardi di euro che invece attualmente vengono depauperati nella costruzione di grandi opere cementizie (TAV, Mose, nuove autostrade, megainceneritori ecc.) che risultano tanto dannose per l’ambiente quanto assolutamente inutili per i cittadini.
La gestione pubblica, orientata ad ottenere la migliore qualità di servizio per il cittadino, anziché l’obbligo della creazione di un profitto, rappresenta l’unico sistema in grado di salvaguardare i diritti di ciascuno, garantendo a tutti l’accesso ad un bene indispensabile quale è l’acqua. In questo senso occorre muoversi senza esitazione, poiché lo spettro della privatizzazione dell’acqua rappresenta l’ultima frontiera sulla strada della mercificazione di tutto l’esistente e si tratta di una strada senza sbocco e senza ritorno.
http://ilcorrosivo.blogspot.com/2009/11/acqua-privata.html
di Marco Cedolin
L’acqua, insieme all’aria che respiriamo e al cibo, rappresenta uno degli elementi indispensabili per la nostra sopravvivenza. La possibilità di accedere all’acqua potabile per bere e cucinare costituisce un bisogno primario il cui soddisfacimento dovrebbe essere garantito a qualsiasi essere umano, ma anche la disponibilità di risorse idriche da usare per l’igiene personale e l’agricoltura si rivela indispensabile per garantire una vita dignitosa e la sopravvivenza delle comunità.
Nonostante ciò la disponibilità di acqua a livello mondiale sta continuando a diminuire e proprio l'accesso all'acqua sembra destinato a diventare uno dei più potenti strumenti di speculazione per multinazionali senza scrupoli.
Le riserve mondiali di acqua per abitante nel corso di mezzo secolo, fra il 1950 e il 2000, si sono praticamente dimezzate (da 16.800 m³ a 7.300 m³) e sono ulteriormente scese di circa il 40% nei 5 anni successivi, fino ad attestarsi nel 2005 a 4.800 m³. Nel mondo un miliardo di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 2,6 miliardi non dispongono di servizi sanitari.
L’innalzamento del livello d’inquinamento di fiumi, torrenti e falde acquifere, unitamente alle massicce campagne pubblicitarie in favore delle grandi compagnie di acque minerali, ha determinato negli ultimi 5 anni l’aumento del 57% del consumo di acqua in bottiglia.
Molto spesso, approfittando del problema rappresentato dal pessimo stato in cui versano le condutture a causa degli scarsi investimenti pubblici praticati nel tempo, le grandi multinazionali si stanno sostituendo alle amministrazioni locali nella gestione delle reti idriche, appropriandosi in questo modo di un bene della collettività che potranno poi distribuire ai cittadini sulla base di prezzi e tariffe gonfiati a dismisura con l’unico fine di ingrassare il proprio tornaconto.
La trasformazione del “bene” acqua nella “merce” acqua sta avvenendo con tale velocità da far si che la rivista americana Fortune abbia individuato proprio il “settore dell’acqua” come quello in assoluto potenzialmente più remunerativo e perciò consigliato per praticare investimenti.
In Italia la sempre più spinta privatizzazione dei servizi pubblici, fortemente voluta dalla politica in maniera totalmente bipartisan nel corso dell’ultimo decennio, parallelamente alla trasformazione delle vecchie “municipalizzate” in società per azioni a capitale misto pubblico/privato che vengono quotate in borsa e si pongono sul mercato costruendo profitto attraverso la gestione dei servizi primari destinati ai cittadini (smaltimento rifiuti, acqua, distribuzione del gas, trasporti, servizi funerari) sta iniziando a produrre risultati catastrofici in termine di qualità dei servizi ed incremento del costo delle tariffe, ormai sempre più slegate da qualsiasi logica volta a salvaguardare gli interessi della collettività.
Emblematico a questo riguardo è sicuramente quanto accaduto ad Aprilia nel 2005, dove la gestione della distribuzione dell’acqua da parte della società Acqualatina, partecipata al 46,5% dalla multinazionale francese Veolia, ha comportato incrementi delle bollette nell’ordine del 300%, determinando una vera e propria sollevazione popolare da parte di oltre 4000 famiglie che si rifiutano di sostenere in silenzio un salasso di questo genere.
Forti preoccupazioni concernenti la “svendita” ai privati di una risorsa vitale come l’acqua, che dovrebbe continuare a rimanere patrimonio di tutti, sono state recentemente ingenerate da tutta una serie di novità in tema di liberalizzazioni dei servizi pubblici introdotte dal decreto Tremonti, che mira a liberalizzare la gestione dei servizi pubblici locali, affidandoli a società private o pubblico/private all’interno delle quali il socio privato non detenga una quota inferiore al 30%. Particolare apprensione è stata determinata dall’approvazione, avvenuta lo scorso 5 agosto 2008, dell’articolo 23 bis del decreto legge 112 che di fatto sottomette alle regole di mercato la gestione dei servizi idrici, snaturando la figura stessa dei “Comuni” che da enti deputati ad operare nell’interesse collettivo si trasformano in soggetti finalizzati alla costruzione del profitto proprio attraverso la gestione privatistica di quei beni, come l’acqua, che dovrebbero essere patrimonio di tutti. Il provvedimento in questione si pone oltretutto in evidente contrasto con il Codice Civile che agli articoli 822 e seguenti dispone la legislazione relativa al demanio pubblico, stabilendo che “i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto
di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice.
E l’approvazione in Senato lo scorso 4 novembre dell’art.15 del DL 135/09 che il prossimo martedì 10 novembre dovrebbe approdare alla Camera.
Ma il decreto Tremonti rappresenta solamente il terminale di tutta una lunga serie di leggi e provvedimenti che a partire dagli anni 90 hanno progressivamente svenduto il patrimonio pubblico, contribuendo a creare monopoli privati o pubblico/privati che gestiscono i servizi primari per i cittadini unicamente nell’ottica della massimizzazione del profitto.
Oggi in Italia le condizioni della rete idrica risultano essere estremamente precarie a causa della scarsità d’investimenti pubblici e della loro cattiva gestione, facendo si che quasi un terzo dell’acqua incanalata nelle tubature si disperda prima di arrivare nelle abitazioni. Una situazione di questo genere potrebbe per molti versi favorire qualunque privato abbia intenzione di subentrare al pubblico nella gestione degli acquedotti, promettendo una migliore gestione degli stessi. Il decreto Tremonti “chiude il cerchio” applicando per legge la privatizzazione dell’acqua e sdoganando in questo modo l’operato dei colossi del settore che da tempo mirano ad ottenere il controllo del business relativo alla distribuzione della “merce acqua” che costituisce un obiettivo assai ambito in quanto potenzialmente in grado di generare enormi profitti.
La spesa degli italiani per l’acqua, attualmente in media circa 250 euro a famiglia (ma la distribuzione è assai irregolare e si va da un minimo di 81 euro ad un massimo di 587 euro) risulta essere ancora generalmente sostenibile, ma negli ultimi 10 anni le bollette sono incrementate mediamente del 61% e inoltre un italiano su tre è costretto a pagare una bolletta irregolare (sentenza 335 del 10 ottobre 2008 della corte Costituzionale) in quanto versa contributi per depuratori che non esistono o non sono funzionanti. In alcuni casi inoltre l’acqua che arriva nelle case delle famiglie italiane risulta essere inquinata da decine di sostanze altamente tossiche e nocive per la salute dell’uomo, così come accaduto a 450.000 cittadini abruzzesi che per oltre 20 anni hanno bevuto a loro insaputa acqua avvelenata dai residui tossici degli stabilimenti Montedison, o agli abitanti del Monferrato l’acqua dei cui rubinetti risulta contaminata dalla radioattività derivante dalle scorie nucleari depositate a Saluggia. Il tutto senza che gli organismi preposti al controllo si siano mai sentiti in dovere d'informare la popolazione, così come disposto dalla legge.
L’apertura ai privati e la volontà di trasformare il bene acqua in una merce che sarà venduta a caro prezzo da multinazionali, come Veolia già specializzate nel settore, o dalle multiutility quotate in borsa come A2A ed Hera che oggi accumulano fortune miliardarie attraverso l’incenerimento dei rifiuti, non induce purtroppo ad essere ottimisti. Se prenderà corpo una privatizzazione sempre più spinta, il costo dell’acceso all’acqua per i cittadini italiani sarà infatti destinato ad incidere in maniera significativa e probabilmente insostenibile all’interno degli scarni bilanci familiari, già oggi per troppe persone pesantemente deficitari. Agli incrementi dei costi non corrisponderà inoltre, come sempre accaduto fino ad oggi in caso di privatizzazione, un miglioramento del servizio, dal momento che l’unico obiettivo di una società privata resta la massimizzazione del profitto, ottenibile unicamente riducendo i costi ed incrementando i ricavi.
Il nuovo decreto procede pertanto esattamente nella direzione inversa rispetto a quella che sarebbe auspicabile nell’interesse del bene comune di noi tutti. Anziché privatizzare l’acqua, trasformandola in una merce da vendere a caro prezzo, occorrerebbe infatti mantenere pubblica la gestione, migliorando la rete di distribuzione attraverso tutta una serie d’investimenti di risorse finalizzati a incrementare l’efficienza della rete idrica e dei depuratori, eliminando in questo modo gli sprechi ed i rischi d’inquinamento. In questo genere di opere, necessarie per il benessere della collettività, andrebbero investite le decine di miliardi di euro che invece attualmente vengono depauperati nella costruzione di grandi opere cementizie (TAV, Mose, nuove autostrade, megainceneritori ecc.) che risultano tanto dannose per l’ambiente quanto assolutamente inutili per i cittadini.
La gestione pubblica, orientata ad ottenere la migliore qualità di servizio per il cittadino, anziché l’obbligo della creazione di un profitto, rappresenta l’unico sistema in grado di salvaguardare i diritti di ciascuno, garantendo a tutti l’accesso ad un bene indispensabile quale è l’acqua. In questo senso occorre muoversi senza esitazione, poiché lo spettro della privatizzazione dell’acqua rappresenta l’ultima frontiera sulla strada della mercificazione di tutto l’esistente e si tratta di una strada senza sbocco e senza ritorno.
sabato 7 novembre 2009
Il foglietto del vaccino Novartis
http://susannaambivero.blogspot.com/2009/10/influenza-h1n1-il-foglietto.html
Aquest'indirizzo trovate il foglietto del vaccino Novartis.
A tal proposito è utile sottolineare questi punti.
1)Influenza A (h1N1) Monovalent Vaccine è una sospensione sterile per iniezione intramuscolare, è fornita in due presentazioni:
- Singola dose in siringa preriempita, 0,5mL. Il Thimerosal, un derivato del mercurio usato durante la fabbricazione è rimosso con susseguenti passaggi purificatori fino a una traccia di circa (1mcg. Mercurio per 0,5-mL. Dose)(3,11)
- Fiala multidose, 0,5-mL. Contiene Thimerosal, un derivato del mercurio (25mcg. Mercurio per 0,5-mL. dose) Thimerosal è aggiunto come conservante
USO IN PARTICOLARI TIPI DI POPOLAZIONE
Il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) e il vaccino trivalente per l’influenza stagionale (FLUVIRIN) sono fabbricati nello stesso modo.
GRAVIDANZA
Studi sulla riproduzione animale non sono stati fatti co il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) o col FLUVIRIN. Non si conosce neanche se Il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) o il FLUVIRIN possano causare danni fetali se somministrati a donne incinta o possano interagire con la capacità riproduttiva. Il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) dovrebbe essere dato alle donne incinta solo se strettamente necessario.
MADRI CHE ALLATTANO
Non è conosciuto se il FLUORVIN oIl Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) passino nel latte materno, pertantoIl Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) deve essere somministrato con cautela alle donne che allattano.
USO PEDIATRICO
La sicurezza e l’efficacia in soggetti pediatrici sotto i 4 anni non sono stati studiati
CARCINOGENICI, MUTAGENI,INIBITORI DELLA FERTILITA'
Nè per il FLUORVIN nè per il Vaccino Monovalente contro l'influenza A (H1N1) sono state valutate le potenzialità carcinogeniche, nè mutageniche, nè inibitrici della fertilità.
Aquest'indirizzo trovate il foglietto del vaccino Novartis.
A tal proposito è utile sottolineare questi punti.
1)Influenza A (h1N1) Monovalent Vaccine è una sospensione sterile per iniezione intramuscolare, è fornita in due presentazioni:
- Singola dose in siringa preriempita, 0,5mL. Il Thimerosal, un derivato del mercurio usato durante la fabbricazione è rimosso con susseguenti passaggi purificatori fino a una traccia di circa (1mcg. Mercurio per 0,5-mL. Dose)(3,11)
- Fiala multidose, 0,5-mL. Contiene Thimerosal, un derivato del mercurio (25mcg. Mercurio per 0,5-mL. dose) Thimerosal è aggiunto come conservante
USO IN PARTICOLARI TIPI DI POPOLAZIONE
Il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) e il vaccino trivalente per l’influenza stagionale (FLUVIRIN) sono fabbricati nello stesso modo.
GRAVIDANZA
Studi sulla riproduzione animale non sono stati fatti co il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) o col FLUVIRIN. Non si conosce neanche se Il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) o il FLUVIRIN possano causare danni fetali se somministrati a donne incinta o possano interagire con la capacità riproduttiva. Il Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) dovrebbe essere dato alle donne incinta solo se strettamente necessario.
MADRI CHE ALLATTANO
Non è conosciuto se il FLUORVIN oIl Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) passino nel latte materno, pertantoIl Vaccino Monovalente contro l’influenza A (H1N1) deve essere somministrato con cautela alle donne che allattano.
USO PEDIATRICO
La sicurezza e l’efficacia in soggetti pediatrici sotto i 4 anni non sono stati studiati
CARCINOGENICI, MUTAGENI,INIBITORI DELLA FERTILITA'
Nè per il FLUORVIN nè per il Vaccino Monovalente contro l'influenza A (H1N1) sono state valutate le potenzialità carcinogeniche, nè mutageniche, nè inibitrici della fertilità.
domenica 18 ottobre 2009
LA FRANCIA RADIOATTIVA
di Alessandro Iacuelli
Il documentario mandato in onda dall'emittente televisiva d'oltralpe France 3 ha scosso un po' tutto il Paese transalpino. Anche perché i francesi stessi non se l'aspettavano: i rifiuti speciali pericolosi sono stati usati per realizzare stadi, strade e parcheggi. Ma il documentario televisivo è andato anche oltre, misurando e mostrando al pubblico un elevato livello di radioattività sia in molte zone rurali sia nelle aree urbane del Paese. L'inchiesta, firmata dai giornalisti Emmanuel Amara e Romain Icard, denuncia per la prima volta pubblicamente come le scorie pericolose siano state utilizzate per realizzare opere infrastrutturali, delle quali tra l'altro la Francia va fiera. Nel documentario vengono riprese alcune passate inchieste giornalistiche, vengono messi assieme i dati di circa 80 siti, soprattutto per quanto riguarda il massiccio utilizzo di materiali di scarto delle miniere di uranio per realizzare terrapieni, strade e parcheggi e quant'altro.
Praticamente, un vero e proprio smaltimento a costo zero di materiali e detriti, definiti "sterili" sulla relativa documentazione, ma ovviamente niente affatto innocui. I detriti cosiddetti "sterili" sono quelli a basso contenuto di uranio, scartati perché non utili all'industria nucleare, ma con l'accumulo in anni e anni di costruzioni, stanno procurando un danno sanitario che inizia ad assumere una notevole gravità.
In Francia esiste un unico laboratorio indipendente che si occupa di ricerca e informazione sulla radioattività, il CRIIRAD, che ha denunciato già da un paio di anni alle autorità e all'opinione pubblica l'esistenza di aree con una radioattività anche 60-100 volte superiore a quella naturale. Nel marzo del 2007, il CRIIRAD ha pubblicato un primo rapporto, nel quale si stimava un totale di circa 225.000 tonnellate di materiali di scarto dell'industria statale Cogema (Compagnia Generale delle materie radioattive), sotterrati nell'area dello stadio nella cittadina di Gueugnon, in Borgogna. La denuncia suscitò una grande sorpresa ed un altrettanto grande allarme tra gli abitanti.
L'inchiesta televisiva di Amara e Icard dimostra che di casi come questo ne esistono quasi un centinaio in tutta la Francia, con i cittadini rigorosamente all'oscuro. Ed è andata così per trent’anni. Trent’anni in cui un vero e proprio segreto di Stato ha coperto i gravi danni all'ambiente ed alla salute dei francesi. Gli unici a sapere, oltre i dirigenti statali, erano i lavoratori. Ha destato impressione, nel documentario, l'intervista a Jules Rameau, impiegato nell'officina di trattamento dell'uranio dal 1955 al 1980: "L'uranio", racconta l'uomo", arrivava in forma di pietre dalla cava e qui veniva frantumato. Successivamente, una macchina lo filtrava. Tutto ciò che era acqua e sabbia è stato portato qui. Vedete lo stadio? Il terrapieno è stato costruito con lo sterile".
A fare tutto questo sono stati in due: la CEA (Commissariato dell'energia atomica) e la Cogema, cioè due aziende statali. La Cogema da tre anni è diventata Areva, il principale operatore nucleare francese. I numeri sono preoccupanti: dal 1946 in poi, sul territorio francese sono state sfruttate circa 210 miniere di uranio per fornire materia prima alle centrali nucleari nazionali, ma anche alla fabbricazione di armi nucleari. Ancora una volta, il costo ambientale e sanitario viene pagato dagli abitanti dei 25 dipartimenti coinvolti. A partire dal 1999, ma qualcuno ipotizza anche prima, è stata tralasciata ogni forma di controllo sulle scorie radioattive prodotte nella filiera nucleare, per non parlare dei controlli sanitari sui minatori, gran parte dei quali sono già deceduti precocemente per malattie collegate all'estrazione e all'esposizione alla radioattività.
La denuncia che emerge dall'inchiesta di France 3 è che chi effettua i controlli dovrebbe essere invece il controllato. Ad oggi, le aziende statali francesi, prima di tutto l'Areva, non sembrano volersi assumere le responsabilità della situazione. Mentre alcune aree vengono misteriosamente recintate e ne viene proibito l’accesso, altre vengono lasciate disponibili alle popolazioni. Inoltre, non si parla di bonificare, ovviamente dove possibile, cioè solo in casi abbastanza rari, i siti più inquinati. La cosa che fa riflettere è che addirittura Areva nega la pericolosità di queste aree: o prende tempo, oppure scarica le responsabilità sull'amministrazione pubblica in merito alle decisioni di recintare le zone a rischio o informare i cittadini. Così come non prende atto, e questo è chiaramente dimostrato dalle domande dell'intervistatrice ad un portavoce della compagnia, di uno studio dell'Istituto di Radioprotezione e sicurezza nucleare (IRSN) che afferma come prolungate esposizioni a basse dosi di radioattività, possano creare nella popolazione problemi ai reni, di respirazione, di comportamento, di alimentazione e di riproduzione. Areva non intende rispondere né di questo né di altro.
Ad essere particolarmente in imbarazzo è certamente l'ASN, cioè l'Agenzia Nucleare di Stato, che è incaricata di fare i controlli su tutti gli aspetti del nucleare, compresi la protezione della popolazione e la loro informazione. Per il suo presidente, in carica da oltre 15 anni, non c'è alcun motivo di timore. E si tratta di un'Agenzia di Stato. Quel che emerge dal documentario shock mandato in onda, è che in tema di nucleare i pericoli nascono dall'assenza di trasparenza. E quando si tocca questo tema, il pensiero va all'Italia, dove ci si sta imbarcando in un'avventura nucleare con un atteggiamento da sprovveduti da parte dello Stato, e dove prima ancora della costruzione della filiera già è stato imposto il segreto di Stato sui siti.
Ancora sulla trasparenza, gli autori dell'inchiesta indagano su un altro tema importantissimo: in tutti questi anni, di questo modo di smaltire le sostanze radioattive, la politica francese sapeva? La conclusione può solo essere affermativa, visto che ben diciotto anni fa era stato realizzato un rapporto a cura del direttore del Consiglio per la Sicurezza delle Informazioni Nucleari, dove veniva evidenziato che il problema scorie era stato ampiamente sottovalutato, in particolare la nocività dei cosiddetti “discendenti dell'uranio”. Si parla quindi dei prodotti del decadimento dell'uranio, come torio e radio 226. Questo rapporto, e tutti quelli successivi, sono sempre stati accantonati e nascosti dai ministri di turno, indipendentemente dalla loro provenienza politica.
Il nucleare in Francia è stato trattato come una questione riservata alle alte sfere dello Stato, ma in cima non troviamo l'Eliseo o il Parlamento, ma sempre l'Areva. Cioè, l'industria nucleare è stata trattata politicamente come qualcosa che non può avere alcun ostacolo, un terreno sostanzialmente coperto dal segreto e dagli interessi statali e delle grandi aziende energetiche. In pratica, ad essere assente, è stata la responsabilità sociale di questo settore. Questo dovrebbe far riflettere non solo i francesi, ma anche noi italiani. Magari adesso, e non tra 15 o 20 anni, quando le centrali nucleari saranno già in produzione.
Il documentario mandato in onda dall'emittente televisiva d'oltralpe France 3 ha scosso un po' tutto il Paese transalpino. Anche perché i francesi stessi non se l'aspettavano: i rifiuti speciali pericolosi sono stati usati per realizzare stadi, strade e parcheggi. Ma il documentario televisivo è andato anche oltre, misurando e mostrando al pubblico un elevato livello di radioattività sia in molte zone rurali sia nelle aree urbane del Paese. L'inchiesta, firmata dai giornalisti Emmanuel Amara e Romain Icard, denuncia per la prima volta pubblicamente come le scorie pericolose siano state utilizzate per realizzare opere infrastrutturali, delle quali tra l'altro la Francia va fiera. Nel documentario vengono riprese alcune passate inchieste giornalistiche, vengono messi assieme i dati di circa 80 siti, soprattutto per quanto riguarda il massiccio utilizzo di materiali di scarto delle miniere di uranio per realizzare terrapieni, strade e parcheggi e quant'altro.
Praticamente, un vero e proprio smaltimento a costo zero di materiali e detriti, definiti "sterili" sulla relativa documentazione, ma ovviamente niente affatto innocui. I detriti cosiddetti "sterili" sono quelli a basso contenuto di uranio, scartati perché non utili all'industria nucleare, ma con l'accumulo in anni e anni di costruzioni, stanno procurando un danno sanitario che inizia ad assumere una notevole gravità.
In Francia esiste un unico laboratorio indipendente che si occupa di ricerca e informazione sulla radioattività, il CRIIRAD, che ha denunciato già da un paio di anni alle autorità e all'opinione pubblica l'esistenza di aree con una radioattività anche 60-100 volte superiore a quella naturale. Nel marzo del 2007, il CRIIRAD ha pubblicato un primo rapporto, nel quale si stimava un totale di circa 225.000 tonnellate di materiali di scarto dell'industria statale Cogema (Compagnia Generale delle materie radioattive), sotterrati nell'area dello stadio nella cittadina di Gueugnon, in Borgogna. La denuncia suscitò una grande sorpresa ed un altrettanto grande allarme tra gli abitanti.
L'inchiesta televisiva di Amara e Icard dimostra che di casi come questo ne esistono quasi un centinaio in tutta la Francia, con i cittadini rigorosamente all'oscuro. Ed è andata così per trent’anni. Trent’anni in cui un vero e proprio segreto di Stato ha coperto i gravi danni all'ambiente ed alla salute dei francesi. Gli unici a sapere, oltre i dirigenti statali, erano i lavoratori. Ha destato impressione, nel documentario, l'intervista a Jules Rameau, impiegato nell'officina di trattamento dell'uranio dal 1955 al 1980: "L'uranio", racconta l'uomo", arrivava in forma di pietre dalla cava e qui veniva frantumato. Successivamente, una macchina lo filtrava. Tutto ciò che era acqua e sabbia è stato portato qui. Vedete lo stadio? Il terrapieno è stato costruito con lo sterile".
A fare tutto questo sono stati in due: la CEA (Commissariato dell'energia atomica) e la Cogema, cioè due aziende statali. La Cogema da tre anni è diventata Areva, il principale operatore nucleare francese. I numeri sono preoccupanti: dal 1946 in poi, sul territorio francese sono state sfruttate circa 210 miniere di uranio per fornire materia prima alle centrali nucleari nazionali, ma anche alla fabbricazione di armi nucleari. Ancora una volta, il costo ambientale e sanitario viene pagato dagli abitanti dei 25 dipartimenti coinvolti. A partire dal 1999, ma qualcuno ipotizza anche prima, è stata tralasciata ogni forma di controllo sulle scorie radioattive prodotte nella filiera nucleare, per non parlare dei controlli sanitari sui minatori, gran parte dei quali sono già deceduti precocemente per malattie collegate all'estrazione e all'esposizione alla radioattività.
La denuncia che emerge dall'inchiesta di France 3 è che chi effettua i controlli dovrebbe essere invece il controllato. Ad oggi, le aziende statali francesi, prima di tutto l'Areva, non sembrano volersi assumere le responsabilità della situazione. Mentre alcune aree vengono misteriosamente recintate e ne viene proibito l’accesso, altre vengono lasciate disponibili alle popolazioni. Inoltre, non si parla di bonificare, ovviamente dove possibile, cioè solo in casi abbastanza rari, i siti più inquinati. La cosa che fa riflettere è che addirittura Areva nega la pericolosità di queste aree: o prende tempo, oppure scarica le responsabilità sull'amministrazione pubblica in merito alle decisioni di recintare le zone a rischio o informare i cittadini. Così come non prende atto, e questo è chiaramente dimostrato dalle domande dell'intervistatrice ad un portavoce della compagnia, di uno studio dell'Istituto di Radioprotezione e sicurezza nucleare (IRSN) che afferma come prolungate esposizioni a basse dosi di radioattività, possano creare nella popolazione problemi ai reni, di respirazione, di comportamento, di alimentazione e di riproduzione. Areva non intende rispondere né di questo né di altro.
Ad essere particolarmente in imbarazzo è certamente l'ASN, cioè l'Agenzia Nucleare di Stato, che è incaricata di fare i controlli su tutti gli aspetti del nucleare, compresi la protezione della popolazione e la loro informazione. Per il suo presidente, in carica da oltre 15 anni, non c'è alcun motivo di timore. E si tratta di un'Agenzia di Stato. Quel che emerge dal documentario shock mandato in onda, è che in tema di nucleare i pericoli nascono dall'assenza di trasparenza. E quando si tocca questo tema, il pensiero va all'Italia, dove ci si sta imbarcando in un'avventura nucleare con un atteggiamento da sprovveduti da parte dello Stato, e dove prima ancora della costruzione della filiera già è stato imposto il segreto di Stato sui siti.
Ancora sulla trasparenza, gli autori dell'inchiesta indagano su un altro tema importantissimo: in tutti questi anni, di questo modo di smaltire le sostanze radioattive, la politica francese sapeva? La conclusione può solo essere affermativa, visto che ben diciotto anni fa era stato realizzato un rapporto a cura del direttore del Consiglio per la Sicurezza delle Informazioni Nucleari, dove veniva evidenziato che il problema scorie era stato ampiamente sottovalutato, in particolare la nocività dei cosiddetti “discendenti dell'uranio”. Si parla quindi dei prodotti del decadimento dell'uranio, come torio e radio 226. Questo rapporto, e tutti quelli successivi, sono sempre stati accantonati e nascosti dai ministri di turno, indipendentemente dalla loro provenienza politica.
Il nucleare in Francia è stato trattato come una questione riservata alle alte sfere dello Stato, ma in cima non troviamo l'Eliseo o il Parlamento, ma sempre l'Areva. Cioè, l'industria nucleare è stata trattata politicamente come qualcosa che non può avere alcun ostacolo, un terreno sostanzialmente coperto dal segreto e dagli interessi statali e delle grandi aziende energetiche. In pratica, ad essere assente, è stata la responsabilità sociale di questo settore. Questo dovrebbe far riflettere non solo i francesi, ma anche noi italiani. Magari adesso, e non tra 15 o 20 anni, quando le centrali nucleari saranno già in produzione.
venerdì 16 ottobre 2009
Pensierino della sera
"Il nucleare è poco economico, non conveniente, pericoloso. Ma più di tutto, in Italia non ce lo possiamo permettere: occorre un livello minimo di onestà e correttezza che qui da noi ha passato il picco da un pezzo"
giovedì 8 ottobre 2009
Polveri fini e ultrafini
Sentiamo parlare continuamente di PM10 le famigerate polveri sottili, provocate dagli effetti di qualsiasi combustione, che possono danneggiar la nostra salute.
Ma sappiamo cosa significa questo PM10? Significa semplicementi polveri inferiori a 10 micron. ma cos'è un micron? Un micron è la milionesima parte di un metro. E il nanometro? Il nanometro è la milliardesima parte di un meto.
Detto così sembra niente, ma la differenza fra una polvere da 10 micron e una da 1 micron è gigantesca percè l'1 va moltiplicato per mille e non per 10 praticamente quando cominciamo a parlare di micron non siamo più nel sistema metrico decimale , ma bensì in un sistema metrico millisimale, poichè da una misura all'altra non dividiamo per dieci bensì per mille.
Più le particelle sono piccole più penetrano in profondità nel nostro organismo. Le PM10 si fermano nei bronchi e nei polmoni provocando bronchiti e malattie respiratorie, ma quelle più fini possono entrare nel sangue e da qui negli organi interni, fegato pancreas cervello, provocando tumori, diabete, malattie neurodegenerative. Hanno anche la capacità, alterando alcune caratteristiche del sangue di provocare dei trombi che provocano malattie cardiovascolari e ictus. Alcune, date le loro infinitesimali dimensioni possono arrivare al nucleo della cellula, e alterare il DNA provocando malformazioni fetali.
La legge, per misurare l'inquinamento, valuta il peso delle particelle, la massa, senza considerarne la dimensione.
Dal punto di vista della massa una particella da 10 micron di diametro vale quanto 64 particelle da 2,5 micron o 1.000 particelle da 1 micron o 1.000.000 di particelle da 0,1 micron. Per questo, valutare per massa le polveri - così come, del resto, previsto dalla legge - non rende ragione della loro effettiva patogenicità, visto che, legalmente, una particella da 10 micron considerabile innocua vale quanto un milione di particelle da 0,1 micron di diametro, ognuna delle quali incomparabilmente più aggressiva per l’organismo
Enrica Martolini
Ma sappiamo cosa significa questo PM10? Significa semplicementi polveri inferiori a 10 micron. ma cos'è un micron? Un micron è la milionesima parte di un metro. E il nanometro? Il nanometro è la milliardesima parte di un meto.
Detto così sembra niente, ma la differenza fra una polvere da 10 micron e una da 1 micron è gigantesca percè l'1 va moltiplicato per mille e non per 10 praticamente quando cominciamo a parlare di micron non siamo più nel sistema metrico decimale , ma bensì in un sistema metrico millisimale, poichè da una misura all'altra non dividiamo per dieci bensì per mille.
Più le particelle sono piccole più penetrano in profondità nel nostro organismo. Le PM10 si fermano nei bronchi e nei polmoni provocando bronchiti e malattie respiratorie, ma quelle più fini possono entrare nel sangue e da qui negli organi interni, fegato pancreas cervello, provocando tumori, diabete, malattie neurodegenerative. Hanno anche la capacità, alterando alcune caratteristiche del sangue di provocare dei trombi che provocano malattie cardiovascolari e ictus. Alcune, date le loro infinitesimali dimensioni possono arrivare al nucleo della cellula, e alterare il DNA provocando malformazioni fetali.
La legge, per misurare l'inquinamento, valuta il peso delle particelle, la massa, senza considerarne la dimensione.
Dal punto di vista della massa una particella da 10 micron di diametro vale quanto 64 particelle da 2,5 micron o 1.000 particelle da 1 micron o 1.000.000 di particelle da 0,1 micron. Per questo, valutare per massa le polveri - così come, del resto, previsto dalla legge - non rende ragione della loro effettiva patogenicità, visto che, legalmente, una particella da 10 micron considerabile innocua vale quanto un milione di particelle da 0,1 micron di diametro, ognuna delle quali incomparabilmente più aggressiva per l’organismo
Enrica Martolini
lunedì 5 ottobre 2009
J.F.Kennedy parla di" un governo ombra che annullerà gli Stati e cancellerà ogni Repubblica
La parola segretezza è ripugnante in una società aperta e democratica e noi come popolo ci siamo opposti intrinsecamente e storicamente alle società segrete e ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete. Siamo di fronte in tutto il mondo ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera d’influenza sull’infiltrazione anziché sull’invasione, sulle sovversioni anziché sulle elezioni, sull’intimidazione anziché sulla libera scelta. E’ un sistema che ha reclutato ampie riserve umane e materiali nella costruzione di una macchina altamente affiatata, altamente efficiente, che combina operazioni militari, diplomatiche, d’intelligence, operazioni economiche scientifiche, politiche. Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete e i suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti. I suoi dissidenti non sono elogiati, ma vengono ridotti al silenzio Nessuna spesa viene contrastata, nessun segreto viene rivelato. Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare controversie fosse un crimine per ogni cittadino. Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di allertare il popolo americano. Convinto che col vostro aiuto l’uomo diverrà quello che è nato per essere: libero e indipendente.
J.F.Kennedy Conferenza stampa del 27 aprile 1961
J.F.Kennedy Conferenza stampa del 27 aprile 1961
domenica 4 ottobre 2009
"Siamo di fronte in tutto il mondo ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera di influenza.....Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di allertare il popolo americano. Convinto che col vostro aiuto l'uomo diverrà quello che è nato per essere: libero e indipendente." 27 aprile 1961 J.F.Kennedy
http://www.youtube.com/watch?v=wWBkxHlaYPI
http://www.youtube.com/watch?v=wWBkxHlaYPI
venerdì 2 ottobre 2009
Sul Trattato di Lisbona (oggi in Irlanda si decide il nostro futuro nel silenzio più assoluto)
DI PAOLO BARNARD
paolobarnard.info
E così, mentre tutti guardano da quella parte, da quell’altra accade il nostro destino, ma non c’è nessuno a osservare. Accade per esempio il Trattato di Lisbona, il quale, come tutte le cose che ridisegnano la Storia, che decidono della nostra esistenza, che consegnano a poteri immensi immense fette del nostro futuro, non è al centro di nulla, passa nel silenzio, non trova prime pagine o clamori di alcun tipo, nel Sistema come nell’Antisistema.
Pensate: stiamo tutti per diventare cittadini di un enorme Paese che non è l’Italia, governati da gente non direttamente eletta da noi, sotto leggi pensate da misteriosi burocrati a noi sconosciuti, secondo principi sociali, politici ed economici che non abbiamo scelto, e veniamo privati nella sostanza di tutto ciò che conoscevamo come patria, parlamento, nazionalità, autodeterminazione, e molto altro ancora.
E’ il Trattato di Lisbona, vi sta accadendo sotto al naso, qualcuno vi ha detto nulla? Ribadisco: fra poco Montecitorio potrebbe essere un palazzo dove qualche centinaio di burocrati dimenticati si aggirano fingendo di contare ancora qualcosina; fra poco la Costituzione italiana potrebbe essere un poemetto che viene ricordato agli alunni delle scuole come un pezzo di una vecchia storia; fra poco una maggioranza politica che non sa neppure cosa significa la parola calzino potrebbe trovarsi a decidere come noi italiani ci curiamo, se avremo le pensioni, cosa insegneremo a scuola, come invecchieremo, o se dobbiamo entrare in guerra, e così per tutto il resto della nostra vita. Altro che Cavaliere, altro che Brunetta o Emilio Fede.
Bene, vado per gradi. Nel primo, vi fornisco un breve riassunto delle puntate precedenti; nel secondo vi spiego il Trattato di Lisbona in sintesi; nel terzo l’approfondimento per chi lo desidera.
LE PUNTATE PRECEDENTI
L’Italia è parte dell’Unione Europea (UE), che è la versione moderna di un vecchio accordo fra Stati europei iniziato nel 1957 col Trattato di Roma, il quale partorì la Comunità Economica Europea (CEE), divenuta nel 1967 la Comunità Europea (CE). Si trattava di una unione prettamente commerciale, non politica, ma presto lo divenne: nel 1979 eleggemmo infatti il primo Parlamento Europeo, e fu lì che prese piede l’idea che questa vecchia Europa poteva dopo tutto diventare qualcosa di simile agli Stati Uniti (sempre per fini soprattutto economici). Nel 1993 nacque l’Unione Europea col Trattato di Maastricht, che sancì una serie di riforme eclatanti, fra cui dal 1 gennaio 2002 quella dell’Euro come moneta comune ai suoi membri. Nel 1957 erano sei le nazioni disposte a legarsi fra loro, oggi siamo in 27 membri nella UE, tutti Stati sovrani che sempre più agiscono secondo regole e principi comuni. Infatti, l’Unione Europea si è dotata già da anni di una sorta di proprio governo sovranazionale (che sta sopra ai governi dei singoli Stati dell’unione), chiamato Commissione Europea e Consiglio dei Ministri, di un Parlamento come si è già detto, e di un organo giudiziario che risponde al nome di Corte di Giustizia Europea. La UE ha persino una presidenza, che viene assegnata a rotazione agli Stati membri, e che si chiama Consiglio Europeo. Quindi: questo agglomerato di nazioni che da secoli forma l’Europa, si è lentamente trasformato in una unione che ha già un suo presidente, un suo governo, un suo parlamento e un suo sistema giudiziario. Cioè, quasi uno Stato in tutta regola. Fin qui tutto fila, poiché comunque ogni singolo Paese come l’Italia o la Germania o l’Olanda ecc. ha finora mantenuto la piena sovranità, e i suoi cittadini sono rimasti italiani, tedeschi, olandesi, gente cioè del tutto propria ma che ha accettato sempre più una serie di regole comuni nel nome dell’essere europei uniti e moderni.
Ma a qualcuno non bastava. Nelle elite politiche del Vecchio Continente sobbolliva sempre quell’idea secondo cui questa Europa degli Stati sovrani poteva, anzi, doveva diventare gli Stati Uniti d’Europa, ovvero un blocco cementato di popoli sotto un’unica bandiera, leggi comuni, governo comune e soprattutto un’economia comune. Una potenza mondiale. Ma la litigiosità che ci ha sempre caratterizzato come singoli Paesi, l’individualismo nazionalista, e l’attaccamento ciascuno alle proprie regole e tradizioni, erano l’ostacolo fra gli ostacoli. Infatti l’evidenza dell’andamento dell’Unione suggeriva che pur essendoci adeguati a una ridda di leggi europee, regolamenti e sentenze, ancora ciascuna nazione era ben salda negli interessi di casa propria, e in quel modo gli Stati Uniti d’Europa erano impossibili da realizzare. Occorreva qualcosa di unificante, di potente, più potente degli Stati e dei loro capricci. Cosa? Una Costituzione europea in piena regola, con tutto il potere proprio di una Costituzione.
Ed ecco che quei signori importanti che fanno politica fra Strasburgo, Bruxelles e il Lussemburgo si riunirono nel 2001 nell’anonima cittadina belga di Laeken, e decisero: scriveremo una Costituzione per tutte le genti d’Europa. Fu fatto, sotto la supervisione dell’ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing e con la figura in evidenza del nostro Giuliano Amato. Ma quei burocrati in doppiopetto fecero un ‘errore’: furono aperti e democratici, cioè permisero alle genti d’Europa di conoscere i contenuti della nuova Carta. Nel 2005, mentre noi italiani attivi giustamente perdevamo il sonno per le Tv del Cavaliere, i francesi e gli olandesi bocciarono la Costituzione in due referendum, accusando i burocrati europei di aver redatto un testo scandalosamente ignorante dei temi sociali e altrettanto parziale a favore dei grandi interessi economici. In altre parole: con quella Costituzione, gli Stati Uniti d’Europa sarebbero diventati il parco giochi dei falchi miliardari e terra dolente per le persone comuni, per me e per voi e per i vostri figli.
Fu uno shock per i doppiopetti blu, e soprattutto per i loro sponsor nelle corporate rooms d’Europa. Ricacciati nelle loro Mercedes blindate a suon di voti franco-olandesi, essi decisero la momentanea ritirata, ma non la resa. Infatti, la mattina del 13 dicembre 2007, mentre noi italiani attivi giustamente perdevamo il sonno per la scelta fra PD o Beppe Grillo, ventisette capi di governo europei si riunirono a Lisbona e decisero: ci si riprova, ma stavolta col cavolo che permetteremo ai cittadini di esprimere un parere. Nacque così il Trattato di Lisbona, scritto in segreto, firmato in segreto, segreto nei contenuti che sono praticamente impossibili da leggere, e segretamente persino peggiore della defunta Costituzione. Nel Trattato è sancito il nostro futuro con mutamenti così sconvolgenti da lasciare a bocca spalancata. La mia e la vostra vita, quella dei vostri figli, viene destinata lungo corsie d’acciaio che se definitivamente ratificate saranno quasi impossibili da mutare. Ma quelle corsie dove portano? Al nostro interesse di persone? Al nostro benessere? Alla nostra pacifica convivenza? Ce l’hanno chiesto? Abbiamo voce in capitolo? No, nessuno ce lo ha chiesto e voi non ne sapete nulla.
IL TRATTATO DI LISBONA IN SINTESI
E’ un impianto di regole europee raccolte in un Trattato che non è così come ce lo immagineremmo (un unico testo), ma è formato da migliaia di emendamenti a centinaia di regole già in essere per un totale di 2800 pagine. E’ stato fatto in quel modo con intento truffaldino e anti democratico, come spiego fra poco. Se ratificato da tutti gli Stati, esso diventerà di fatto una Costituzione che formerà la struttura per la nascita di un super Stato d’Europa, come gli Stati Uniti d’America, con una Presidenza, con un governo centrale, un Parlamento, un sistema giudiziario. Questo super Stato diventerà più forte e vincolante di qualsiasi odierna nazione europea. Tutti noi europei diverremo cittadini di quello Stato e soggetti più alle sue leggi che a quelle dei Parlamenti nazionali, pur mantenendo la cittadinanza presente (italiana, tedesca ecc.). Infatti le leggi fatte da questo super Stato d’Europa saranno vincolanti sulle nostre leggi nazionali, e saranno persino più forti della nostra Costituzione. Ma al contrario degli Stati Uniti, tali leggi verranno scritte da burocrati che noi non eleggiamo (es. Commissione Europea), mentre l’attuale Parlamento Europeo, dove risiedono i nostri veri rappresentanti da noi votati, non potrà proporre le leggi, né adottarle o bocciarle da solo. Potrà solo contestarle ma con procedure talmente complesse da renderlo di fatto secondario. Il Trattato di Lisbona infatti offrirà poteri enormi a istituzioni che nessun cittadino elegge direttamente (Consiglio Europeo che sarà la presidenza - Commissione Europea e Consiglio dei Ministri che sarà l’esecutivo - Corte di Giustizia Europea, che sarà il sistema giudiziario), le quali avranno persino la facoltà di far entrare in guerra l’Europa senza il voto dell’ONU. I poteri di cui si parla avranno principi ispiratori pericolosamente sbilanciati a favore del business, con poca attenzione per i bisogni sociali dei cittadini. Tutto il cosiddetto Capitolo Sociale del Trattato di Lisbona (lavoro, salute, scioperi, tutele, leggi sociali, impiego…) è miserrimo, con gravi limitazioni e omissioni, mentre sono sanciti con forza i principi del Libero Mercato pro mondo degli affari. Dovete ricordare mentre leggete queste righe, che stiamo parlando di un Trattato che potrebbe molto presto ribaltare la vostra vita come nulla da 60 anni a questa parte: nuovo Stato, nuova cittadinanza, nuove leggi, nuovi indirizzi di vita nella quotidianità anche più banale, sicuramente meno democrazia, e nessuno che ci abbia interpellati. Come sarà questa nuova esistenza? Migliore, o un salto indietro nella qualità di vita? Saremo più liberi o più schiavi degli interessi delle elite di potere? Anche nel Capitolo Giustizia il Trattato pone seri problemi. Ci sarà un organo superpotente, la Corte di Giustizia Europea, che emetterà sentenze vincolanti sui nostri diritti fondamentali e sulle leggi che ci regolano; la Corte sarà superiore in potere alla nostra Cassazione, al nostro Ministero di Giustizia, ma di nuovo sarà condotta da giudici nominati da burocrati che nessuno di noi ha scelto. Come interpreteranno i nostri diritti di uomini e di donne? Ci hanno interpellati?
Ed è qui il punto. Un Trattato col potere di ribaltare tutta la nostra vita di comunità di cittadini, viene scritto in modo da essere illeggibile ed è stato già ratificato (manca solo la firma dell’Irlanda, che terrà un referendum il 2 ottobre) dai nostri governi completamente di nascosto da noi, e volutamente di nascosto. Questo poiché una versione simile di questo Trattato (la Costituzione Europea) e con simili scopi fu bocciato da Francia e Olanda nel 2005, proprio perché scandalosamente sbilanciato a favore delle lobby di potere europee e negligente verso i cittadini. Scottati da quell’umiliante esperienza, i pochi politici europei che contano (il 90% non ne sa nulla e firma senza capirci nulla) hanno architettato una riedizione di quelle Costituzione bocciata chiamandola Trattato di Lisbona, e la stanno facendo passare in segreto dietro le nostre spalle.
Il Trattato di Lisbona contiene anche clausole di valore, che come ogni altra sua regola sarebbero vincolanti su tutti gli Stati, dunque anche su questa arretrata e cialtrona Italia, e limitatamente a ciò per noi non sarebbe un male. Tuttavia, la mole dei cambiamenti cruciali che porterebbe è tale e di tale potenza per la nostra vita di tutti i giorni e per i nostri diritti vitali, da obbligare chi vi scrive a lanciare un allarme: il Trattato di Lisbona va divulgato alle persone d’Europa e da queste giudicato con i referendum. Pena la possibilità di un futuro molto, ma molto più gramo di quello che qualsiasi Cavaliere potrà mai regalarci.
L’APPROFONDIMENTO
Cosa è.
Il Trattato di Lisbona (di seguito chiamato il Trattato) non è una Costituzione europea, ma ne mantiene esattamente tutti i poteri. Esso non è neppure un trattato in sé, visto che nella realtà si tratta di una colossale mole di modifiche apportate ai due trattati fondamentali della UE, che sono: il Trattato dell’Unione Europea (TEU) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU). Ad essi viene aggiunto il Trattato di Nizza del 2003. Ogni singolo articolo del Trattato, inclusi gli annessi e i protocolli, assume una forza enorme, spessissimo sovranazionale, cioè più potente di qualsiasi legge nazionale degli Stati membri della UE.
L’astuzia e l’inganno.
L’intera opera è stata architettata in modo da essere incomprensibile e letteralmente illeggibile dagli esseri umani ordinari, inclusi i nostri politici. In totale si sta parlando di 329 pagine di diversi e disconnessi emendamenti apportati a 17 concordati e che vanno inseriti nel posto giusto all’interno di 2800 pagine di leggi europee. Questo labirinto non è accidentale. Come spiega il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde “i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”. Il nostro Giuliano Amato ribadì il concetto appieno, in una dichiarazione rilasciata durante un discorso al Centro per la Riforma Europea a Londra il 12 luglio del 2007: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile, poiché così non sarebbe stato costituzionale (evitando in tal modo i referendum, nda)… Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum, perché avrebbe significato che c’era qualcosa di nuovo (rispetto alla Costituzione bocciata nel 2005, nda)”. (fonte: EuObserver.com). Il sigillo a questo tradimento dei principi democratici fu messo dallo stesso Valéry Giscard D’Estaing in una dichiarazione del 27 ottobre 2007, raccolta dalla stampa europea: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”. I capi di Stato erano concordi questa volta: no al parere degli elettori, no ai referendum.
In Italia, il Parlamento ha ratificato il Trattato l’8 agosto del 2008 (già la data la dice lunga), senza alcun pubblico dibattito, senza prime serate televisive, e senza che fosse letto dai parlamentari votanti. Nel resto d’Europa le cose non sono andate meglio, data la natura semi clandestina del Trattato e la specificata intenzione di nasconderlo agli elettori. Ma in Irlanda è successo qualcosa di particolare. Lo scomparso politico Raymond Crotty denunciò la procedura presso la Corte Suprema del Paese, ed ottenne modifiche tali da imporre all’odierno premier Brian Cowen un referendum popolare finale sul Trattato (uno già ci fu nel 2008), che si terrà il 2 ottobre di quest’anno. Si tenga presente che un no irlandese affonderebbe anche questa impresa.
Preciso, ma poi continuo.
Una precisazione è di dovere a questo punto. Ciò che è sotto accusa non è il processo di armonizzazione dei popoli europei, né la possibilità di fonderci in un grande Paese federale europeo alla stregua degli Stati Uniti, né il fatto di avere una Costituzione e leggi comuni in sé. Anzi, per una nazione di cittadini cialtroni e incivilizzabili come l’Italia, il ‘bastone e la carota’ dell’Unione potrebbero essere l’unica speranza di rimanere all’interno del circolo dei Paesi evoluti, e di non sprofondare del tutto nei Bantustan del mondo cui oggi apparteniamo (non per colpa di Berlusconi, ma nostra). Ciò che invece è gravissimo, è rappresentato dal fatto che un cambiamento di portata storica come sarebbe la nascita degli Stati Uniti d’Europa e la perdita del 90% della nostra autodeterminazione come popoli singoli, sta avvenendo secondo principi politici, economici e sociali che nessuno di noi conosce, che nessuno di noi ha discusso o votato. E un’analisi attenta del Trattato ci dice che quei principi sono pericolosamente contrari ai nostri interessi di persone comuni. Ci stanno riscrivendo la vita, nientemeno, e ci potremmo svegliare fra pochi mesi in un mondo che non abbiamo scelto e che ci potrebbe costare lacrime e sangue. Senza ritorno. Altro che “regime dello psiconano”.
Il potere al super Stato, e gli Stati odierni esautorati.
Il Trattato crea le basi legali per la nascita di un grande Stato unico europeo con poteri sovranazionali a tutto campo, cioè con leggi che saranno superiori a qualsiasi legge degli Stati membri (dichiarazioni 17 & 27). Questi poteri del nuovo super Stato d’Europa saranno estesi a 68 nuovi settori dove oggi gli Stati singoli hanno la possibilità di veto, che sarà perduta. Il Trattato sottolinea il ruolo subordinato dei Parlamenti nazionali nella nuova Europa, dove essi dovranno fare gli interessi dell’Unione prima che i propri (Art. 8c, TEU). Nel Consiglio Europeo, che sarà la sede della presidenza del nuovo super Stato, i partecipanti di ciascuna nazione dovranno rappresentare l’Unione presso gli Stati membri, piuttosto che rappresentare gli Stati membri presso l’Unione come accade ora. Essi poi, dovranno “interpretare e applicare le loro leggi nazionali in conformità con quelle dell’Unione”. La Commissione Europea assieme al Consiglio dei Ministri sarà l’esecutivo del super Stato d’Europa. Vi sarà come oggi un Parlamento e la Corte di Giustizia Europea sarà il sistema giudiziario.
Nel capitolo immigrazione le cose staranno così: la nuova Unione avrà frontiere esterne comuni, e deciderà a maggioranza chi potrà entrare e risiedere nei nostri territori, mentre i singoli governi perderanno il potere di decidere su ciò. Di nuovo, nessuno di noi cittadini potrà influenzare i criteri di quelle politiche, che potranno essere troppo permissive oppure disumane.
Si comprende già da questi primi aspetti del Trattato in quale misura drastica i poteri che oggi appartengono ai governi e ai Parlamenti che eleggiamo saranno trasferiti al nuovo super Stato europeo. Non è eccessivo dichiarare che siamo sulla strada per rendere Montecitorio e Palazzo Madama delle marginali rappresentanze di facciata. Le uniche aree dove ancora i Paesi europei manterrebbero autonomia decisionale sono la politica estera comune e la sicurezza. L’europarlamentare danese Jens-Peter Bonde ha dichiarato: “Non ricordo un singolo esempio di legge nazionale che non potrà essere influenzato dal Trattato di Lisbona”.
Dunque, super leggi vincolanti. Ma chi le farà?
Sarebbe naturale pensare che nei nuovi Stati Uniti d’Europa, verso i quali il Trattato ci spinge, saranno i rappresentanti eletti dal popolo a fare le leggi, come ovvio. Invece no. Il potere legislativo del nuovo super Stato, come accade già oggi nella meno vincolante UE, sarà ad esclusivo appannaggio di 1) La Commissione Europea che proporrà le leggi, ma che non è direttamente eletta da noi, 2) Il Consiglio dei Ministri che voterà le leggi, neppure esso direttamente eletto dai cittadini. Tenete presente che il ruolo del Consiglio è quasi un proforma, poiché funge praticamente da timbro alle leggi proposte dalla Commissione, visto che solo il 15% di esse viene discusso dai Ministri, e questo non cambierà col Trattato. Insomma, la Commissione Europea non direttamente eletta diverrà potentissima. Tutto ciò è grave. Il Trattato, inoltre, darà alla Commissione un elevato potere di legiferare per decreto, e le sue decisioni saranno persino vincolanti sulle Costituzioni dei Paesi membri. E così le leggi che potrebbero condizionale tutta la nostra vita futura saranno pensate da circa 3000 gruppi di lavoro della Commissione composti da oscuri burocrati che, ribadisco, nessuno ha eletto. Inoltre, questa istituzione non avrà più un Commissario per ogni Stato membro, ma solo due terzi dei Paesi saranno rappresentati a ogni mandato, per cui potrà accadere che una legge sovranazionale e vincolante cancellerà di fatto una legge italiana senza che neppure un italiano l’abbia discussa o pensata.
E allora il Parlamento Europeo? Il Parlamento Europeo non ha e non avrà alcun potere di proporre le leggi né di adottarle o di bocciarle da solo, non potrà votare sul PIL dell’Unione né sulle tasse, e sarà escluso del tutto dal deliberare su 21 settori essenziali su un totale di 90, anche se la sua sfera di competenza è stata estesa ad un numero maggiore di aree. Ciò che ho appena affermato sembra una contraddizione, ma non lo è. Infatti, il Trattato da una parte taglia le gambe al Parlamento (i 21 settori da cui viene escluso), e dall’altra gli dà un contentino (ampliamento aree di competenza), che contentino è visto che nel secondo caso i parlamentari potranno solo decidere ‘assieme’ al Consiglio dei Ministri, dunque non da soli come accade in tutte le democrazie del mondo. Oltre tutto, se anche i nostri eletti rappresentanti in Europa si impuntassero per contestare le leggi della Commissione, avrebbero una vita durissima. Il Trattato stabilisce in quel caso che: se i parlamentari vogliono contestare una legge proposta dalla Commissione dovranno ottenere una maggioranza qualificata nel Consiglio dei Ministri (cioè il 55% degli Stati) o una maggioranza assoluta di tutti i deputati europei. Si avrebbe così il paradosso di politici regolarmente eletti che devono sgobbare per contestare le decisioni di un ‘governo’ che nessuno ha eletto. Già oggi la Commissione si può permettere di snobbare persino i parlamenti nazionali degli Stati membri, come dimostra il fatto che fra il settembre 2006 e il settembre 2007 questi ultimi avevano spedito a Bruxelles ben 152 bocciature di leggi proposte dalla Commissione, col risultato di essere ignorati nel 100% di casi.
Un’ultima stortura insita nell’impianto legislativo europeo si chiama Principio di Sussidiarietà. Stabilisce che nel caso di non chiarezza su chi deve fare che cosa fra l’UE e gli Stati membri, il diritto di agire ricade su chi garantisce la maggiore efficienza. Ma che significa? E chi stabilisce che cosa sia efficiente per noi persone? Ve l’hanno mai chiesto? Ce lo chiederanno?
Il quadro che emerge dal progetto del Trattato vede in primo piano il macroscopico e sproporzionato potere della Commissione Europea, che, bisogna ricordarlo ancora, nessuno di noi elegge. Pensate che occorrerà un terzo dei Parlamenti nazionali europei per, non dico bloccare le proposte della Commissione, ma per ottenere che essa le riconsideri, senza alcun obbligo di altro. Nel frattempo, i Parlamenti nazionali perderanno ben 68 poteri di veto in Europa. Una esautorazione immensa, che, a prescindere dai meriti, nessuno di noi cittadini ha votato e approvato.
Cittadini… di che?
Siamo italiani, tedeschi, olandesi o spagnoli, ma col Trattato diventeremo “in aggiunta” cittadini del super Stato d’Europa (Art. 17b.1 TEC/TFU). Attenzione qui: finora, le regole della UE stabilivano che noi eravamo cittadini europei “come corredo” alla nostra cittadinanza nazionale. Il termine “aggiunta” è usato nel Trattato per esprimere una doppia nazionalità a tutti gli effetti, con però un gigantesco ma: dovete sapere che i diritti e i doveri di questa nostra nuova nazionalità saranno superiori a quelli stabiliti dalle nostre leggi nazionali in ogni caso dove vi sia un conflitto fra di essi, e questo per la sancita superiorità delle leggi dell’Unione rispetto a quelle nazionali e persino rispetto alle nostre Costituzioni. Al di là del merito, è inquietante sapere che potremmo essere obbligati a fare cose non previste dalle nostre leggi, senza aver avuto alcuna voce in capitolo, come al solito.
In campo internazionale.
Il Trattato creerà uno Stato superiore agli Stati membri esattamente come gli Stati Uniti sono superiori ai singoli Stati americani. Esso avrà il potere di firmare accordi internazionali con altri Paesi del mondo, e questi accordi saranno vincolanti su ogni Paese membro anche se i suoi parlamentari sono contrari, e avranno precedenza sulle sue leggi. Avrà il potere di entrare in guerra come Europa e senza l’autorizzazione dell’ONU, lasciando ai singoli Stati il solo potere di “astenersi costruttivamente” (che significa poi collaborazionismo), e imporrà inoltre agli Stati membri un aumento delle spese militari. Il Presidente della nuova Unione non sarà eletto dal popolo come negli USA, ma potrà rappresentarci nei rapporti con Paesi cruciali come l’America, la Russia o la Cina, che non dialogheranno più con i nostri attuali governi su una serie di importanti affari internazionali.
I padroni del vapore.
Uno dei motivi per cui i francesi e gli olandesi bocciarono la Costituzione europea nel 2005, fu che essa magnificava i diritti del business lasciando le briciole ai diritti dei cittadini. Quella Carta fu infatti definita “socialmente frigida”. Il Trattato di Lisbona non altera in alcun modo questo stato di cose, ed è grave. Il problema, gridarono allora i detrattori della Costituzione, era che essa sanciva con forza il principio economico della “libera concorrenza senza distorsioni”, un principi che all’orecchio del profano può anche suonare giusto, ma che nel gergo delle stanza dei bottoni di tutto il mondo significa: privatizzazioni piratesche (ovvero svendite a poche lire ai privati) di tutto ciò che fu edificato con le nostre tasse, speculazioni selvagge nel commercio, precarizzazione galoppante del lavoro e dei diritti di chi lavora, tagli elefantiaci alle nostre tutele sociali e poi… ipocrisia sfacciata, con la notoria regola del ‘capitalismo per i poveri e socialismo per i ricchi’. Cioè: meno salvagenti sociali alla popolazione, ma poi ampi salvataggi di Stato quando è il business a finire nei guai. Infine, la ‘libera concorrenza senza distorsioni’ applicata al commercio europeo significa nessuna tutela di Stato nei Paesi svantaggiati ma sovvenzioni statali miliardarie per le economie opulente dei Paesi ricchi.
Quindi, la ‘libera concorrenza senza distorsioni’ sarà di nuovo sancita nero su bianco dal Trattato, nonostante fosse stata bocciata nella Costituzione. La si trova infatti in una dichiarazione vincolante del Protocollo 6. Come dire: ciò che fu cacciato dalla porta di casa, rientra dalla finestra. Ma c’è molto altro.
Il Trattato, per esempio, dà priorità all’aumento della produzione agricola europea che già oggi è sovvenzionata dall’Unione a suon di 1 miliardo di euro al giorno, ma non spende una parola sulle condizioni di lavoro dei braccianti né sull’impatto ambientale dell’espansione di quel settore, che è fra i più inquinanti del mondo (idrocarburi, pesticidi, consumo acqua…). Ancor più grave è il capitolo del Trattato sul diritto di sciopero, dove si prevede un assoluto divieto se esso ostacola “il libero movimento dei servizi”, una clausola che sarà aperta a interpretazioni selvagge; scioperare sarà altrettanto vietato quando colpirà un’azienda straniera che paga salari da miseria in Paesi europei dove il salario medio per lo stesso lavoro è del doppio; si immagini a quali sfruttamenti si andrebbe incontro, col corredo di gravi instabilità e tensioni sociali. Infine, diventa illegale pretendere nei pubblici appalti il rispetto di alcune contrattazioni salariali già acquisite, altra voragine. In tema di salute, il Trattato ha in serbo un pericolo non minore: il capitolo sui diritti del paziente è inserito fra le regole del Mercato Interno, e non in quelle dedicate alla sanità. Innanzi tutto questo significa che per decidere sui diritti di noi ammalati (perché lo saremo tutti nella vita) sarà necessaria solo la maggioranza qualificata dei voti e non l’unanimità, ma soprattutto spaventa trovarsi da ammalati nell’ambito del Mercato, che con la salute non ha proprio nulla a che vedere, come già sappiamo drammaticamente dalla nostra vita quotidiana.
Verremo privati anche del diritto di favorire certi settori della nostra economia anche se chiaramente svantaggiati. Se uno Stato membro deciderà di offrire un trattamento di favore ai propri cittadini in certi aspetti del vivere comune, potrà essere sanzionato. Se deciderà di aumentare l’occupazione pubblica a spese dello Stato per superare una crisi occupazionale (alla New Deal di Roosevelt) sarà sanzionato. La Banca Centrale Europea (BCE) ha il potere di imporre a tutti la stabilità dei prezzi a scapito della piena occupazione. E la BCE sarà arbitro assoluto e incontrastabile delle politiche monetarie, che non di rado significano per noi cittadini indebitati lacrime e sangue (mutui, tassi ecc.). Il Trattato non prevede alcun meccanismo per ridistribuire la ricchezza fra i cittadini ricchi e quelli in difficoltà all’interno dell’Unione; non prevede una politica comune in tema fiscale, salariale e sociale. Non prevede infatti alcun metodo per finanziare il già misero Capitolo Sociale del nuovo super Stato europeo, poiché fra le migliaia di articoli pensati con oculatezza, guarda caso manca proprio quello che armonizzi le politiche fiscali/monetarie/economiche con quelle sociali. Guarda caso.
Scorrendo queste righe, risulta chiarissimo il perché i bravi francesi e olandesi hanno bocciato queste stesse regole quando furono presentate nella Costituzione europea. Qui di sociale c’è poco più del nome. E il sociale è la rete di sicurezza nella mia e nella tua vita di tutti i giorni.
La Giustizia. I Diritti.
In questo settore, il Trattato adotta appieno la Carta dei Diritti Fondamentali, che diventa vincolante per tutti i cittadini del nuovo super Stato d’Europa (Art.6 TEU). Chi deciderà interpretando di volta in volta questi diritti con potere unico sarà la Corte di Giustizia Europea con sede nel Lussemburgo. Infatti, secondo le regole già spiegate in precedenza, anche qui le decisioni della Corte avranno potere sovranazionale e dunque saranno più forti di qualsiasi legge degli Stati membri. Esse poi avranno potere di condizionare ogni singola legge esistente nella UE. Ma chi impedirà alla Corte di interpretare un diritto odierno di un singolo Stato membro in senso più restrittivo? Vi do un esempio: in Svezia, una legge permette ai burocrati di Stato di fare ‘soffiate’ ai giornalisti, per cui il governo non può pretendere che il reporter sveli poi le fonti di uno scandalo pubblicato. Se la Corte decidesse che ciò è illegale, addio avanzatissima legge svedese. E vi ricordo che quando il collega tedesco Hans-Martin Tillack fu arrestato per aver denunciato lo scandalo Eurostat (fondi neri dell’agenzia di statistica della UE), la Corte di Giustizia Europea approvò l’arresto.
Ma chi nomina quei giudici? Nessuno dei cittadini europei, è la risposta. Li eleggono i governi, e questo li rende di fatto a loro soggetti. In altre parole, le sentenze sui nostri diritti fondamentali e sulle leggi che ci governano saranno nelle mani di magistrati del tutto fuori dal nostro controllo e secondo leggi, non lo si dimentichi, fatte da burocrati non eletti. Questo prevede il Trattato di Lisbona, all’apice di almeno duemila anni di giurisprudenza ‘moderna’. Inoltre, ciò che viene deliberato in seno alla Corte di Giustizia Europea avrà precedenza su quanto deliberato dalle nostre Corti Supreme, Cassazione, e da altre Alte Corti europee. Essa ha il potere persino di influenzare la tassazione indiretta (IVA, catasto, bolli ecc.).
Tutto questo è improprio, irrispettoso del diritto dei cittadini di decidere del proprio vivere, visto che siamo e ancora rimaniamo in teoria gli arbitri finali delle democrazie. Qui siamo completamente messi da parte, ingannati e manipolati, con rischi futuri colossali a dir poco. Ma il realismo di cittadino italiano mi impone di aggiungere un altro distinguo. In un Paese come il nostro dove la nostra inciviltà ha portato in Parlamento dei bifolchi subculturati e violenti come i seguaci di Bossi e altri, il fatto che in futuro gli articoli della Carta dei Diritti Fondamentali e del Trattato di Nizza (diritti di prima, seconda, terza e quarta generazione; dignità umana; minoranze; diritti umani; no pena di morte; diritti processuali ecc.) saranno vincolanti in Italia potrebbe essere la salvezza, nonostante i pericoli che ho delineato. E queste considerazioni mi portano a dire che la critica al Trattato di Lisbona fatta dalla prospettiva italiana è un affare ambiguo, poiché se è vero che quel Trattato potrà da una parte travolgere in negativo le nostre vite e drammaticamente il futuro dei nostri figli, è anche vero che certa barbarie e mediocrità a tutto campo degli italiani rendono impossibile capire dove sia la padella e dove la brace, ovvero se ci farà più male entrare nell’Europa di Lisbona o rimanere l’Italia sovrana di oggi. La risposta sarebbe né l’una né l’altra, certo, ma il rischio per noi italiani di combattere e vincere la battaglia contro l’inganno del Trattato, è poi di ritrovarci qui a soffocare nella melma italica senza neppure l’Europa a mitigarla. Questo va detto per onestà.
Conclusione.
Se ripercorrete i capitoli principali che vi ho esposto, non potrete non rendervi conto che come sempre i grandi giochi che regoleranno ogni futuro atto della vostra vita di cittadini si decidono altrove e in segreto, mentre nessuno nell’Italia che protesta contro il secondario berlusconismo vi aiuta a capire cosa e chi veramente aggredisce la democrazia, e chi veramente tira le fila della vostra esistenza. E’ scandaloso che si sia pensato agli Stati Uniti d’Europa come a un colosso di potere in mano a oscuri burocrati non eletti e massicciamente sbilanciati verso il business, con le briciole lasciate a quel fastidioso ‘intralcio’ che si chiama popolo. E il tutto di nascosto. Questa macchina va fermata e la parola va restituita a noi, i cittadini, attraverso i referendum, come accade in Irlanda. Il Trattato di Lisbona pone 500 milioni di esseri umani in bilico fra due possibilità: un dubbio progresso, o la probabile caduta in un abisso di dominio degli interessi di pochi privilegiati su un oceano di cittadini con sempre meno diritti essenziali. Sto parlando di te, di me, di noi persone.
Ma noi italiani attivi siamo giustamente impegnati a discutere di Tarantini, di Papi, di “farabutti” e di "psiconani". Giustamente.
Paolo Barnard
Fonte:www.paolobarnard.info
paolobarnard.info
E così, mentre tutti guardano da quella parte, da quell’altra accade il nostro destino, ma non c’è nessuno a osservare. Accade per esempio il Trattato di Lisbona, il quale, come tutte le cose che ridisegnano la Storia, che decidono della nostra esistenza, che consegnano a poteri immensi immense fette del nostro futuro, non è al centro di nulla, passa nel silenzio, non trova prime pagine o clamori di alcun tipo, nel Sistema come nell’Antisistema.
Pensate: stiamo tutti per diventare cittadini di un enorme Paese che non è l’Italia, governati da gente non direttamente eletta da noi, sotto leggi pensate da misteriosi burocrati a noi sconosciuti, secondo principi sociali, politici ed economici che non abbiamo scelto, e veniamo privati nella sostanza di tutto ciò che conoscevamo come patria, parlamento, nazionalità, autodeterminazione, e molto altro ancora.
E’ il Trattato di Lisbona, vi sta accadendo sotto al naso, qualcuno vi ha detto nulla? Ribadisco: fra poco Montecitorio potrebbe essere un palazzo dove qualche centinaio di burocrati dimenticati si aggirano fingendo di contare ancora qualcosina; fra poco la Costituzione italiana potrebbe essere un poemetto che viene ricordato agli alunni delle scuole come un pezzo di una vecchia storia; fra poco una maggioranza politica che non sa neppure cosa significa la parola calzino potrebbe trovarsi a decidere come noi italiani ci curiamo, se avremo le pensioni, cosa insegneremo a scuola, come invecchieremo, o se dobbiamo entrare in guerra, e così per tutto il resto della nostra vita. Altro che Cavaliere, altro che Brunetta o Emilio Fede.
Bene, vado per gradi. Nel primo, vi fornisco un breve riassunto delle puntate precedenti; nel secondo vi spiego il Trattato di Lisbona in sintesi; nel terzo l’approfondimento per chi lo desidera.
LE PUNTATE PRECEDENTI
L’Italia è parte dell’Unione Europea (UE), che è la versione moderna di un vecchio accordo fra Stati europei iniziato nel 1957 col Trattato di Roma, il quale partorì la Comunità Economica Europea (CEE), divenuta nel 1967 la Comunità Europea (CE). Si trattava di una unione prettamente commerciale, non politica, ma presto lo divenne: nel 1979 eleggemmo infatti il primo Parlamento Europeo, e fu lì che prese piede l’idea che questa vecchia Europa poteva dopo tutto diventare qualcosa di simile agli Stati Uniti (sempre per fini soprattutto economici). Nel 1993 nacque l’Unione Europea col Trattato di Maastricht, che sancì una serie di riforme eclatanti, fra cui dal 1 gennaio 2002 quella dell’Euro come moneta comune ai suoi membri. Nel 1957 erano sei le nazioni disposte a legarsi fra loro, oggi siamo in 27 membri nella UE, tutti Stati sovrani che sempre più agiscono secondo regole e principi comuni. Infatti, l’Unione Europea si è dotata già da anni di una sorta di proprio governo sovranazionale (che sta sopra ai governi dei singoli Stati dell’unione), chiamato Commissione Europea e Consiglio dei Ministri, di un Parlamento come si è già detto, e di un organo giudiziario che risponde al nome di Corte di Giustizia Europea. La UE ha persino una presidenza, che viene assegnata a rotazione agli Stati membri, e che si chiama Consiglio Europeo. Quindi: questo agglomerato di nazioni che da secoli forma l’Europa, si è lentamente trasformato in una unione che ha già un suo presidente, un suo governo, un suo parlamento e un suo sistema giudiziario. Cioè, quasi uno Stato in tutta regola. Fin qui tutto fila, poiché comunque ogni singolo Paese come l’Italia o la Germania o l’Olanda ecc. ha finora mantenuto la piena sovranità, e i suoi cittadini sono rimasti italiani, tedeschi, olandesi, gente cioè del tutto propria ma che ha accettato sempre più una serie di regole comuni nel nome dell’essere europei uniti e moderni.
Ma a qualcuno non bastava. Nelle elite politiche del Vecchio Continente sobbolliva sempre quell’idea secondo cui questa Europa degli Stati sovrani poteva, anzi, doveva diventare gli Stati Uniti d’Europa, ovvero un blocco cementato di popoli sotto un’unica bandiera, leggi comuni, governo comune e soprattutto un’economia comune. Una potenza mondiale. Ma la litigiosità che ci ha sempre caratterizzato come singoli Paesi, l’individualismo nazionalista, e l’attaccamento ciascuno alle proprie regole e tradizioni, erano l’ostacolo fra gli ostacoli. Infatti l’evidenza dell’andamento dell’Unione suggeriva che pur essendoci adeguati a una ridda di leggi europee, regolamenti e sentenze, ancora ciascuna nazione era ben salda negli interessi di casa propria, e in quel modo gli Stati Uniti d’Europa erano impossibili da realizzare. Occorreva qualcosa di unificante, di potente, più potente degli Stati e dei loro capricci. Cosa? Una Costituzione europea in piena regola, con tutto il potere proprio di una Costituzione.
Ed ecco che quei signori importanti che fanno politica fra Strasburgo, Bruxelles e il Lussemburgo si riunirono nel 2001 nell’anonima cittadina belga di Laeken, e decisero: scriveremo una Costituzione per tutte le genti d’Europa. Fu fatto, sotto la supervisione dell’ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing e con la figura in evidenza del nostro Giuliano Amato. Ma quei burocrati in doppiopetto fecero un ‘errore’: furono aperti e democratici, cioè permisero alle genti d’Europa di conoscere i contenuti della nuova Carta. Nel 2005, mentre noi italiani attivi giustamente perdevamo il sonno per le Tv del Cavaliere, i francesi e gli olandesi bocciarono la Costituzione in due referendum, accusando i burocrati europei di aver redatto un testo scandalosamente ignorante dei temi sociali e altrettanto parziale a favore dei grandi interessi economici. In altre parole: con quella Costituzione, gli Stati Uniti d’Europa sarebbero diventati il parco giochi dei falchi miliardari e terra dolente per le persone comuni, per me e per voi e per i vostri figli.
Fu uno shock per i doppiopetti blu, e soprattutto per i loro sponsor nelle corporate rooms d’Europa. Ricacciati nelle loro Mercedes blindate a suon di voti franco-olandesi, essi decisero la momentanea ritirata, ma non la resa. Infatti, la mattina del 13 dicembre 2007, mentre noi italiani attivi giustamente perdevamo il sonno per la scelta fra PD o Beppe Grillo, ventisette capi di governo europei si riunirono a Lisbona e decisero: ci si riprova, ma stavolta col cavolo che permetteremo ai cittadini di esprimere un parere. Nacque così il Trattato di Lisbona, scritto in segreto, firmato in segreto, segreto nei contenuti che sono praticamente impossibili da leggere, e segretamente persino peggiore della defunta Costituzione. Nel Trattato è sancito il nostro futuro con mutamenti così sconvolgenti da lasciare a bocca spalancata. La mia e la vostra vita, quella dei vostri figli, viene destinata lungo corsie d’acciaio che se definitivamente ratificate saranno quasi impossibili da mutare. Ma quelle corsie dove portano? Al nostro interesse di persone? Al nostro benessere? Alla nostra pacifica convivenza? Ce l’hanno chiesto? Abbiamo voce in capitolo? No, nessuno ce lo ha chiesto e voi non ne sapete nulla.
IL TRATTATO DI LISBONA IN SINTESI
E’ un impianto di regole europee raccolte in un Trattato che non è così come ce lo immagineremmo (un unico testo), ma è formato da migliaia di emendamenti a centinaia di regole già in essere per un totale di 2800 pagine. E’ stato fatto in quel modo con intento truffaldino e anti democratico, come spiego fra poco. Se ratificato da tutti gli Stati, esso diventerà di fatto una Costituzione che formerà la struttura per la nascita di un super Stato d’Europa, come gli Stati Uniti d’America, con una Presidenza, con un governo centrale, un Parlamento, un sistema giudiziario. Questo super Stato diventerà più forte e vincolante di qualsiasi odierna nazione europea. Tutti noi europei diverremo cittadini di quello Stato e soggetti più alle sue leggi che a quelle dei Parlamenti nazionali, pur mantenendo la cittadinanza presente (italiana, tedesca ecc.). Infatti le leggi fatte da questo super Stato d’Europa saranno vincolanti sulle nostre leggi nazionali, e saranno persino più forti della nostra Costituzione. Ma al contrario degli Stati Uniti, tali leggi verranno scritte da burocrati che noi non eleggiamo (es. Commissione Europea), mentre l’attuale Parlamento Europeo, dove risiedono i nostri veri rappresentanti da noi votati, non potrà proporre le leggi, né adottarle o bocciarle da solo. Potrà solo contestarle ma con procedure talmente complesse da renderlo di fatto secondario. Il Trattato di Lisbona infatti offrirà poteri enormi a istituzioni che nessun cittadino elegge direttamente (Consiglio Europeo che sarà la presidenza - Commissione Europea e Consiglio dei Ministri che sarà l’esecutivo - Corte di Giustizia Europea, che sarà il sistema giudiziario), le quali avranno persino la facoltà di far entrare in guerra l’Europa senza il voto dell’ONU. I poteri di cui si parla avranno principi ispiratori pericolosamente sbilanciati a favore del business, con poca attenzione per i bisogni sociali dei cittadini. Tutto il cosiddetto Capitolo Sociale del Trattato di Lisbona (lavoro, salute, scioperi, tutele, leggi sociali, impiego…) è miserrimo, con gravi limitazioni e omissioni, mentre sono sanciti con forza i principi del Libero Mercato pro mondo degli affari. Dovete ricordare mentre leggete queste righe, che stiamo parlando di un Trattato che potrebbe molto presto ribaltare la vostra vita come nulla da 60 anni a questa parte: nuovo Stato, nuova cittadinanza, nuove leggi, nuovi indirizzi di vita nella quotidianità anche più banale, sicuramente meno democrazia, e nessuno che ci abbia interpellati. Come sarà questa nuova esistenza? Migliore, o un salto indietro nella qualità di vita? Saremo più liberi o più schiavi degli interessi delle elite di potere? Anche nel Capitolo Giustizia il Trattato pone seri problemi. Ci sarà un organo superpotente, la Corte di Giustizia Europea, che emetterà sentenze vincolanti sui nostri diritti fondamentali e sulle leggi che ci regolano; la Corte sarà superiore in potere alla nostra Cassazione, al nostro Ministero di Giustizia, ma di nuovo sarà condotta da giudici nominati da burocrati che nessuno di noi ha scelto. Come interpreteranno i nostri diritti di uomini e di donne? Ci hanno interpellati?
Ed è qui il punto. Un Trattato col potere di ribaltare tutta la nostra vita di comunità di cittadini, viene scritto in modo da essere illeggibile ed è stato già ratificato (manca solo la firma dell’Irlanda, che terrà un referendum il 2 ottobre) dai nostri governi completamente di nascosto da noi, e volutamente di nascosto. Questo poiché una versione simile di questo Trattato (la Costituzione Europea) e con simili scopi fu bocciato da Francia e Olanda nel 2005, proprio perché scandalosamente sbilanciato a favore delle lobby di potere europee e negligente verso i cittadini. Scottati da quell’umiliante esperienza, i pochi politici europei che contano (il 90% non ne sa nulla e firma senza capirci nulla) hanno architettato una riedizione di quelle Costituzione bocciata chiamandola Trattato di Lisbona, e la stanno facendo passare in segreto dietro le nostre spalle.
Il Trattato di Lisbona contiene anche clausole di valore, che come ogni altra sua regola sarebbero vincolanti su tutti gli Stati, dunque anche su questa arretrata e cialtrona Italia, e limitatamente a ciò per noi non sarebbe un male. Tuttavia, la mole dei cambiamenti cruciali che porterebbe è tale e di tale potenza per la nostra vita di tutti i giorni e per i nostri diritti vitali, da obbligare chi vi scrive a lanciare un allarme: il Trattato di Lisbona va divulgato alle persone d’Europa e da queste giudicato con i referendum. Pena la possibilità di un futuro molto, ma molto più gramo di quello che qualsiasi Cavaliere potrà mai regalarci.
L’APPROFONDIMENTO
Cosa è.
Il Trattato di Lisbona (di seguito chiamato il Trattato) non è una Costituzione europea, ma ne mantiene esattamente tutti i poteri. Esso non è neppure un trattato in sé, visto che nella realtà si tratta di una colossale mole di modifiche apportate ai due trattati fondamentali della UE, che sono: il Trattato dell’Unione Europea (TEU) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU). Ad essi viene aggiunto il Trattato di Nizza del 2003. Ogni singolo articolo del Trattato, inclusi gli annessi e i protocolli, assume una forza enorme, spessissimo sovranazionale, cioè più potente di qualsiasi legge nazionale degli Stati membri della UE.
L’astuzia e l’inganno.
L’intera opera è stata architettata in modo da essere incomprensibile e letteralmente illeggibile dagli esseri umani ordinari, inclusi i nostri politici. In totale si sta parlando di 329 pagine di diversi e disconnessi emendamenti apportati a 17 concordati e che vanno inseriti nel posto giusto all’interno di 2800 pagine di leggi europee. Questo labirinto non è accidentale. Come spiega il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde “i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”. Il nostro Giuliano Amato ribadì il concetto appieno, in una dichiarazione rilasciata durante un discorso al Centro per la Riforma Europea a Londra il 12 luglio del 2007: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile, poiché così non sarebbe stato costituzionale (evitando in tal modo i referendum, nda)… Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum, perché avrebbe significato che c’era qualcosa di nuovo (rispetto alla Costituzione bocciata nel 2005, nda)”. (fonte: EuObserver.com). Il sigillo a questo tradimento dei principi democratici fu messo dallo stesso Valéry Giscard D’Estaing in una dichiarazione del 27 ottobre 2007, raccolta dalla stampa europea: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”. I capi di Stato erano concordi questa volta: no al parere degli elettori, no ai referendum.
In Italia, il Parlamento ha ratificato il Trattato l’8 agosto del 2008 (già la data la dice lunga), senza alcun pubblico dibattito, senza prime serate televisive, e senza che fosse letto dai parlamentari votanti. Nel resto d’Europa le cose non sono andate meglio, data la natura semi clandestina del Trattato e la specificata intenzione di nasconderlo agli elettori. Ma in Irlanda è successo qualcosa di particolare. Lo scomparso politico Raymond Crotty denunciò la procedura presso la Corte Suprema del Paese, ed ottenne modifiche tali da imporre all’odierno premier Brian Cowen un referendum popolare finale sul Trattato (uno già ci fu nel 2008), che si terrà il 2 ottobre di quest’anno. Si tenga presente che un no irlandese affonderebbe anche questa impresa.
Preciso, ma poi continuo.
Una precisazione è di dovere a questo punto. Ciò che è sotto accusa non è il processo di armonizzazione dei popoli europei, né la possibilità di fonderci in un grande Paese federale europeo alla stregua degli Stati Uniti, né il fatto di avere una Costituzione e leggi comuni in sé. Anzi, per una nazione di cittadini cialtroni e incivilizzabili come l’Italia, il ‘bastone e la carota’ dell’Unione potrebbero essere l’unica speranza di rimanere all’interno del circolo dei Paesi evoluti, e di non sprofondare del tutto nei Bantustan del mondo cui oggi apparteniamo (non per colpa di Berlusconi, ma nostra). Ciò che invece è gravissimo, è rappresentato dal fatto che un cambiamento di portata storica come sarebbe la nascita degli Stati Uniti d’Europa e la perdita del 90% della nostra autodeterminazione come popoli singoli, sta avvenendo secondo principi politici, economici e sociali che nessuno di noi conosce, che nessuno di noi ha discusso o votato. E un’analisi attenta del Trattato ci dice che quei principi sono pericolosamente contrari ai nostri interessi di persone comuni. Ci stanno riscrivendo la vita, nientemeno, e ci potremmo svegliare fra pochi mesi in un mondo che non abbiamo scelto e che ci potrebbe costare lacrime e sangue. Senza ritorno. Altro che “regime dello psiconano”.
Il potere al super Stato, e gli Stati odierni esautorati.
Il Trattato crea le basi legali per la nascita di un grande Stato unico europeo con poteri sovranazionali a tutto campo, cioè con leggi che saranno superiori a qualsiasi legge degli Stati membri (dichiarazioni 17 & 27). Questi poteri del nuovo super Stato d’Europa saranno estesi a 68 nuovi settori dove oggi gli Stati singoli hanno la possibilità di veto, che sarà perduta. Il Trattato sottolinea il ruolo subordinato dei Parlamenti nazionali nella nuova Europa, dove essi dovranno fare gli interessi dell’Unione prima che i propri (Art. 8c, TEU). Nel Consiglio Europeo, che sarà la sede della presidenza del nuovo super Stato, i partecipanti di ciascuna nazione dovranno rappresentare l’Unione presso gli Stati membri, piuttosto che rappresentare gli Stati membri presso l’Unione come accade ora. Essi poi, dovranno “interpretare e applicare le loro leggi nazionali in conformità con quelle dell’Unione”. La Commissione Europea assieme al Consiglio dei Ministri sarà l’esecutivo del super Stato d’Europa. Vi sarà come oggi un Parlamento e la Corte di Giustizia Europea sarà il sistema giudiziario.
Nel capitolo immigrazione le cose staranno così: la nuova Unione avrà frontiere esterne comuni, e deciderà a maggioranza chi potrà entrare e risiedere nei nostri territori, mentre i singoli governi perderanno il potere di decidere su ciò. Di nuovo, nessuno di noi cittadini potrà influenzare i criteri di quelle politiche, che potranno essere troppo permissive oppure disumane.
Si comprende già da questi primi aspetti del Trattato in quale misura drastica i poteri che oggi appartengono ai governi e ai Parlamenti che eleggiamo saranno trasferiti al nuovo super Stato europeo. Non è eccessivo dichiarare che siamo sulla strada per rendere Montecitorio e Palazzo Madama delle marginali rappresentanze di facciata. Le uniche aree dove ancora i Paesi europei manterrebbero autonomia decisionale sono la politica estera comune e la sicurezza. L’europarlamentare danese Jens-Peter Bonde ha dichiarato: “Non ricordo un singolo esempio di legge nazionale che non potrà essere influenzato dal Trattato di Lisbona”.
Dunque, super leggi vincolanti. Ma chi le farà?
Sarebbe naturale pensare che nei nuovi Stati Uniti d’Europa, verso i quali il Trattato ci spinge, saranno i rappresentanti eletti dal popolo a fare le leggi, come ovvio. Invece no. Il potere legislativo del nuovo super Stato, come accade già oggi nella meno vincolante UE, sarà ad esclusivo appannaggio di 1) La Commissione Europea che proporrà le leggi, ma che non è direttamente eletta da noi, 2) Il Consiglio dei Ministri che voterà le leggi, neppure esso direttamente eletto dai cittadini. Tenete presente che il ruolo del Consiglio è quasi un proforma, poiché funge praticamente da timbro alle leggi proposte dalla Commissione, visto che solo il 15% di esse viene discusso dai Ministri, e questo non cambierà col Trattato. Insomma, la Commissione Europea non direttamente eletta diverrà potentissima. Tutto ciò è grave. Il Trattato, inoltre, darà alla Commissione un elevato potere di legiferare per decreto, e le sue decisioni saranno persino vincolanti sulle Costituzioni dei Paesi membri. E così le leggi che potrebbero condizionale tutta la nostra vita futura saranno pensate da circa 3000 gruppi di lavoro della Commissione composti da oscuri burocrati che, ribadisco, nessuno ha eletto. Inoltre, questa istituzione non avrà più un Commissario per ogni Stato membro, ma solo due terzi dei Paesi saranno rappresentati a ogni mandato, per cui potrà accadere che una legge sovranazionale e vincolante cancellerà di fatto una legge italiana senza che neppure un italiano l’abbia discussa o pensata.
E allora il Parlamento Europeo? Il Parlamento Europeo non ha e non avrà alcun potere di proporre le leggi né di adottarle o di bocciarle da solo, non potrà votare sul PIL dell’Unione né sulle tasse, e sarà escluso del tutto dal deliberare su 21 settori essenziali su un totale di 90, anche se la sua sfera di competenza è stata estesa ad un numero maggiore di aree. Ciò che ho appena affermato sembra una contraddizione, ma non lo è. Infatti, il Trattato da una parte taglia le gambe al Parlamento (i 21 settori da cui viene escluso), e dall’altra gli dà un contentino (ampliamento aree di competenza), che contentino è visto che nel secondo caso i parlamentari potranno solo decidere ‘assieme’ al Consiglio dei Ministri, dunque non da soli come accade in tutte le democrazie del mondo. Oltre tutto, se anche i nostri eletti rappresentanti in Europa si impuntassero per contestare le leggi della Commissione, avrebbero una vita durissima. Il Trattato stabilisce in quel caso che: se i parlamentari vogliono contestare una legge proposta dalla Commissione dovranno ottenere una maggioranza qualificata nel Consiglio dei Ministri (cioè il 55% degli Stati) o una maggioranza assoluta di tutti i deputati europei. Si avrebbe così il paradosso di politici regolarmente eletti che devono sgobbare per contestare le decisioni di un ‘governo’ che nessuno ha eletto. Già oggi la Commissione si può permettere di snobbare persino i parlamenti nazionali degli Stati membri, come dimostra il fatto che fra il settembre 2006 e il settembre 2007 questi ultimi avevano spedito a Bruxelles ben 152 bocciature di leggi proposte dalla Commissione, col risultato di essere ignorati nel 100% di casi.
Un’ultima stortura insita nell’impianto legislativo europeo si chiama Principio di Sussidiarietà. Stabilisce che nel caso di non chiarezza su chi deve fare che cosa fra l’UE e gli Stati membri, il diritto di agire ricade su chi garantisce la maggiore efficienza. Ma che significa? E chi stabilisce che cosa sia efficiente per noi persone? Ve l’hanno mai chiesto? Ce lo chiederanno?
Il quadro che emerge dal progetto del Trattato vede in primo piano il macroscopico e sproporzionato potere della Commissione Europea, che, bisogna ricordarlo ancora, nessuno di noi elegge. Pensate che occorrerà un terzo dei Parlamenti nazionali europei per, non dico bloccare le proposte della Commissione, ma per ottenere che essa le riconsideri, senza alcun obbligo di altro. Nel frattempo, i Parlamenti nazionali perderanno ben 68 poteri di veto in Europa. Una esautorazione immensa, che, a prescindere dai meriti, nessuno di noi cittadini ha votato e approvato.
Cittadini… di che?
Siamo italiani, tedeschi, olandesi o spagnoli, ma col Trattato diventeremo “in aggiunta” cittadini del super Stato d’Europa (Art. 17b.1 TEC/TFU). Attenzione qui: finora, le regole della UE stabilivano che noi eravamo cittadini europei “come corredo” alla nostra cittadinanza nazionale. Il termine “aggiunta” è usato nel Trattato per esprimere una doppia nazionalità a tutti gli effetti, con però un gigantesco ma: dovete sapere che i diritti e i doveri di questa nostra nuova nazionalità saranno superiori a quelli stabiliti dalle nostre leggi nazionali in ogni caso dove vi sia un conflitto fra di essi, e questo per la sancita superiorità delle leggi dell’Unione rispetto a quelle nazionali e persino rispetto alle nostre Costituzioni. Al di là del merito, è inquietante sapere che potremmo essere obbligati a fare cose non previste dalle nostre leggi, senza aver avuto alcuna voce in capitolo, come al solito.
In campo internazionale.
Il Trattato creerà uno Stato superiore agli Stati membri esattamente come gli Stati Uniti sono superiori ai singoli Stati americani. Esso avrà il potere di firmare accordi internazionali con altri Paesi del mondo, e questi accordi saranno vincolanti su ogni Paese membro anche se i suoi parlamentari sono contrari, e avranno precedenza sulle sue leggi. Avrà il potere di entrare in guerra come Europa e senza l’autorizzazione dell’ONU, lasciando ai singoli Stati il solo potere di “astenersi costruttivamente” (che significa poi collaborazionismo), e imporrà inoltre agli Stati membri un aumento delle spese militari. Il Presidente della nuova Unione non sarà eletto dal popolo come negli USA, ma potrà rappresentarci nei rapporti con Paesi cruciali come l’America, la Russia o la Cina, che non dialogheranno più con i nostri attuali governi su una serie di importanti affari internazionali.
I padroni del vapore.
Uno dei motivi per cui i francesi e gli olandesi bocciarono la Costituzione europea nel 2005, fu che essa magnificava i diritti del business lasciando le briciole ai diritti dei cittadini. Quella Carta fu infatti definita “socialmente frigida”. Il Trattato di Lisbona non altera in alcun modo questo stato di cose, ed è grave. Il problema, gridarono allora i detrattori della Costituzione, era che essa sanciva con forza il principio economico della “libera concorrenza senza distorsioni”, un principi che all’orecchio del profano può anche suonare giusto, ma che nel gergo delle stanza dei bottoni di tutto il mondo significa: privatizzazioni piratesche (ovvero svendite a poche lire ai privati) di tutto ciò che fu edificato con le nostre tasse, speculazioni selvagge nel commercio, precarizzazione galoppante del lavoro e dei diritti di chi lavora, tagli elefantiaci alle nostre tutele sociali e poi… ipocrisia sfacciata, con la notoria regola del ‘capitalismo per i poveri e socialismo per i ricchi’. Cioè: meno salvagenti sociali alla popolazione, ma poi ampi salvataggi di Stato quando è il business a finire nei guai. Infine, la ‘libera concorrenza senza distorsioni’ applicata al commercio europeo significa nessuna tutela di Stato nei Paesi svantaggiati ma sovvenzioni statali miliardarie per le economie opulente dei Paesi ricchi.
Quindi, la ‘libera concorrenza senza distorsioni’ sarà di nuovo sancita nero su bianco dal Trattato, nonostante fosse stata bocciata nella Costituzione. La si trova infatti in una dichiarazione vincolante del Protocollo 6. Come dire: ciò che fu cacciato dalla porta di casa, rientra dalla finestra. Ma c’è molto altro.
Il Trattato, per esempio, dà priorità all’aumento della produzione agricola europea che già oggi è sovvenzionata dall’Unione a suon di 1 miliardo di euro al giorno, ma non spende una parola sulle condizioni di lavoro dei braccianti né sull’impatto ambientale dell’espansione di quel settore, che è fra i più inquinanti del mondo (idrocarburi, pesticidi, consumo acqua…). Ancor più grave è il capitolo del Trattato sul diritto di sciopero, dove si prevede un assoluto divieto se esso ostacola “il libero movimento dei servizi”, una clausola che sarà aperta a interpretazioni selvagge; scioperare sarà altrettanto vietato quando colpirà un’azienda straniera che paga salari da miseria in Paesi europei dove il salario medio per lo stesso lavoro è del doppio; si immagini a quali sfruttamenti si andrebbe incontro, col corredo di gravi instabilità e tensioni sociali. Infine, diventa illegale pretendere nei pubblici appalti il rispetto di alcune contrattazioni salariali già acquisite, altra voragine. In tema di salute, il Trattato ha in serbo un pericolo non minore: il capitolo sui diritti del paziente è inserito fra le regole del Mercato Interno, e non in quelle dedicate alla sanità. Innanzi tutto questo significa che per decidere sui diritti di noi ammalati (perché lo saremo tutti nella vita) sarà necessaria solo la maggioranza qualificata dei voti e non l’unanimità, ma soprattutto spaventa trovarsi da ammalati nell’ambito del Mercato, che con la salute non ha proprio nulla a che vedere, come già sappiamo drammaticamente dalla nostra vita quotidiana.
Verremo privati anche del diritto di favorire certi settori della nostra economia anche se chiaramente svantaggiati. Se uno Stato membro deciderà di offrire un trattamento di favore ai propri cittadini in certi aspetti del vivere comune, potrà essere sanzionato. Se deciderà di aumentare l’occupazione pubblica a spese dello Stato per superare una crisi occupazionale (alla New Deal di Roosevelt) sarà sanzionato. La Banca Centrale Europea (BCE) ha il potere di imporre a tutti la stabilità dei prezzi a scapito della piena occupazione. E la BCE sarà arbitro assoluto e incontrastabile delle politiche monetarie, che non di rado significano per noi cittadini indebitati lacrime e sangue (mutui, tassi ecc.). Il Trattato non prevede alcun meccanismo per ridistribuire la ricchezza fra i cittadini ricchi e quelli in difficoltà all’interno dell’Unione; non prevede una politica comune in tema fiscale, salariale e sociale. Non prevede infatti alcun metodo per finanziare il già misero Capitolo Sociale del nuovo super Stato europeo, poiché fra le migliaia di articoli pensati con oculatezza, guarda caso manca proprio quello che armonizzi le politiche fiscali/monetarie/economiche con quelle sociali. Guarda caso.
Scorrendo queste righe, risulta chiarissimo il perché i bravi francesi e olandesi hanno bocciato queste stesse regole quando furono presentate nella Costituzione europea. Qui di sociale c’è poco più del nome. E il sociale è la rete di sicurezza nella mia e nella tua vita di tutti i giorni.
La Giustizia. I Diritti.
In questo settore, il Trattato adotta appieno la Carta dei Diritti Fondamentali, che diventa vincolante per tutti i cittadini del nuovo super Stato d’Europa (Art.6 TEU). Chi deciderà interpretando di volta in volta questi diritti con potere unico sarà la Corte di Giustizia Europea con sede nel Lussemburgo. Infatti, secondo le regole già spiegate in precedenza, anche qui le decisioni della Corte avranno potere sovranazionale e dunque saranno più forti di qualsiasi legge degli Stati membri. Esse poi avranno potere di condizionare ogni singola legge esistente nella UE. Ma chi impedirà alla Corte di interpretare un diritto odierno di un singolo Stato membro in senso più restrittivo? Vi do un esempio: in Svezia, una legge permette ai burocrati di Stato di fare ‘soffiate’ ai giornalisti, per cui il governo non può pretendere che il reporter sveli poi le fonti di uno scandalo pubblicato. Se la Corte decidesse che ciò è illegale, addio avanzatissima legge svedese. E vi ricordo che quando il collega tedesco Hans-Martin Tillack fu arrestato per aver denunciato lo scandalo Eurostat (fondi neri dell’agenzia di statistica della UE), la Corte di Giustizia Europea approvò l’arresto.
Ma chi nomina quei giudici? Nessuno dei cittadini europei, è la risposta. Li eleggono i governi, e questo li rende di fatto a loro soggetti. In altre parole, le sentenze sui nostri diritti fondamentali e sulle leggi che ci governano saranno nelle mani di magistrati del tutto fuori dal nostro controllo e secondo leggi, non lo si dimentichi, fatte da burocrati non eletti. Questo prevede il Trattato di Lisbona, all’apice di almeno duemila anni di giurisprudenza ‘moderna’. Inoltre, ciò che viene deliberato in seno alla Corte di Giustizia Europea avrà precedenza su quanto deliberato dalle nostre Corti Supreme, Cassazione, e da altre Alte Corti europee. Essa ha il potere persino di influenzare la tassazione indiretta (IVA, catasto, bolli ecc.).
Tutto questo è improprio, irrispettoso del diritto dei cittadini di decidere del proprio vivere, visto che siamo e ancora rimaniamo in teoria gli arbitri finali delle democrazie. Qui siamo completamente messi da parte, ingannati e manipolati, con rischi futuri colossali a dir poco. Ma il realismo di cittadino italiano mi impone di aggiungere un altro distinguo. In un Paese come il nostro dove la nostra inciviltà ha portato in Parlamento dei bifolchi subculturati e violenti come i seguaci di Bossi e altri, il fatto che in futuro gli articoli della Carta dei Diritti Fondamentali e del Trattato di Nizza (diritti di prima, seconda, terza e quarta generazione; dignità umana; minoranze; diritti umani; no pena di morte; diritti processuali ecc.) saranno vincolanti in Italia potrebbe essere la salvezza, nonostante i pericoli che ho delineato. E queste considerazioni mi portano a dire che la critica al Trattato di Lisbona fatta dalla prospettiva italiana è un affare ambiguo, poiché se è vero che quel Trattato potrà da una parte travolgere in negativo le nostre vite e drammaticamente il futuro dei nostri figli, è anche vero che certa barbarie e mediocrità a tutto campo degli italiani rendono impossibile capire dove sia la padella e dove la brace, ovvero se ci farà più male entrare nell’Europa di Lisbona o rimanere l’Italia sovrana di oggi. La risposta sarebbe né l’una né l’altra, certo, ma il rischio per noi italiani di combattere e vincere la battaglia contro l’inganno del Trattato, è poi di ritrovarci qui a soffocare nella melma italica senza neppure l’Europa a mitigarla. Questo va detto per onestà.
Conclusione.
Se ripercorrete i capitoli principali che vi ho esposto, non potrete non rendervi conto che come sempre i grandi giochi che regoleranno ogni futuro atto della vostra vita di cittadini si decidono altrove e in segreto, mentre nessuno nell’Italia che protesta contro il secondario berlusconismo vi aiuta a capire cosa e chi veramente aggredisce la democrazia, e chi veramente tira le fila della vostra esistenza. E’ scandaloso che si sia pensato agli Stati Uniti d’Europa come a un colosso di potere in mano a oscuri burocrati non eletti e massicciamente sbilanciati verso il business, con le briciole lasciate a quel fastidioso ‘intralcio’ che si chiama popolo. E il tutto di nascosto. Questa macchina va fermata e la parola va restituita a noi, i cittadini, attraverso i referendum, come accade in Irlanda. Il Trattato di Lisbona pone 500 milioni di esseri umani in bilico fra due possibilità: un dubbio progresso, o la probabile caduta in un abisso di dominio degli interessi di pochi privilegiati su un oceano di cittadini con sempre meno diritti essenziali. Sto parlando di te, di me, di noi persone.
Ma noi italiani attivi siamo giustamente impegnati a discutere di Tarantini, di Papi, di “farabutti” e di "psiconani". Giustamente.
Paolo Barnard
Fonte:www.paolobarnard.info
Iscriviti a:
Post (Atom)