lunedì 29 ottobre 2007

Il nostro caro Draghi , i nostri cari politici e la nostra povera Italia tradita

Mario Draghi ha fatto la scoperta: i salari italiani sono i più bassi d'Europa.
Applausi.
«Occorre che il reddito torni a crescere in modo stabile: una ripresa della crescita del consumo è fondamentale per il benessere».
Altri applausi.
Bankitalia dispone di un titanico ufficio-studi.
Quanto costa?
Non ho voglia di fare la ricerca, ma diciamo parecchie decine di milioni di euro.
Pagati non dalle banche private proprietarie di Bankitalia, ma da noi contribuenti, come usa.
Certo è che tutti quei milioni sono spesi bene: l'ufficio-studi ha scoperto che i salari sono bassi.
Un po' in ritardo, magari.
Persino il sottoscritto aveva spiegato da diversi anni («Schiavi delle banche») che, con l'apertura globale alla Cina dove i salari sono di 70 euro mensili, si erano messi in comunicazione due vasi retributivi.
E per la legge dei vasi comunicanti, il livello dei Paesi a salari alti andava pareggiandosi con quelli cinesi, mentre s'intende quelli cinesi si alzano per raggiungere il pari livello.
Ci metteranno parecchi decenni, tuttavia: e non è bello stare nel vaso dove i salari scendono per decenni, perché là i prezzi non scendono altrettanto rapidamente.
Miseria, decadenza e degrado sociale sono la conseguenza attesa.
Il modesto sottoscritto non rivendica alcuna primogenitura: ha semplicemente copiato un articolo di William Pfaff - non un economista, ma un giornalista molto bravo e colto - che almeno un anno prima avvertiva come la globalizzazione avesse restituito tutta la sua forza spietata alla «legge ferrea dei salari» di Ricardo.
Bastava smanettare su internet, e magari comprare un libretto: meno di 15 euro.
Ecco quanto si potrebbe risparmiare a chiudere il titanico ufficio-studi.



Draghi ha scoperto che il primo problema dell'Italia, causa dei bassi salari, è la bassa produttività.
Applausi vivissimi.
Siamo un popolo di ignoranti: gente che per istruzione è da terzo mondo non può avere a lungo stipendi da primo mondo.
Per di più, l'Italia è dedita a produzioni di bassa tecnologia, che fanno anche in Cina e Romania.
Anche questo era stato detto prima che ci arrivasse il titanico ufficio-studi.
Il titanico Draghi (2 milioni di euro annui, forse più: è un segreto di Stato) non è stato chiaro sui rimedi.
Fino a pochi giorni fa, per pagare i lavoratori alla fame non c'erano soldi.
Di colpo, i soldi ci sono?
Li stamperà lui?
Impossibile: l'Italia non ha più una moneta, ha adottato una valuta straniera chiamata euro, come l'Argentina adottò il dollaro (ed è finita come si sa).
I salari sono dimezzati dai prelievi fiscali e previdenziali più esosi del pianeta: ridurli?
La Francia già detassa gli straordinari.
Ne diamo informazione al titanico ufficio-studi, magari fra qualche anno consiglierà la stessa misura, piccola e insignificante, ma in ogni caso una misura.
Draghi ha scoperto che i consumi sono fermi: applaudite, o popolo.
Come intende porvi rimedio?
Visco ci dissangua per pagare la casta.
Mastella vuole soldi per le sue clientele.
Il Comune di Milano ci tartassa con le multe, e tutti gli altri usano trucchi da grassatori come i semafori a giallo istantaneo per derubarci.
Per fotterci i soldi, ne pensano una ogni giorno.
Non ci resta molto per i consumi.
E poi, anche se il potere d'acquisto aumentasse, gli italiani comprano e vogliono solo merci estere, da importare e pagare, telefonini, Ipod, auto coreane o BMW.
Ci avrà pensato il Titanico Ufficio-Studi?



Draghi ha messo in relazione i redditi salariali «compressi» con i «profitti finanziari» altissimi in questi ultimi anni.
Applausi.
Lo dica alle banche e ai malfattori suoi padroni.
Le banche hanno fatto profitti demenziali strangolando e distruggendo piccole imprese e artigiani, a cui hanno rifilato derivati-truffa perfino senza autorizzazione Bankitalia (caso Italease) con un ricatto: altrimenti non davano i fidi.
Le banche hanno devastato la povera economia italiana, invece di aiutarla.
Profumo e Geronzi e gli altri boys dovrebbero essere in galera, come i mascalzoni della Enron.
La Gabanelli se n'è accorta, e non pare che sia una economista.
Magari se ne accorgerà un giorno il titanico ufficio-studi strapieno di economisti a 400 mila euro annui?
Soprattutto: intimerà alle banche di restituire il malloppo, onde pagare i salari giusti ai lavoratori?
No, naturalmente.
La predica di Draghi finirà come tutte le altre: in nulla di fatto.
I salari ridicoli sono, e ridicoli resteranno.
Non è per il bene dei lavoratori che Draghi ha parlato.
Gli si attribuiscono due scopi.
Uno è l'appoggio alla strategia della Confindustria, già rivelata dall'autonomo aumento concesso da Fiat ai suoi operai: 30 euro, applausi.
Tutti i media confindustriali stanno ripetendo: ecco, è così che si fa.
I sindacati si limitino ad una contrattazione nazionale «moderata», chiedendo poniamo 50 euro anziché 100: il resto lo daranno i capitalisti, azienda per azienda, se i loro profitti lo consentiranno.
Ciò che si chiamava «gabbie salariali», o «aumenti di produttività».
Bestie nere della Trimurti sindacale, che vuole da sempre paghe sovietiche, uguali per tutti.



Ora i poteri forti hanno deciso di ridimensionare il potere del sindacato più intrusivo, trufolone e ideologico dell'universo.
E non hanno torto.
A che servono i sindacati italiani?
Ad avere le paghe più basse d'Europa.
Perché non si può chiedere troppo quando c'è la sedicente «sinistra» al Governo da aiutare, perché bisogna difendere Alitalia, o essere buoni con Tronchetti Provera o Della Valle, che sono «di sinistra».
O quando al governo c'è la sedicente destra, bisogna affossarla con scioperi a catena distruttivi, portare i piazza un milione di pensionati CGIL con cestino da viaggio e treno pagato.
Questo fanno i sindacati.
Per quanto?
Duemila miliardi di vecchie lire annue, tante ne estraggono dalle buste-paga dei lavoratori meno pagati d'Europa.
Ecco un'altra bella fonte di risparmio.
Un'altra burocrazia inadempiente la cui inutilità salta all'occhio: tanto vale, per i lavoratori, farsi rappresentare direttamente da Confindustria.



L'altra strategia di Draghi gliela attribuisce Oscar Giannino: con il suo discorso sui salari (dunque «di sinistra») il governatore Goldman Sachs s'è candidato a guidare il governo di tecnici cui sta pensando Napolitano (ecco lì altri risparmi possibili).
Pur di non andare ad elezioni che farebbero vincere (ohimè) il Silvio, Napolitano pensa a «un bis del governo Ciampi» del '93-94.
E starebbe valutando attentamente a quale «tecnico» affidare il governo-golpe.
Uno dei più quotati è Giuliano Amato.
Il che dice tutto: come mai Amato può militare e far politica, e non perde mai l'etichetta di «tecnico»?
Tecnico de che?
Della squadra e del compasso?
Della nota lobby del Katz?
Insomma, Draghi si sarebbe posizionato «a sinistra» o al centro-sinistra per farsi notare da Napolitano: se ti serve un tecnico, eccomi qua.
Ma questo è l'andazzo.
I politici che bene o male eleggiamo, non vogliono governare.
Non lo sanno fare.
Non gli interessa.
Vogliono far «politica», come la fa Mastella, stare attaccati ai loro venti telefonini.
E perciò subappaltano i governo a «tecnici».
Dopotutto, anche Prodi l'hanno messo là in quanto ha una perenne, inamovibile fama di «tecnico».
La vaga idea è che i tecnici sono neutri.
Che non essendo votati, possono fare cose impopolari.
E che sono pratici, ossia capaci.
Infatti si vede.
Il tecnico Ciampi ha svenduto l'Italia agli «investitori esteri».
Forse perché con una laurea in lettere, di economia capisce poco: si eseguono solo gli ordini che vengono dalla squadra e dal compasso globale.
E il tecnico Padoa Schioppa, che ne dite?
Di fronte alla predica di Draghi sui salari bassi, ha replicato: «I giovani devono imparare anzitutto a risparmiare».
Ha capito tutto, il Padoa Schioppa.
Un grande tecnico.
Non bisogna consumare di più, anzi bisogna risparmiare.
Specie i giovani, quei bamboccioni, con il lavoretto trimestrale a 900 euro al mese a Milano (altrove, 500 se va bene).
Eppure qualche ragione ce l'ha persino il Padoa.

Per esempio, si potrebbe risparmiare sui politici, deputati, senatori.
A che servono, visto che poi consegnano il governo ai tecnici?
C'è qualcuno di loro che abbia uno straccio di proposta complessiva per un Paese in rovina e in discesa?
C'è un progetto, un programma?
Se lo è chiesto AN.
Bisogna darne atto.
Fini si è chiesto: se cade Prodi e si va al voto (non s'illuda, c'è il costoso Napolitano che veglia), vinciamo.
E andiamo al governo.
Ma a fare che?
Non è una domanda sbagliata.
Ma di sicuro sarà sbagliata la risposta, e basta vedere chi ha messo sotto Fini a studiare nel comitato di pensiero sul programma: Gasparri, Larussa, lo stato maggiore del partito nullista, ex-male assoluto.
AN infatti significa «Ancora Niente».
Uscirà fuori la solita proposta: più sicurezza pubblica, le gente teme gli immigrati e le rapine, più polizia…
Di Pietro già ci sta.
Ma per il declino economico, nell'imminenza delle recessione globale innescata dagli USA sub-prime, che fare?
Spero che a Gasparri venga qualche idea.
Sarebbe una prima volta assoluta.
Inoltre, la questione («Al governo per fare che?») non preoccupa minimamente il Cavaliere, il capintesta.
Lui sta affrontando la politica come affronta il Milan: con la campagna-acquisti.
S'è comprato i tre o quattro crucchi della Volkspartei.
Dini ce l'ha già in tasca.
Con Mastella sta trattando.
Con Di Pietro forse anche.
Nonostante le compere all'ingrosso, Berlusconi, incapace, non riesce ancora a far cadere Prodi, il «tecnico» del durare, che è nelle poltrone che contano dal 1975.
Ma presto ci riuscirà.
Agli acquistati ha promesso (fra l'altro) seggi sicuri, con il sistema elettorale Calderoli, dove i seggi li assegnano i capi-bastone, e il popolo deve votare alla cieca.
E quelli ci stanno volentieri.
Perché altrimenti, quelli, chi li vota?



Sicchè il risultato sarà questo: il governo del Polo sarà come il governo dell'Ulivo, con gli stessi personaggi.
Vale la pena votare?
L'alternativa è o Mastella a sinistra, o Mastella a destra.
Ma se non votate voi, voteranno le casalinghe.
Quelle che stanno appiccicate a Canale 5, che vanno a ballare negli show di Mediaset, agghiacciante figure di una vecchiaia malvissuta.
Sono tante.
Presso di loro, lo smalto del Cavaliere non è ancora scrostato: credono ancora a lui, che le invita a Mediaset.
Forza Italia è il Partito delle Casalinghe Rincoglionite (PCR).
Vincerà.
Il programma, veramente, c'è già.
Lo hanno dettato gli italiani, votando massicciamente - in misura mai vista - per i referendum del 1992.
Hanno votato per il maggioritario, ed hanno avuto il Mattarellum, ossia un proporzionale pensato apposta per far vivere i partitini delle clientele e del ricatto.
Hanno votato per rendere la magistratura responsabile dei suoi errori e delle sue negligenze, che rovinano la vita a migliaia di innocenti.
Hanno votato per la separazione delle carriere.
Hanno la magistratura più politicizzata, ideologica, inadempiente e intrusiva del mondo.
E procuratori che diventano divi e possono, a loro piacimento, cambiare cappello e fare i giudicanti.
Gli italiani hanno votato per ridurre i poteri dei sindacati, facendo mancare loro il prelievo automatico dalle buste-paga.
Hanno il sindacato più intrusivo dell'universo, quello che vuole e ottiene di dire la sua su tutte le decisioni del governo, la famosa «concertazione».
Ecco cosa hanno: la Trimurti continua a prelevare dalle loro tasche, e in cambio ha «lottato» per dare loro i salari più bassi possibili.
Insomma, gli italiani sono stati traditi.
La loro sovranità, la volontà popolare chiaramente espressa nei modi dovuti, è stata spregiata e vilipesa.
E i colpevoli - questi traditori della sovranità, passibili di fucilazione alla schiena - sono ancora tutti lì.
C'è perfino Mattarella.
Perfino Oscar Luigi detto golpe.



Se Berlusconi proclamasse: il mio programma è attuare i referendum, come mi è stato indicato dal popolo italiano - ebbene, nonostante tutto lo rivoterei.
Invece dirà: digitale terrestre, ponte di Messina, Expo, grandi feste e cotillons.
E' per questo, dottor Draghi, che l'Italia non va avanti, non ha speranze, è poco produttiva.
E' questo il motivo profondo: che è stata tradita, e che continuano a comandare gli alti traditori.
Un popolo non può avanzare quando è comandato da chi «non deve» comandare.
Si demoralizza, nel senso letterale: perde moralità, dunque anche l'etica del lavoro, dello studio, dello sforzo.
Senza un traguardo visibile, risparmia energie, si ripiega, consuma meno, non ha voglia di fare.
Perché sta morendo.
Di alto tradimento si può morire, titanico Draghi.

Maurizio Blondet

lunedì 22 ottobre 2007

Chi è il vero terminator Schwarzzenegher o Cosimi?

Cosimi (sindaco di Livorno) batte Schwarzenegger 1 a 0. Infatti il Governatore della California ha respinto un progetto simile al rigassificatore off-shore di Livorno per motivi ambientali. Questo il testo:

Lo Stato della California ha deciso che il progetto proposto "Cabrillo Port" non soddisfaceva le sue aspettative molto severe per quanto riguarda la qualità dell'aria .


Il governatore della California Arnold Schwarzenegger ha respinto la domanda della società BHP Billiton (BHP) Australiana, al fine di costruire con $ 800 milioni di doll. il galleggiante terminale GNL al largo della costa meridionale della California. Il progetto del cosiddetto Cabrillo Port impianto GNL era stato precedentemente respinto dallo Commissione Stato e Terreni e la Commissione Costiera Californiana citando le agenzie di gestione delle zone costiere e di questioni riguardanti la qualità dell'aria . La società per l' energia Australiana avrebbe dovuto avere la necessaria autorizzazione da entrambi gli organismi e dal governatore per costruire il terminale.


L’ "LNG può e deve essere un importante aggiunta al portafoglio di energia della California," ha detto in una dichiarazione il governatore. "Tuttavia, qualsiasi importazione di un impianto GNL deve soddisfare i rigorosi standard ambientali della California richieste nella continuità per migliorare la nostra qualità dell'aria, proteggere la nostra costa e di preservare il nostro ambiente marino. Il progetto Cabrillo Port GNL , così come concepito, non riesce a far fronte a tale prova. Come proposto, Ne risulterebbe un vero e proprio impatto significativo sulla California e sulla qualità della vita marina. "


Il progetto BHP's Cabrillo era progettato per il posizionamento di un galleggiante di stoccaggio con un unità GNL di rigassificazione (FSRU) a circa 22 km al largo delle contee di Ventura e Los Angeles collegato alla riva da due condotte sottomarine. Il FSRU avrebbe ricevuto da due a tre navi cariche di GNL australiano ogni settimana e mantenuto la consegna di circa 800 milioni di ft3 di gas naturale al giorno a riva.


Nello svolgere la loro campagna contro la proposta, negli ultimi anni, i residenti, tra cui una serie di celebrità, hanno detto che sarebbe un un “pugno in un occhio” e un vero e proprio inquinante dell'aria.


Un portavoce BHP Billiton lunedì ha rifiutato di commentare quello che l'azienda potrebbe adottare in merito alla decisione di Schwarzenegger . "Per gli ultimi quattro anni, BHP Billiton ha lavorato in cooperazione con i funzionari statali e federali e le autorità di regolamentazione", ha detto. "Abbiamo progettato e ridisegnato il nostro progetto lungo il percorso per venire incontro alle preoccupazioni di regolamentazione e che i membri del pubblico espresso in centinaia di riunioni che si sono svolte in tutto lo stato dal 2003. Abbiamo ora bisogno di tempo per prendere in considerazione tutte le osservazioni formulate. "


Diversi progetti alternativi al terminale off-shore BHP GNL sono ancora in fase di considerazione per il sud della California. Uno di questi è il regime proposto dalla OceanWay Woodside che implicano l'uso di rigassificazione di GNL da navi che trasportano GNL Australiano con lo scarico di gas in mare aperto tramite l’ uso di boe sommerse e torrette situato a circa 32 km al largo da Los Angeles. Woodside prevede di completare tutte le varie richieste di permesso nel 2008.


Un'altra proposta presentata di recente è stata resa nota con il progetto che porta ad Esperanza un impianto con caratteristiche di un off-shore posizionato a 24 chilometri al largo Long Beach. Gli sviluppatori pensano di utilizzare un paio di rigassificatori HiLoad e attracco con strutture tipo TORP - Tecnologia e guinzaglio - per i fondali marini. I piani sono stati presentati al consiglio comunale, ma il processo formale domanda di permesso deve ancora iniziare. La Esperanza Port team è la loro commercializzazione del terminale off-shore GNL con "emissioni zero" dell’ impianto.

sabato 20 ottobre 2007

IL decreto"bulgaro" di Prodi

Questi hanno paura di noi!
http://www.disinformazione.it/decreto_bulgaro_prodi.htm
(usa il copia-incolla sull'indirizzo)

VOGLIONO CHIUDERCI LA BOCCA

La legge Levi_Prodi e la fine della Rete
http://www.beppegrillo.it/2007/10/la_legge_levipr.html#comments

(per leggere usare il copia-incolla sull'indirizzo)

venerdì 19 ottobre 2007

La malapolitica e i giudici coraggio di Ferdinando Imposimato dalla Voce della Campania

di Ferdinando Imposimato
http://www.lavocedellacampania.it/detteditoriale.asp?tipo=inchiesta2&id=71


Il magistrato autore delle prime inchieste sui mafiosi dei Palazzi punta l’indice contro i freschi emendamenti “anti intercettazioni” di ex colleghi ora parlamentari (Casson e D’Ambrosio). E contro quella Mala Politica che oggi cerca di delegittimare altri giudici-coraggio, come Clementina Forleo e Luigi De Magistris. Ecco il suo documentato e duro j’accuse.


Il Parlamento dovrebbe decidere sulla autorizzazione alla utilizzazione delle conversazioni telefoniche tra alcuni imputati e politici di maggioranza ed opposizione: é difficile che quegli stessi parlamentari, in grado di controllare molti voti, sia tra la maggioranza che nell’opposizione, possano dare il loro consenso all’uso delle telefonate, che invece, essendo per loro «irrilevanti penalmente», dovrebbe essere concesso senza problemi.

La dinamica dei fatti ricostruita dal giudice Clementina Forleo e dalle chiamate di correo dei protagonisti rei confessi - da Stefano Ricucci come da Gianpiero Fiorani e Antonio Fazio - e dalle intercettazioni telefoniche, conferma che la politica non ha espresso soltanto opinioni e incoraggiamenti, nelle scalate ad Antonveneta, a Bnl, al Corriere della Sera, al gruppo Riffeser. E’ stata protagonista attiva ed interessata. Con l’ambizione esplicita e dichiarata (parole del senatore Nicola Latorre) di «cambiare il volto del potere italiano».

Il 18 luglio 2005 i vari Consorte, Sacchetti e Cimbri formalizzavano il passaggio delle azioni di proprietà dei soci di Bnl, definiti contropattisti - Caltagirone, Ricucci, Coppola, Statuto, Lonati, Grazioli e Bonsignore - ai soggetti legati alla cordata Unipol; ed in tal modo provocavano una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl. Le conversazioni intercettate tra alcuni parlamentari dimostrano la complicità istituzionale di soggetti che conoscevano la portata ed il senso degli accadimenti che avevano portato alla alterazione del prezzo dell’azione Bnl, con danno dei risparmiatori. Alla richiesta di La Torre su come stavano le cose, Consorte riferiva che «é ormai certo che i contropattisti venderanno le loro azioni e che non sarà Unipol a comprare direttamente, ma terzi per suo conto». La Torre é d’accordo, segnalando che «ove occorresse, l’onorevole D’Alema potrebbe fare una chiamata a Gaetano Caltagirone». La Torre: «Ma che deve fare una telefonata Massimo all’ingegnere?». E Consorte di rimando «E’ meglio che Massimo fa una telefonata».

Nei 16 interrogatori Fiorani rivelò la sua rete precisando i pagamenti in contanti ai parlamentari di Forza Italia per creare una lobby in Parlamento a favore dell’ex governatore Antonio Fazio, e chiariva che l’idea della scalata all’Antonveneta da parte della Popolare di Lodi nacque nell’estate del 2004, con il via libera dell’allora premier Silvio Berlusconi e dell’ex governatore Fazio, durante un incontro a Villa Certosa in Sardegna, villa dei meeting in passato con altri potenti finanzieri poi caduti in disgrazia. In quella occasione, il presidente del Consiglio gli disse: «per me va bene se va bene per Fazio»

I parlamentari intercettati fornivano i loro supporti istituzionali in totale spregio della Costituzione, secondo cui (articolo 47) «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del diritto». Anziché tutelare il risparmio, i rappresentanti del popolo agivano in palese violazione delle regole poste a presidio dei piccoli azionisti e dei medi e piccoli risparmiatori, traditi proprio da chi, per Costituzione, quelle regole era chiamato a presidiare. I leader politici non si sono limitati ad attendere l’esito di una contesa di mercato. Sono intervenuti, con il peso del loro ruolo e responsabilità pubbliche, a vantaggio dei protetti. Berlusconi indica a Stefano Ricucci il partner industriale per l’assalto a via Solferino e scrutina i possibili mediatori. D’Alema consiglia a Consorte (Unipol) l’acquisto di pacchetti azionari e si dice pronto a parlare con Vito Bonsignore, mentre Piero Fassino e Pierluigi Bersani (come ha riferito ai pubblici ministeri Fazio) incontrano il governatore per «spingere» una fusione Unipol-Monte dei Paschi-Bnl.

Quel che se ne ricava è la ragionevole certezza che la politica abbia giocato in proprio la partita, per di più cercando di influenzare uno degli arbitri, Fazio, proteggendolo.

Ma le intercettazioni con i baci in fronte a Fiorani ci hanno liberato da Fazio. Chiunque comprende che non può essere questo il primato della politica. La politica legifera. Seleziona opzioni. Sceglie regole che possano modernizzare il Paese e renderlo capace di affrontare le sfide del futuro. A destra come sinistra sembrano, al contrario, non voler prendere atto che una politica che, nello stesso tempo, gioca, fa l’arbitro e legifera è una cattiva politica. Che scredita se stessa. E’ un colossale ed insopportabile conflitto di interessi, con gli stessi ruoli tra controllori e controllati.

Già in occasione della pubblicazione delle testimonianze di Stefano Ricucci, si ebbe la sensazione che, quasi a freddo, il ceto politico volesse rilanciare il conflitto fra sè e l’ordine giudiziario, la contrapposizione fra sè e informazione per aumentare l’allarme, sollevare polvere, star lontano dal nocciolo più autentico della questione: la corruzione trasversale e consociativa. Da questo punto di vista, se non fosse esistita, Clementina Forleo l’avrebbe dovuta creare la politica che dissente.

Ma con o senza la Forleo, non è agevole eliminare dal tavolo la questione morale. Quell’intrigo, che vede protagonisti intorno allo stesso tavolo Berlusconi e Romano Prodi, Massimo D’Alema e Gianni Letta con un poco nobile corteo di banchieri, arbitri faziosi, avventurieri della finanza, astuti nuovi imprenditori, dimostra ancora oggi la distanza tra i propositi dichiarati e i comportamenti reali; la separazione tra gli accordi in corridoio e i contrasti in pubblico. Da due anni si attende una parola trasparente e critica su quel pasticcio, un’assunzione di responsabilità, un impegno pubblico. Occorrerebbe una bella e piena confessione da parte dei responsabili. Chi può, in buona fede, giudicarla roba vecchia? E’ una questione attualissima, qualsiasi cosa decida di fare il Parlamento.

Appare dunque ingiustificato il ritornello che con Prodi, D’Alema, Fassino, anche Luciano Violante ripete: è roba vecchia, già nota e digerita. Nota sì, ma mai digerita: è utile ricordare che cosa è accaduto per scongiurare il rischio che si finisca di parlare soltanto di codici.

Una cosa va detta subito. La intricata vicenda di cui si occupa il giudice Clementina Forleo non riguarda solo alcuni illustri politici e palazzinari parvenu, ma milioni di cittadini ed extracomunitari in carne ed ossa, vittime delle nuove forme di corruzione, di “tangenti mascherate” da operazioni bancarie apparentemente lecite. Colpiti da colossali imbrogli sono gli ignari ed indifesi risparmiatori: milioni di lavoratori, pensionati, casalinghe che riversano nelle banche i pochi risparmi di una vita sperando di poterne fruire nel momento del bisogno; mentre criminali in colletti bianchi, politici e governanti, corrotti e senza pietà, provvedono a depredare i poveretti, facendolo in modo apparentemente legale. La grande rapina avviene in modo scientifico ed occulto: i cittadini si accorgono solo quando é troppo tardi che i loro magri risparmi si sono letteralmente eclissati, dileguati, volatilizzati, per rimpolpare i ricchi ed inaccessibili forzieri di politici senza scrupoli. Per questi crimini occorrerebbe la cacciata dei politici dal parlamento al primo indizio di colpevolezza, senza attendere la sentenza passata in giudicato. Ma rinfreschiamo la memoria per capire cosa é successo finora. Il giudice Forleo ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare intercettazioni telefoniche tra alcuni imputati di gravi delitti e potenti politici di maggioranza ed opposizione che insieme agivano in modo illecito per scalate sicuramente illegittime. E si sostiene da parte dei politici che queste telefonate non sono utilizzabili perché penalmente irrilevanti; non solo: il giudice Forleo avrebbe commesso degli abusi ai danni dei politici scrivendo cose offensive e non pertinenti. E’ una storia, quella dei lamenti dei politici colti con le mani nel sacco, che si ripete da molti anni.

Questa storia mi ricorda un episodio verificatosi ai primi anni settanta. Venuto a Roma, misi sotto controllo, su richiesta dell’allora colonnello Carlo Alberto Dalla Chiesa, da Palermo, i telefoni di alcuni mafiosi come Gaetano Badalamenti e Frank Coppola, due padrini di Cosa Nostra mandati da politici corrotti al soggiorno obbligato a Roma; i mafiosi, per meglio gestire il traffico internazionale di eroina e cocaina, servendosi di una rete di macellerie appositamente aperte nella capitale, avevano avviato nel Lazio una serie di attività illecite: traffico di droga, riciclaggio del denaro sporco, corruzione di esponenti politici e potenti magistrati al vertice di importanti uffici giudiziari. Con l’incoscienza ed il coraggio che forse oggi non avrei, cominciai a raccogliere prove di gravi delitti sia nel campo della droga, sia nella speculazione edilizia sul litorale laziale, sia nella corruzione alla Regione Lazio, in cui Badalamenti ed il suo parente Natale Rimi riuscirono a fare entrare un paio di mafiosi.

Scoppiò uno scandalo enorme: io ed il pm Enrico Di Nicola, oggi a Bologna, andammo avanti senza riguardi per nessuno. Le prove erano nelle accuse di alcuni mafiosi ed in una serie di telefonate tra i mafiosi ed i politici democristiani che chiamavano e venivano chiamati, con mio sommo stupore, per scambi di favori: voti, denaro, licenze, concessioni, etc. Nello scandalo venne coinvolto anche il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma, Carmelo Spagnuolo, che parlava con Frank Coppola, informandolo delle “comunicazioni” in corso disposte dai magistrati, come qualche potente politico ha fatto di recente parlando con Giovanni Consorte.

Inviai un avviso di garanzia per favoreggiamento personale al Procuratore Generale su richiesta del pm di Di Nicola. Apriti cielo! Uno scandalo senza fine. La Commissione Antimafia aprì un’ inchiesta interrogando mafiosi, politici e magistrati; il partito comunista reagì con forza: volle sapere tutto sulle telefonate, su un magistrato, consulente dell’antimafia legato a Frank Coppola, cacciato via, sul Procuratore Generale Spagnuolo, piduista, che poi venne espulso dalla magistratura. Ed i politici democristiani dovettero subire questa ignominia per avere avuto conversazioni frequenti con i mafiosi: allora non esisteva ancora il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso introdotto da Pio La Torre. I due giovani magistrati Imposimato e Di Nicola furono protetti da una difesa insuperabile: la Costituzione Repubblicana, garante della indipendenza dei magistrati e della loro inamovibilità.

Anche allora noi non avevamo preso di mira i politici, ma i mafiosi, che parlavano con i politici, come i nuovi criminali oggi, intercettati dai vari Forleo e De Magistris, parlano con politici e governanti. E che colpa ne hanno i giudici? Dovrebbero forse interrompere i colloqui appena sentono fare il nome di un D’Alema o di un Berlusconi?

Nella vicenda del giudice Forleo le cose sono cambiate, in peggio rispetto al 1970. C’é sempre una magistratura indipendente e coraggiosa; ma non esiste una opposizione che denuncia le malefatte della maggioranza e difende lo stato di diritto: c’è invece un’alleanza consociativa che vede le due fazioni antagoniste fare scalate insieme in violazione della legge ed in danno di milioni di risparmiatori, che non hanno voce, non hanno stampa, radio e tivvù. E non possono difendersi come vorrebbero; in loro difesa scende Beppe Grillo, coraggioso e efficace, ma troppo solo. E lo si accusa di antipolitica mentre vuole una politica pulita, in grado di rinnovarsi.

Nelle inchieste della Forleo mancano i classici reati di corruzione che venivano commessi con la consegna di mazzette. Oggi i ladri di Stato si sono attrezzati meglio: rubano con la copertura o nell’assenza delle leggi e di coloro che dovrebbero controllare, che poi sono complici di quelli che rubano e rapinano. La nuova corruzione ha assunto forme più sofisticate e pericolose. A dominare la scena sono delitti dai nomi strani ma reali e devastanti: l’insider trading e l’aggiotaggio. Il primo consiste nell’abuso d’informazioni privilegiate, da parte di chi ne dispone quale azionista o controllore, per operazioni speculative. Ad esempio il governatore Bankitalia sa che le azioni della Bnl subiranno un calo e informa i suoi amici azionisti: prima vengono gonfiate con operazioni fraudolente e poi vendute a poveri risparmiatori ignari che comprano beni di valore apparentemente in crescita destinati invece alla svalutazione. O, per fare altri esempi, il presidente o il vicepresidente del Consiglio, informati per ragioni del loro mestiere che le azioni saliranno di valore, le acquistano o, quasi sempre, le fanno acquistare da amici e prestanomi per operazioni speculative, sempre in danno di risparmiatori che non dispongono delle stesse informazioni. L’aggiotaggio consiste nel diffondere notizie false o tendenziose per alterare il prezzo di azioni o obbligazioni facendolo abbassare o aumentare secondo la propria convenienza o quella di amici interessati a vendere o a comprare; i famosi “capitani coraggiosi” che si é scoperto essere grandi truffatori e tangentisti.

Le tangenti, come sempre, si mimetizzano da anni dietro la parola magica “consulenze”; sicché esperti del nulla, ignoranti paurosi, percepiscono anche 54 milioni di euro (110 miliardi di vecchie lire) per consulenze che non esistono. Basta leggere ciò che accadde per il gigantesco affare Telecom che incendiò il mondo finanziario del 2001. Per l’operazione che portò Marco Tronchetti Provera con la Pirelli ad acquistare l’azienda leader, la Hopa di Emilio Gnutti pagò consulenze d’oro. Nella documentazione che accompagnò la richiesta, da parte della Procura di Milano, di documenti bancari al Procuratore di Montecarlo, c’é la conferma che a Giovanni Consorte e a Ivano Sacchetti, ex amministratore delegato di Unipol e suo vice, la Hopa di Gnutti girò circa 54 milioni di euro tra il 2001 ed il 2005. Disse Gnutti al magistrato: «Consorte mi presentava il conto, nel senso che chiedeva operazioni con le quali guadagnare a latere». Ai due andarono, in quella solo occasione, cinque milioni di euro «dopo la definizione della trattativa con Tronchetti Provera». Gnutti però confessò che se i due non gli avessero chiesto soldi direttamente, non ufficialmente, ma «mentre scendevo le scale al termine di una riunione», lui non glieli avrebbe certo dati.

Domanda: ma se erano consulenze, perché chiedere dieci miliardi in questo modo subdolo e occulto? O si pensa che siamo tutti cretini e non capiamo che si trattava di tangenti, qualificabili come delitti di concussione? E chi c’era dietro Consorte e Sacchetti se non un politico che aveva guidato e appoggiato tutta l’operazione? Che poi si risolse in un’altra truffa agli azionisti, tra cui Beppe Grillo?


DALLA LUPARA AL DILEGGIO

Un tempo delitti di minore gravità portarono in carcere decine di persone per fatti molto meno gravi e anche per poche lire: dieci miliardi invece non sono stati sufficienti a giustificare la galera. Gli stessi consulenti del nulla possono realizzare guadagni indebiti - le famose plusvalenze - stravolgendo le regole del mercato. Vittime di questo commercio sono sempre gli ignari risparmiatori che vedono vanificati i risparmi di una vita. Ora, i politici sorpresi con le mani nella marmellata come sospetti sostenitori di scalate illecite si dicono «sdegnati»; ricorrono al lessico tipico dei ladri della passata prima repubblica: monnezza, spazzatura. A quei ladri della Prima Repubblica non portò bene tale difesa. Essi, oggi, hanno il vantaggio di una stampa servile e di una televisione silente e vile. Essi rivolgono al giudice Forleo le accuse più ignobili, dopo aver cercato di blandirla in molti modi. E poiché il giudice non ha ceduto, si é fatto ricorso all’aggressione mediatica. Un metodo che usava spesso Frank Coppola: dapprima cercava di corrompere giudici e politici; e i resistenti venivano colpiti con la lupara. Oggi la lupara é sostituita dal dileggio a mezzo stampa.

E in questa opera, agiscono anche ex giudici prestigiosi di Mani pulite come Gerardo D’Ambrosio e Felice Casson passati al servizio dei governanti, nella speranza di «un sorriso benigno e promettente» e di qualche riconferma. E si dice che il metodo usato é stato illecito; e che le telefonate fatte dai vari politici ai protagonisti delle scalate illecite, cioé dei delitti, sono «penalmente irrilevanti». I vari Consorte, Sacchetti e Cimbri erano raggiunti da gravi indizi di colpevolezza per avere compiuto aggiotaggio manipolativo ed informativo: che significa? Semplice: d’accordo con Gianpiero Fiorani e Gianfranco Boni, avevano acquistato le azioni dei contropattisti Francesco Gaetano Caltagirone, Vito Bonsignore, Stefano Ricucci, e Danilo Coppola, Statuto, Lonati e Grazioli, e ponevano in essere una serie di azioni idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni ordinarie Bnl.

Qui bisognerebbe soffermarsi su ognuno di questi signori, per capire quale é stato l’ambiente del delitto. Se si leggono le ordinanze della Forleo, si capisce che le prove delle accuse contro gli scalatori non sono solo le intercettazioni, ma una serie di operazioni illecite, documenti bancari, confessioni di alcuni dei protagonisti di questa storia, chiamate di correo e, infine, le telefonate tra i politici e gli indiziati dei delitti. Le quali non calano dall’alto dei cieli come cavoli a merenda, ma si inseriscono logicamente in un contesto molto chiaro e preciso.

L'INTERESSE DEI CONFLITTI

I politici, il vertice della Banca d’Italia, i governanti, legati in un intreccio di relazioni affaristiche, anziché agire come arbitri imparziali delle leggi, versano in palese conflitto d’interessi: nel varare leggi o provvedimenti governativi, agiscono per favorire se stessi o amici cari o riciclatori di denaro sporco, come é nel caso delle scalate Unipol. Ed è questo il punto: ciò accade a causa dell’assenza di regole certe nella miriade di conflitti d’interessi. Che nessuno ha “interesse” a fare, per evitare che esse siano applicate dai giudici.

In soccorso dei predatori è intervenuta la depenalizzazione, nel 1990, dell’interesse privato in atti di ufficio (ex articolo 324 del codice di procedura penale): ciò ha favorito vecchie e nuove forme di corruzione. E’ stato come se uno avesse depenalizzato il delitto di rapina o di corruzione. Ed ormai dilagano i conflitti di molti protagonisti di questa commedia degli inganni: la situazione “legale” in cui viene a trovarsi un governante, un amministratore, un banchiere, un politico o un giudice, che anziché fare l’interesse dei cittadini nella sua attività istituzionale, cura l’interesse privato suo o di amici e prestanomi. Esso viola l’articolo 97 della Costituzione che impone alla pubblica amministrazione i principi di buon andamento e imparzialità. Viola anche codici deontologici. Ma non il codice penale. Il conflitto di interessi é il principale strumento di corruzione ed il motivo ispiratore di molte leggi. Un cancro che affligge la politica e le istituzioni pubbliche e private da decenni. E non si riesce a debellare. Perché chi dovrebbe debellarlo non ha interesse a farlo. La legislazione varata in questi anni dal centro destra va nella direzione opposta. Ma anche il centrosinistra non ha fatto nulla per risolverlo. Versa in situazione di conflitto anche la cooperazione la cui funzione sociale dovrebbe essere svolta «con carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata» (articolo 45 della Costituzione). Al contrario di quello che è accaduto con l’Unipol e la sua scalata.

Quasi sotto silenzio passò una notizia del Sole 24 Ore ripresa dal Corsera del 31 dicembre 2005 sul probabile riciclaggio di capitali mafiosi nelle scalate bancarie. Si leggeva che nel giro di persone di Danilo Coppola, che la Guardia di Finanza ritiene popolato di prestanomi, spicca Roberto Repaci, presidente dell’ordine dei commercialisti di Palmi. Il fatto apparve significativo perché il nome di Repaci era apparso in più di una indagine. Era stato indicato come commercialista del clan Piromalli. Coppola venne arrestato per riciclaggio. Secondo le Fiamme gialle, uno degli immobiliaristi più ricchi d’Italia, con una ragnatela di società in tutto il mondo, coinvolto come “concertista” nell’operazione Antonveneta, titolare di azioni Bnl poi cedute ad Unipol in vista della scalata alla banca romana, avrebbe utilizzato come consulente uno dei personaggi responsabili di riciclaggio del denaro proveniente dal clan calabrese dei Piromalli. A questi l’immobiliarista avrebbe lasciato il compito di gestire il contatto con gli istituti di credito per le scalate. Un altro “consulente” dell’immobiliarista avrebbe compiuto un’ennesima operazione di investimento “in concerto” con un prestanome del cassiere della Banda della Magliana. Cioè con Cosa Nostra. E gli scalatori non sapevano niente di tutto questo?


LA COLPA? E' DI CHI INDAGA

Anziché essere grata ai giudici Forleo e De Magistris, la classe dirigente di maggioranza e opposizione, che ormai da trenta anni opprime il paese, persegue lo stesso obiettivo strategico: colpire la magistratura a suon di delegittimazione, contro toghe colpevoli di avere messo il coltello nella piaga purulenta della nuova corruzione che tocca i vertici del centro sinistra e della destra. Ma in questo caso l’azione di delegittimazione é più difficile: non si può gridare più alle toghe rosse o nere, stante la trasversalità dei fatti corruttivi. I magistrati hanno applicato rigorosamente la legge e il principio cardine che «la legge é uguale per tutti». Comunque, anche stavolta siamo in presenza di un clamoroso caso di conflitto: coloro che hanno partecipato alle scalate dovrebbero votare sulla rilevanza penale della conversazioni. Cioè su se stessi: lo faranno? Per ora cercano di condizionare il parlamento con memorie risibili firmate anche da un legale che aveva denunciato proprio quelle scalate: Guido Rossi. Altro conflitto di interessi: può il denunciante diventare difensore del denunciato? Non lo so, ma resto perplesso!

Non é più tollerabile l’attacco alla magistratura, in persona di Clementina Forleo e di Luigi De Magistris, che hanno avuto il merito di applicare il principio che la legge é e resta eguale per tutti, con ordinanze che la Costituzione vuole motivate; supplendo alla inerzia del pm, così come vuole il codice di procedura penale. Si vorrebbe criminalizzare la Forleo con accuse prive di fondamento: quella che non avrebbe potuto e dovuto sostituirsi allo stesso pm nel formulare l’accusa. La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che il Giudice per le Indagini Preliminari ha non solo il potere ma il dovere di controllare il Pubblico Ministero nel corretto esercizio dell’azione penale. Può accadere, ed accade più spesso di quanto non si possa immaginare, che il pm non eserciti l’azione penale o la eserciti in maniera incompleta anche in presenza di prove o indizi gravi precisi e concordanti, quali quelli indicati nelle ordinanze della Forleo. Se un politico corrotto non viene incriminato dal pm, é il gip che deve obbligarlo a farlo.

Le aziende sarde

Leggo su www.centrofondi.it la drammatica situazione di 5000 aziende agricole sarde che stanno per essere vendute all'asta a causa dell'aumento dei tassi della BCE.
Questi gli articoli
www.soccorsocontadino.eu/sardegna/com.stampa_30.9.07.htm
www.centrofondi.it/articoli/Nello_sardegna.htm

giovedì 18 ottobre 2007

Dalla "Stampa" su Clementina Forleo

Busta con proiettili al gip
milanese che va all’attacco.
Un’altra minaccia è giunta
al pm calabrese De Magistris


Lei, come al solito, al telefono se la ride: «No, non ho paura di morire». Ma si capisce che questa volta i nervi sono a fior di pelle e il tono scherzoso serve per mascherare la rabbia più che la preoccupazione. Perché minacce Clementina Forleo sono anni che ne riceve, ma quella arrivata ieri pomeriggio sul tavolo della sua scrivania, così come su quella del pm di Catanzaro Luigi De Magistris, ha un aspetto più cupo, un’aria più losca. E arriva soprattutto in un momento difficile per i suoi destinatari.

Una busta gialla spedita da Bologna con un messaggio inequivocabile: un proiettile calibro 38 e un avvertimento: «Nemici della libertà, la prossima sarà reale». Anche una firma: un’imitazione, «fatta male», di una stella cinque punte delle Brigate Rosse. Curioso che l’identico messaggio arrivi ai protagonisti delle polemiche che negli ultimi mesi, seppure per questioni diverse, hanno punteggiato il sempre difficile rapporto tra politica e magistratura. Come se l’esplosiva puntata di due settimane fa alla trasmissione "Annozero" di Michele Santoro, li avesse accumunati non solo nelle critiche ma anche nella sorte minacciosa. Casi difficili quelli della Forleo e di De Magistris: due tipi poco etichettabili, per niente controllabili (da ogni punto di vista), abbastanza amati dalla gente e dunque fastidiosi anche all’interno della stessa magistratura che su di loro si è spaccata, arrivando anche a scontri personali.

E’ per questo che ieri sera il giudice Forleo, nonostante gli attestati di solidarietà che le sono piovuti da ogni dove per le minacce ricevute, da quelli pubblici delle più alte cariche dello Stato, Massimo D’Alema compreso, alle e-mail di amici e colleghi che pure non erano stati teneri con lei, a un certo punto ha rilasciato alle agenzie una dichiarazione di quattro righe, sferzante come una scudisciata: «Respingo al mittente la solidarietà di taluni soggetti indirettamente responsabili del mio isolamento e di quel che mi sta accadendo». Panico tra le istituzioni e i politici: a chi mai si sta riferendo "terremoto" Forleo? In realtà non ai soggetti delle sue più recenti polemiche ma ai suoi stessi colleghi, scegliendo di utilizzare volutamente l’espressione «isolamento» che non può che riferirsi al proprio ambiente. Ed è ciò che un magistrato teme di più: la delegittimazione interna, ben più grave ed insidiosa dello scontro con i politici.

Il proiettile che ieri le è stato recapitato sembra dunque voler approfittare di questa situazione di debolezza oggettiva, innescandosi come una bomba nel clima non certo sereno che circonda i due magistrati. Un’operazione che ha il sapore del solito servizio «deviato» interessato ad acuire le tensioni con un giochetto già collaudato e abbastanza puerile. Se non fosse che ogni tanto con questi giochetti qualcuno ci lascia la pelle. Non ha paura Clementina Forleo ma certo non dimentica. Nemmeno le telefonate e le lettere minatorie ricevute l’anno scorso, quando era il gip dell’inchiesta Antonveneta, in un crescendo di avvertimenti che colpirono anche i suoi genitori (con telefonate notturne quotidiane), morti poi in un incidente automobilistico in Puglia nel quale il suo attuale marito si salvò per miracolo. Un mese prima di quella tragedia le arrivarono lettere in cui si annunciava proprio la morte dei suoi parenti. Circostanza che lo stesso giudice di Bari ha preso seriamente in considerazione chiedendo che il pm incaricato delle indagini acquisisse almeno i tabulati di quelle telefonate.

Forleo e De Magistris

Ho appena letto in un comunicato ANSA di proiettili spediti per posta ai magistrati Forleo e De Magistris con relative minacce. Questo mi ha fatto venire in mente un'altro episodio letto sul libro "Corruzione ad Alta Velocità" di E. Imposimato G. Pisauro S.Provvisionato. Ve lo trascrivo.

Buona lettura.

Il 25 novembre 1996, al termine di un’inchiesta serrata che si basa anche su una perizia contabile di ben 13mila pagine svolta dal prof. Renato Castaldo, la Procura di Roma chiede il rinvio a giudizio per il reato di abuso d’ufficio dell’ex presidente dell’Iri Romano Prodi – nel frattempo diventato Presidente del Consiglio – e di altri cinque componenti del consiglio di amministrazione dell’ente: Mario Draghi, Paolo Ferro Luzzi, Giuseppe Glisenti, Antonio Patroni Griffi e Roberto Poli. Richiesta di rinvio a giudizio anche per Carlo Saverio Lamiranda, in quanto legale rappresentante della Fisvi.Le accuse del pm Geremia sono molto circostanziate: Prodi e gli altri membri del Consiglio di Amministrazione dell’Iri avevano intenzionalmente avvantaggiato la Fisvi di Lamiranda. Prodi, in particolare, fin dal 1990 aveva rivestito la carica di advisory director della Unilever Nv (Rotterdam) e della Unilever Pic (Londra), gruppo che secondo le indagini aveva gestito la trattativa attraverso la Fisvi. Stando all’accusa, Prodi aveva consentito alla Fisvi di acquistare la Cirio-Bertolli-De Rica (da qui in poi CDB, ndr) senza che la stessa avesse i mezzi per realizzare l’operazione. Lo scopo era quello di far avere alla Unilever il ramo olio (Bertolli) dell’azienda per 253 miliardi.Così facendo Prodi aveva permesso che venisse a conclusione un’operazione molto complicata: la Unilever, di cui lo stesso era advisory director, poteva accaparrarsi il ramo olio, settore strategico del gruppo, senza sopportare gli obblighi di natura finanziaria derivanti dalla stipula del contratto di acquisto direttamente dall’Iri. Lo stesso Prodi, in questo modo, evitava il conflitto di interessi. Inoltre l’Iri aveva venduto la CBD violando le direttive del Cipe che prescrivevano il conseguimento del miglior prezzo.Ma non è finita. L’Iri, così facendo, aveva ripetutamente consentito la modifica delle condizioni dello schema di contratto in modo del tutto favorevole all’acquirente senza alcun vantaggio, anzi con danno, per l’Iri. La cessione delle azioni della CBD era inoltre avvenuta sulla base della valutazione di una società, la Parifin, che non aveva valutato la reale consistenza patrimoniale della Fisvi e la sua capacità di reddito, fidandosi soltanto dei dati di bilancio.Come se non bastasse, Prodi e i suoi amministratori in seno all’Iri, anziché valutare la possibilità di vendere separatamente i comparti alimentari della CBD, li cedevano tutti alla Fisvi. E questo anche se la Fisvi non solo non aveva indicato i mezzi finanziari per far fronte al pagamento del pacchetto azionario, ma era riuscita ad ottenere perfino una modifica delle condizioni contrattuali. Il lavoro investigativo della dott.ssa Geremia non si svolge con serenità. L’inchiesta Iri-CBD è appena cominciata e quella del consulente Castaldo è in corso, ed ecco che il Pubblico Ministero comincia a subire una serie di atti intimidatori: insulti telefonici, telefonate silenziose, avvertimenti, minacce.Siamo nell’ottobre-novembre 1996. E’ la prima volta che in un processo per corruzione arrivano intimidazioni così pesanti. Geremia non si scoraggia e va avanti. Nessuno fino a quel momento sa di quelle minacce che raggiungono la giovane inquirente anche a casa, nella sua abitazione romana, dove vive con l’anziana madre.E’ in quello stesso periodo che la Geremia dissotterra un altro cadavere giudiziario: il processo sull’Alta velocità con dentro l’affare Nomisma, che - secondo i pm di La Spezia e di Perugia – era stato insabbiato nella capitale da Giorgio Castellucci.Le minacce e gli insulti si intensificano. L’origine è ignota, ma il movente sembra celarsi in quell’inchiesta scottante sulla vendita della CBD. La Geremia comincia a preoccuparsi. A distanza di anni, ad Imposimato ha confidato: "La cosa strana è che il numero del mio telefono di casa era riservato e solo poche persone lo conoscevano. Come abbiano fatto a trovarlo per me resta un mistero". La Geremia decide allora di denunciare la tortura psicologica cui è sottoposta, ormai a ritmi incessanti, al commissariato di polizia presso la Procura di Roma, a piazzale Clodio. Lo fa il 7 novembre 1996, 18 giorni prima di chiudere l’inchiesta Iri-CBD. Informa anche dell’accaduto il procuratore capo di Roma, Michele Coiro che quel processo tanto delicato le aveva affidato.Nel frattempo una tempesta si sta addensando proprio sulla testa di Coiro. Il CSM lo accusa di avere rapporti di frequentazione con il capo dei Gip Renato Squillante, arrestato per corruzione. […] Sta di fatto che pochi giorni dopo aver raccolto lo sfogo della Geremia, Coiro è costretto a lasciare la Procura di Roma per assumere la guida della direzione generale degli uffici di detenzione e pena del ministero della Giustizia, refugium peccatorum dei magistrati in disgrazia. […] "Michele Coiro era un magistrato di valore e un grande amico – ha spiegato la Geremia ad Imposimato – la sua morte è stata un duro colpo per me. Mi ha sempre lasciato piena libertà nell’inchiesta sulla Cirio. Non glielo hanno perdonato. Lo hanno costretto a lasciare la procura di Roma sette mesi prima di andare in pensione".Nonostante i segnali si facciano sempre più evidenti, Geremia continua nella sua indagine che di giorno in giorno si arricchisce di nuovi tasselli. La sua percezione è ormai quella di avere toccato interessi forti, di quel governo invisibile che agisce con tutti i mezzi pur di raggiungere i suoi obiettivi.Il 25 novembre 1996 un uragano si abbatte sul Palazzo di Giustizia di Roma. Come abbiamo visto Geremia chiede il rinvio a giudizio di Prodi & company per l’affare Cirio. Anche il procuratore aggiunto Giuseppe Volpari, che con le funzioni di reggente sostituisce Coiro, appone la sua firma in calce al provvedimento.All’udienza preliminare del 15 gennaio 1997 il Gip Eduardo Landi decide di non decidere e rinvia la richiesta della Geremia all’udienza del 28 febbraio. E intanto la Geremia continua a ricevere minacce. Una sera, rincasando, nella cassetta della posta trova una busta contenente una sua fotografia, ritagliata da un giornale, e un coltellino. Questa volta il segnale è ancora più serio. Inequivocabile. I misteriosi personaggi che la perseguitano sembrano decisi a tutto. Informa dell’accaduto il responsabile della Procura di Roma. Denuncia l’episodio al commissariato Vescovio. L’Italia sta per entrare in Europa. Man mano che l’inchiesta Iri-Cirio si avvia al suo luogo naturale, il processo, i pericoli per lei aumentano.Il giudice Eduardo Landi, nell’udienza preliminare del 28 febbraio, decide che la perizia Castaldo non è sufficiente. Affida quindi ad un collegio di cinque esperti tutta una serie di quesiti legati alle accuse formulate dalla Geremia. A Milano, in casi del genere, non sono mai state disposte perizie. Tra l’altro Landi chiede ai periti una valutazione sul prezzo del gruppo agroalimentare Cirio-Bertolli-De Rica. Strano, perché la Geremia non ha mai fatto questione di prezzo, sollevando invece la questione del vantaggio per la Fisvi ai danni dell’Iri.L’indagine tecnica è molto accurata e si risolve in una perizia di 612 pagine. Il 22 dicembre 1997 il Gip Landi conclude l’udienza preliminare, assolvendo gli imputati con formula piena: il fatto non sussiste. E qui comincia un’altra singolarità. La sentenza Landi sarebbe dovuta essere depositata entro il 23 gennaio 1998. Così però non è. Geremia l’attende per poter proporre l’impugnazione alla Corte d’Appello. La sua è un’attesa vana. La sentenza giunge sul suo tavolo nel pomeriggio del 9 febbraio: due giorni prima Giuseppina Geremia era stata trasferita alla Procura Generale di Cagliari. Nessuno proporrà impugnazione contro la sentenza di assoluzione di Prodi & company.Nella sentenza di 47 pagine il giudice Landi si sofferma a lungo sul capo di imputazione, il reato di abuso in atti d’ufficio, la cui formulazione è stata sostituita dal parlamento con una legge del 16 luglio 1997, una legge nuova, intervenuta proprio mentre l’udienza preliminare che vede sul banco degli imputati Romano Prodi è ancora in corso.Landi osserva correttamente che la nuova ipotesi di abuso – voluta fortemente dall’allora capo dello stato Oscar Luigi Scalfaro e varata con il pieno appoggio dell’allora Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick, grande amico (inutile ricordarlo) dello stesso Prodi – è "più favorevole all’imputato". E questo non solo "avuto riguardo al più mite trattamento sanzionatorio – pena da sei mesi a due anni in luogo della precedente da due a cinque anni – bensì per la trasformazione del delitto da reato di pura condotta o di pericolo, sorretto dal dolo specifico, in reato di evento, in cui il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto devono essere cagionati intenzionalmente". Leggendo la sentenza di Landi si ha la sensazione che questa modifica della legge, votata da maggioranza e opposizione, abbia avuto un peso determinante nell’assoluzione di Prodi. Landi non si chiede – e non ne aveva l’obbligo – se Prodi e soci sarebbero stati condannati secondo la vecchia legge. Molti imputati di tangentopoli, giudicati tempestivamente, in base alla vecchia legge per fatti anche meno gravi di quelli attribuiti al prof. Prodi sono stati duramente condannati a pene severe e sono finiti in galera. Qualcuno è arrivato persino a suicidarsi, prima ancora del processo. Ne siamo lieti per Prodi, assolto con formula piena. Ma sarebbe interessante conoscere per intero la verità storica di questa vicenda che continua a rimanere oscura ed inquietante».
Da "Corruzione ad Alta Velocità" di E. Imposimato G. Pisauro S. Provvisionato Ed. Koinè

lunedì 15 ottobre 2007

Manifestazione antioffshore


Ieri 13 ottobre ho partecipato con molto piacere alla marcia che si è svolta aLivorno contro la costruzione del rigassificatore a largo delle nostre coste! Hanno partecipato dalle 2000 alle 3000 persone! E' stato un vero successo. Quello che più mi ha impressionato, e anche commosso, sono state non solo le famiglie con bambini che hanno partecipato, ma più che altro le persone anziane che si sono fatte la bellezza di sei chilometri a piedi. La giornata era bellissima e il corteo molto allegro e variegato. All'arrivo c'è stata un'invasione pacifica del cantiere da parte di più di mille persone.
Questa è la lettera che oggi ho inviato al Tirreno


"Ieri ho partecipato anch’io alla marcia contro la realizzazione del rigassificatore. La giornata era splendida, un sole caldo ci ha accompagnato tutto il tempo. Le persone erano tante, tante, tante! Quello che però mi ha colpito sono stati i tanti bambini e le persone anziane. Fare tutti quei chilometri con bambini piccoli, con passeggini e carrozzine e per le persone di una certa età non è semplice. Eppure non sentendo la stanchezza nelle gambe, tutte queste persone hanno camminato per più di tre ore. Sono arrivati tutti al traguardo, al cantiere abusivo di Stagno! Bene, sappiano gli amministratori che la stanchezza nelle gambe, la giocosità dei bambini e il sacrificio di persone non più giovani che si sono sottoposte a questa marcia sono state fatte con gioia solo in nome della propria salute, di quella dei propri figli e dei propri nipoti contro gli intrallazzi, la prepotenza e l’insensibilità al volere della gente della classe dirigente di questa città,! La gente viva, vera e semplice è contro di loro. Che se lo ricordino sempre!"

domenica 7 ottobre 2007

Perchè devo vivere con una bomba in mezzo al mare?

Dalla finestra di casa mia si vede un panorama bellissimo, tutta la città di Livorno e in lontananza il mare, sempre bello sia che sia calmo, agitato o in tempesta. Ebbene, proprio in questo mare a poche miglia dalla costa è in progetto e quasi in costruzione un rigassificatore, praticamente una piattaforma galleggiante contenente una quantità spaventosa di gas metano liquefatto a bassissima temperatura (-165°) che verrà riportato alla sua temperatura naturale e al suo stato gassoso utilizzando il calore del mare e verrà distribuito in rete attraverso delle condutture che giungono a terra. Questo gas giungerà liquefatto alla piattaforma trasportato da navi metaniere che giungono dai luoghi di estrazione.I motivi per cui bisogna essere contrari a questo insediamento industriale in mezzo al mare sono molti e nella città c'è una viva protesta contro l'amministrazione comunale che appoggia il progetto e le imprese costruttrici semipubbliche e semiprivate.
Per iniziare segnalo questo articolo di Piero Angela e chiedo: perchè dobbiamo vivere con questa bomba in mezzo al mare che in caso di incidente spazzerebbe dalla faccia della terra buona parte della Toscana e sicuramente la costa dove vivo con la mia famiglia e dove vivono migliaia di persone?

www.offshorenograzie.it/index.php?option=com_content&task=view&id=146Itermid=124

Il Ministro delle liberalizzazioni vuole mettere i medici in galera

Il Ministro Pierluigi Bersani ha scritto una lettera al Ministro della Salute Livia Turco e al Ministro della Giustizia Clemente Mastella per chiedere un'indagine sulla Federazione degli Ordini dei Medici di Modena, invitandoli a valutare la possibilità di intervenire ai fini di adottare tutte le misure necessarie, anche non solo disciplinari, nei confronti dei responsabili della lettera spedita dall'Ordine dei Medici il 10 settembre a tutti i Sindaci, alle Province e alle Regioni in cui si invitano gli stessi a non concedere le autorizzazioni per l'ampliamento di un termovalorizzatore per i gravi problemi di salute che ciò comporterebbe per la popolazione.

www.beppegrillo.it/immagini/Lettera_inceneritori.pdf

www.beppegrillo.it/immagini/Comunicato_Bersani.pdf

martedì 2 ottobre 2007

Notificazioni

L'altro giorno mi sono state notificate alcune cartelle esattoriali. Ho notato delle anomalie sulla procedura di notificazione. In pratica l'addetto dell'Agenzia Espressi (ag. privata) non trovando nessuno in casa ha lasciato le notifiche a un conoscente trovato in strada davanti al cancello di ingresso. Questo conoscente ha lasciato le cartelle a mio figlio. Perplessa su tali modalità, mi sono recata in posta dove mi hanno comunicato che le raccomandate e le cartelle dell'Agenzia delle Entrate vengono recapitate da un Agenzia privata, recatami a questa agenzia mi è stato detto che gli addetti che fungono da messi notificatori se non trovano nessuno in casa portano indietro gli avvisi che vengono affissi in comune e che gli stessi non sono abilitati a lasciare cartoline di avviso. Questo avviene anche per le raccomandate. In pratica se arriva una notifica o una raccomandata e nessuno è in casa a riceverla non c'è modo di saperlo.A questo proposito segnalo questa sentenza e mi prometto di indagare ancora.

www.adusbef.it/consultazione.asp?Id=5311&T=S

Montezemolo "Chi evade ruba"

E' facile fare i froci col c... degli altri!

www.adusbef.it/consultazione.asp?Id=6026&T=A

Anche Padoa Schioppa tiene famiglia

www.adusbef.it/consultazione.asp?Id=6033&T=A