lunedì 24 novembre 2008

La cicogna e l'assenzio

Mondo in Cammino Massimo Bonfatti Giugno 2006:
La cicogna e l’assenzio
www.mondoincammino.org – www.progettohumus.it


ARTICOLO SCRITTO PER "NATURA E SOCIETA'" (N°2/06), TRIMESTRALE D'INFORMAZIONE ECOLOGICA,
ORGANO UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA

LA CIGOGNA E L'ASSENZIO
di Massimo Bonfatti

Dubovy Log ovvero il “posto delle querce”: quasi uno spot
pubblicitario per reclamizzare un’oasi di pace e
tranquillità. Lasciata Dobrush, la strada che là conduce si
snoda come una ferita aperta fra i boschi di conifere. Alle
spalle le paludi di Polessje del giorno prima: zanzare e
specchi d’acqua, gli sterletti che timidamente cercano la
superficie per farsi accarezzare dal tepore del sole,
bianche cicogne che si rincorrono con le otarde e, più in là
e discrete, singole aquile reali che vigilano sui movimenti
nel loro aerale.
L’odore dei boschi è una presenza importante ed intensa.
Viene voglia di scendere dalla macchina, correre a bocca
aperta per inalare questa fragranza: aria salubre, profumi
di mirtilli e lamponi, il sottobosco che pervade e stordisce
con il richiamo quasi visivo di una costante presenza di
funghi.
E poi quando il cielo sposa il fiume non c’è scampo. E le
isbe. Colori tenui ed intensi nello stesso tempo, un’armonia da cartolina. Oche, anatre, galline, la legna
tagliata, il pozzo per l’acqua. Cavalli allo stato brado.
I colori enfatizzano tutto nella giornata tersa.
E il fiume…L’Iput che si insinua nell’abitato di Dobrush e ci viene incontro, ci scruta dal basso in quel
rilievo anormale che corre parallelo alla strada e che rompe il piatto del paesaggio e prolunga la vista
verso i boschi della Russia. Terra di confine. L’Iput zigzaga ricucendo la frattura generata dalla caduta del
muro di Berlino: Bielorussia e Russia sono ancora lì assieme senza soluzione di continuità geografica,
fisica, culturale. Un posto affascinante, posto di villeggiatura che si spinge alle emozionanti rovine del
palazzotto di Demjanki. Uno dei posti di villeggiatura più strategici ai tempi dell’Unione Sovietica in
questa provincia di Dobrush nel sud est della Bielorussia, provincia che delinea i confini di tre stati: la
stessa Bielorussia (Gomel), la Russia (Bryansk), l’Ucraina (Chernigov).
Il rilievo del selsoviet di Demjanki, che ingloba Dubovy Log, permette di sconfinare con lo sguardo su
abeti, betulle, campi di foraggio e grano.
Tutto pare segnato dall’inesorabilità e dalla pacatezza del tempo, dal suo lento incedere.
Tutto vero; tutto realisticamente accattivante; tutto drammaticamente vero e reale.
Le immagini si fissano nel cervello, piano piano, come un fotogramma sgranato di un film. La maglia,
progressivamente, si allarga sempre più ed il fotogramma si inceppa. Il cervello si sforza di riavvolgere le
immagini alla ricerca del punto di rottura.
I colori e le sensazioni vanno a ritroso, da Demjanki a Dubovy Log, seguendo il progredire dell’Iput verso
il fiume Sozh.
Tutto, però, è più statico. È come se un’epoca si fosse fermata senza disgregare la presenza del
circostante, ma appesantendola ed ovattandola in una tristezza agghiacciante.
26 APRILE 1986: la centrale di Chernobyl si scoperchia come una pentola. Un’impressionante
fantasmagoria di colori, lapilli, fumi si eleva fino a due chilometri d’altezza, viaggia mollemente in
sospensione per poi ricadere, con capriccio od obbligata dai giochi del vento o dalle gocce di pioggia, sulle
distese dell’Ucraina, Russia e Bielorussia.
Con ostinazione le volute si indirizzano maggiormente a nord, sorvolando le regioni di Gomel e Mogiliov in
Bielorussia. La nuvola radioattiva sparge il suo fardello invisibile sul 23% del territorio della Bielorussia.
La radioattività scende sugli uomini, sulle cose, sugli animali, sulle piante lasciando il tutto inalterato.
A volte ti confonde e ti prende in giro.
A Dubovy Log il pericolo sembra scampato. Si costruiscono case per gli sfollati (obbligatoriamente sfollati)
della provincia di Braghin. Case che verranno finite, ma mai consegnate. Improvvisamente i geiger
impazziscono: “il posto delle querce” manifesta livelli di contaminazione superiore ai 40 Ci/kmq. Sì, il
posto delle querce: il luogo più contaminato di tutta la Bielorussia.
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Chernobyl e Dubovy Log: nei nomi lo scherzo del destino.
Chernobyl, in russo, vuol dire," l’erba amara", vuol dire: Assenzio. E Giovanni, nell’Apocalisse (8-10,11)
annuncia la stella che si chiama Assenzio: "...cadde dal cielo una grande stella, ardente come un torchio;
e cadde sopra la terza parte dei fiumi, e sopra le fonti delle acque. E il nome della stella si chiama
Assenzio. E molti uomini moriranno di quelle acque, perciocché erano divenute amare".
Ma Dubovy Log, a dispetto di tutto, continua ad accogliere nei suoi boschi le cicogne.
Dubovy Log: la cicogna e l’assenzio, il ghetto e la schizofrenia.
A Dubovy Log non si entra senza permesso. C’è un posto di blocco con una sbarra presidiato
costantemente. Solo se fai parte del ghetto puoi andare e venire in libertà. La sbarra ti ricorda solo che
vivi in un posto speciale. Non ci sono evidenti differenze: l’aria ha lo stesso profumo, il fiume è identico,
le cicogne e gli animali selvatici si spostano indifferentemente da una parte all’altra. Anche le persone del
villaggio hanno gli stessi vestiti, le stesse case, le stesse abitudini di quelli “oltre cortina”. Fanno
addirittura gli stessi lavori. E poi c’è la scuola, l’asilo nido, l’ambulatorio infermieristico, la mensa, il
negozio, la biblioteca, il municipio ed il kolchoz. Ed ogni casa ha il proprio orto, i propri animali.
La produzione del kolchoz è una delle più efficienti di
tutta la provincia. La quantità di grano è impressionante:
grano bello, dritto, dorato. Grano radioattivo. Ed il pane,
il suo gusto e la fragranza del sole incorporato diventano
un’utopia anche per le normative di sicurezza adottate
ad hoc in Bielorussia. Troppo radioattivo per mangiarlo.
Ed allora il grano attraversa la sbarra e viene avviato
all’industria di trasformazione di Vetka per essere
commercializzato come vodka: vodka “pulita”, vodka
“secondo norma”. Stesso destino tocca al latte, così
gustoso con il suo profumo di foraggio. Ma troppo
radioattivo per berlo. E così anche lui supera la sbarra,
per essere trasformato in burro “pulito”, ovvero
radioattivo secondo norma.
Ma la fame e la povertà sono più forti della radioattività. Subdolamente essa entra nei corpi degli abitanti
di Dubovy Log con la carne degli animali da cortile, con le mele ed i cetrioli dell’ orto personale, con i
funghi e le bacche raccolti nei boschi.
E quando fa freddo e la stufa nelle case reclama carburante, il bosco offre legna impregnata di
radionuclidi: legna che scalda e conforta il cuore accanto ad una bottiglia di vodka. Legna che produce
cenere, cenere radioattiva usata come fertilizzante per l’orto.
La stufa, la “pjechka”: piccola centrale radioattiva, piccolissima Chernobyl fra la contaminazione di
Chernobyl.
Miseria nella miseria.
L’incidente nucleare ha riscritto la storia del villaggio e ne ha cambiato il calendario. Chernobyl ha
sostituito Cristo in un’alternanza sacrilega, ma significativa; nuovo spartiacque storico.
Infatti a Dubovy Log ed in tutta la Bielorussia contaminata (come pure nelle equivalenti zone della Russia
ed Ucraina) nel 1986 è finita un’era e ne è cominciata un’altra: l’era A.C. – avanti Chernobyl – e l’era D.
C. – dopo Chernobyl).
La famiglia Gatalsky è una famiglia D. C., sospesa incredulamente in quel vuoto che si sta costruendo
intorno a Chernobyl e che, lentamente, ma inesorabilmente, va a sostituirsi al vuoto di Chernobyl.
Sempre più ampi spazi di territorio vengono restituiti alla produzione agricola, le liste dei villaggi che si
trovano in zona contaminata, si accorciano ogni anno. L’AIEA e la Banca Mondiale sostengono questa
politica: bisogna investire, investire, investire… Bisogna ridare fiducia al nucleare. Il direttore dell’Istituto
radiologico di Gomel, pur evidenziando le conseguenze dell’incidente nucleare, recita quanto previsto
dagli indirizzi in merito:”Sono passati ormai 20 anni dall’incidente. Dobbiamo uscire da questo circolo
vizioso. Lo stato spende ogni giorno un milione di dollari per l’eliminazione delle conseguenze di
Chernobyl. Bisogna pensare a produrre energia in loco. È necessario avere una centrale nucleare. Ormai
le nuove centrali nucleari sono sicure”.
Ebbene, sì. Si può uscire dalla conseguenze di Chernobyl. È sufficiente costruire una nuova centrale. Se
non ci saranno intoppi di alcun tipo o variazioni attualmente non prevedibili, la costruzione della nuova
centrale incomincerà nel 2008 nella regione di Mogiljov.
Subito dopo lo scoppio della centrale di Chernobyl, l’allora direttore generale dell’AIEA Blix affermò: “Il
mondo potrebbe sopportare un incidente uguale a Chernobyl ogni anno.” Un cinismo frutto della legge
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truffa WHA 12-40 del 28 maggio 1959 in cui venne mondializzata l’omertà sugli effetti delle radiazioni
sulla salute umana, un accordo dalla cui lettura si evince chiaramente la possibilità di poter assumere, da
parte dell’AIEA e da parte dell’OMS, misure restrittive per salvaguardare il carattere confidenziale delle
informazioni e dell’obbligatorietà delle due agenzie di rapportarsi direttamente per tutti i progetti o i
programmi che possano coinvolgere una delle due parti.
La legge truffa del 1959 ha fatto sì che nel 1995 l’AIEA riuscisse a bloccare la conferenza dell’OMS a
Ginevra sull’incidente di Chernobyl. Conferenza in cui il dr. M. Griffith del Dipartimento degli Affari
Umanitari dell’Onu, dichiarò che non era stata detta la verità alle popolazioni e che le persone
complessivamente colpite erano 9 milioni. Alla stessa conferenza il dr. Y. Korolenko, Ministro della Salute
dell’Ucraina, fece presente che era contaminata l’acqua di 30 milioni di persone e che vi era stato un
aumento del 25% del diabete; mentre il prof. E. A. Netchaev del Ministero della Sanità e dell’Industria
farmaceutica segnalò che 2,5 milioni di persone erano state irradiate, nella Federazione russa, in seguito
all’incidente di Chernobyl; fece notare, inoltre, un aumento da 220 a 400, su 100.000 nati, delle
malformazioni congenite. Un altro studioso bielorusso, Okeanov, presentando i dati di una ricerca
specialistica, segnalò un raddoppio delle leucemie, dopo 9 anni, nei Liquidatori e addirittura un aumento
triplicato in coloro che avevano prestato la loro opera per più di 30 giorni. Okeanov segnalò, inoltre, un
aumento della cataratta, delle opacizzazioni del cristallino, un raddoppio dell’incidenza dei ritardi mentali
nei bambini, l’aumento delle sindromi neurologiche negli adulti e delle malattie digestive.
La conferenza fu interrotta e da allora l’AIEA riconosce solo i rapporti convalidati, cioè confermati dai
laboratori di Los Alamos e del Commissariato
per l’Energia Atomica francese, ovverosia i
fabbricanti della bomba atomica.
Ha potuto così nascere indisturbato il rapporto
del Chernobyl Forum/AIEA del settembre 2005:
un rapporto ad orologeria che, anticipando le
celebrazioni per il ventennale, minimizza
drasticamente e cinicamente le conseguenze
dell’incidente nucleare.
Però la famiglia Gatalsky è al di fuori dei
rapporti e delle dispute e, come l’invisibile
radioattività, respira la costruzione di una verità
artificiale, subdola e sommessa.
Per tutti i componenti della famiglia Dubovy Log
è una realtà amica. Non importa se sui cartelli ci
sia scritto: nella zona è proibito raccogliere
funghi, bacche, pescare, asportare legname.
Sascha, la figlia, afferma: “La radioattività non la sento, non la vedo, non la tocco. Perché devo aver
paura? E poi sono passati 20 anni”. La mamma spavalda: “È la radioattività che deve aver paura di noi”.
Il papà: “Sono tutte balle!. La colpa è di Gorbacjov che ha distrutto l’economia. Per questo noi viviamo
qua: non possiamo permettere di mandare all’aria un kolchoz così importante. Ma poi quale radioattività?
Politica, è politica! Certo che vado a raccogliere la legna per la stufa nei boschi. Non posso permettermi di
pagare il gas d’inverno. Al mese dovrei spendere 120.000 rubli e ne guadagno solo 100.000. Certo che
vado a pescare. Non capisco perché quello che non posso pescare qui, può essere pescato 5 km più in
giù, a valle”.
La casa dei Gatalsky ed il villaggio di Dubovy Log sono il paradigma delle contraddizioni che convivono in
questa realtà in un gioco a rimpiattino a contrastarsi o ad esaltarsi reciprocamente.
La precedente famiglia della casa di Sascha si è trasferita a Dobrush. Era la loro casa prima dell’incidente
nucleare e, trovandosi pertanto in zona in cui per le stesse leggi repubblicane non è prevista la residenza,
hanno ottenuto l’assegnazione da parte dello stato di un alloggio in città.
La casa vuota è stata offerta dal Kolchoz, a titolo gratuito, alla famiglia di Sascha per permetterle di
prestare la loro opera per la fattoria collettiva.
Ed è così per tutto il villaggio: lo stato legifera l’impossibilità alla residenza, ma permette di viverci.
Molti abitanti che vivevano nel villaggio prima dell’incidente, si sono fatti consegnare una casa nuova
dallo stato a Dobrush: continuano a vivere a Dubovy Log ed affittano l’alloggio a Dobrush.
Forza dell’economia! Le possibilità e le modalità di vita materiale sono una importante chiave di lettura
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per capire le contraddizioni di Chernobyl direttamente in territorio contaminato. Le politiche per la
gestione del rischio radioattivo devono tenerne obbligatoriamente conto.
Ma i genitori di Sasha in un momento di confidenza affermano: “Certo che sappiamo che c’è la
radioattività, ma l’unica maniera per vivere qui è pensare di averla sconfitta e che non ci può far male. È
pensare che muore prima di nostalgia chi ha lasciato il villaggio, piuttosto che noi che vi continuiamo a
vivere. Non dobbiamo nemmeno spaventare i nostri figli. Qui dobbiamo vivere perché qui è il nostro
lavoro. Certo che se avessimo possibilità migliori e di lavoro in altre realtà ce ne andremmo. Ma se siamo
venuti qua è perché non avevamo alternative, è perché ci veniva offerto il lavoro di cui siamo capaci, cioè
fare il meccanico per il Kolchoz ed accudire le vacche nelle stalle. I funghi ed il latte non li portiamo al
controllo. Gli animali sì, prima di ucciderli. Tre anni fa non ci hanno ucciso la vacca perché era
contaminata. L’anno scorso avevamo in comune con i vicini un maiale. Loro avevano l’orto contaminato e
al macello di Vetka non ci hanno ucciso il maiale. In questi casi ci riprendiamo gli animali, ripulendoli con
una dieta solo a base di granoturco. Quando i controlli rientrano nella norma, allora ce li macellano. Gli
animali vanno fatti pascolare vicino al cimitero, là
non c’è contaminazione. Io penso che il mio orto sia
pulito. Nel FAP (ambulatorio infermieristico) qui di
fronte, a cinque metri, e nella posta di fianco, tutto
il perimetro è contaminato. Il perimetro di casa
nostra no. Noi raccogliamo molti finferli, sono funghi
gustosi…e molto redditizi. Ne crescono moltissimi
nei boschi di Viljevo, dove avete visto le case e la
chiesa sotterrate. Durante la stagione vengono delle
persone che ci consegnano dei sacchi da riempire.
Ci pagano bene. Dicono che sono funghi per l’estero
per preparare, non sappiamo quali, medicine e
prodotti di bellezza. Di più non sappiamo. Sappiamo
solo che ci conviene”.
Non è, però, convenuto al dr. Yuri Bandazhevskij.
Laureatosi nel 1980 all’istituto nazionale di medicina
di Grodno, nel 1991 è il più giovane professore dell’URSS. Dal 1990 al 1999 è rettore dell’istituto medico
di Gomel. Membro di numerose Accademie nazionali ed internazionali, riceve, per le sue ricerche in
ambito medico ed anatomo-patologico, diversi riconoscimenti, fra cui la medaglia d’oro Albert Swaitzer e
la Stella d’oro dell’Accademia di Medicina della Polonia. E’ autore di oltre 240 lavori di ricerca. E’ aiutato
nelle sue ricerche dalla moglie Galina, medico cardiologo.
Dopo il disastro di Chernobyl, il professore Bandazhevskij intuisce le esatte dimensioni della tragedia. Il
ricercatore non si arresta davanti ai dogmi ed alle immutabili verità ufficiali: le sue ricerche riescono a
dimostrare gli effetti nel tempo dell’esposizione continua a piccole quantità e basse dosi di radionuclidi,
soprattutto a livello cardiovascolare. Il veicolo di questo lento assorbimento è il cibo e Bandazhevskij
segnala la pericolosità del cibo bielorusso: pericolosità superiore ai decreti repubblicani sulle dosi
ammissibili per la popolazione. Oltre a ciò, il professore denuncia che più di 10 miliardi di rubli, stanziati
per la liquidazione delle conseguenze dell’incidente nucleare, sono stati sprecati.
Il 18 giugno 2001 Bandazhevskij è condannato da un tribunale militare a 8 anni di lavori forzati con la
possibilità di vedere una volta, ogni tre mesi, la moglie Galina. L’accusa, non supportata da alcun
testimone, è di avere chiesto denaro per ammettere uno studente all’università. Sotto pressione
internazionale e tutela di Amnesty International, il 5 agosto 2005 viene liberato, dopo 6 anni e un mese
dal primo arresto. Riprende con ostinazione gli studi sul Cesio 137, interrotti anni prima a Gomel, perché
ha scoperto che il Cesio 137 agisce sul sistema energetico di cellule anche molto differenziate e distrugge
gli organi vitali, in modo particolare il cuore, i reni , la mucosa gastrica, e così via. Non pretende di avere
ragione, ma nemmeno ha mai avuto smentite. Sa che è importante capire gli effetti sanitari delle
radiazioni, perché al mondo ci sono in funzione 442 centrali nucleari con 22 reattori dello stesso modello
di Chernobyl. Altre 24 sono in costruzione…ed il pericolo è sempre in agguato.
Ma le informazioni e gli studi del dottor Bandazhevskij non sono giunti agli orecchi della famiglia
Gatalsky, così come non hanno mai visto la prima foto scattata al reattore, subito dopo l’incidente, da
Igor Kostin.
Igor Kostin, il fotoreporter della tragedia di Chernobyl, dei liquidatori. “L’URSS ha rifiutato l’aiuto
internazionale e ci si arrangia con quello che si ha: gli uomini. Tocca a loro “liquidare” l’incidente della
centrale di Chernobyl. Perciò non avranno altro nome che quello, molto burocratico e al contempo
terribile, di “liquidatori”. Non so se tutte quelle persone erano davvero dei volontari. Senza esserne
nemmeno consapevoli essi hanno compiuto l’inimmaginabile. Su tutta la superficie della terra, piccoli e
grandi popoli devono loro la sopravvivenza. Senza il loro sacrificio, le conseguenze dell’incidente della
centrale sarebbero state ben peggiori. Peggiori in Ucraina e in Bielorussia, ma peggiori anche in tutta
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l’Europa dove metà della popolazione avrebbe dovuto essere trasferita e dove metà della sua superficie
non sarebbe più stata coltivabile. Forse “i liquidatori” non hanno scelto di fare questa guerra, ma hanno
messo a disposizione del potere una delle rare cose che si potevano ancora possedere in URSS: la vita”.
Un sacrificio che rischia di essere vanificato dalla politica disattenta mondiale di tutti questi anni. Gli 800
siti di scorie radioattive non impermeabilizzati, realizzati a volte a mani nude dai liquidatori, stanno
contaminando le acque dei fiumi Pripyat e Dnjepr che formano un bacino fluviale che sfocia nel Mar Nero.
La zona intorno alla centrale ha livelli di 100.000 curie per ettaro contro un limite di sicurezza di 0,1
curie: un milione di volte superiore. L’utilizzo del suolo interdetto per i prossimi 200.000 anni. Il
sarcofago con oltre 1.000 metri quadri di crepe, con la pioggia si infiltra al ritmo di 2200 metri cubi
l'anno, con una pericolosa inclinazione di 60 cm. della parete est, con le sue oltre 70 tonnellate di scorie
altamente radioattive e con la nuova copertura che non decolla e che ha già raggiunto un preventivo di
un miliardo di dollari.
Tutti dati sconosciuti per i Gatalsky. Ma i dati a loro non servono. La loro esperienza insegna che, sulla
base appunto della triste esperienza di Chernobyl, non bisogna cadere nel tranello dei numeri e delle
dispute scientifiche. Il problema del nucleare è ETICO e fonda le sue argomentazioni nei concetti di
precauzionalità, di accettabilità del rischio (e non quindi di probabilità) e di risarcimento umano ed
ambientale. Il nucleare non può ipotecare il futuro della famiglia Gatalsky, il nostro e quello delle
generazioni che verranno dopo di noi.
Però, al di là della gravità degli eventi, la famiglia Gatalsky e tutti gli abitanti a Dubovy Log hanno
imparato la pazienza, quasi a voler riaffermare il senso di una vita che continua e che, in ogni caso, deve
continuare.
E così Dubovy Log aspetta: Dubovy Log in cui nascono ancora bambini; Dubovy Log in cui, ad ogni
primavera, ritornano le cicogne.
E finchè nascono bambini e finchè volano le cicogne, la fantasia può oltrepassare le mura di questa
prigione a cielo aperto e riaccompagnare nel suo corso l’Iput, senza barriere. E la fantasia porta nuovi
progetti e con essi la speranza e la certezza che una vita migliore è possibile. Con l’aiuto di tutti, con
l’antidoto della cooperazione che sradica l’erba amara e restituisce acque salubri da cui gli sterletti
continueranno a vedere l’ampio volteggiare delle cicogne.

P.S.: Dubovy log è la sede del Progetto Humus (www.progettohumus.it)

venerdì 21 novembre 2008

LE IENE

DI STEFANO MONTANARI

http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1415&Itemid=1

A seguito dei numerosi commenti ricevuti, alle 17 e 30 aggiungo: Il prof. Raffaello Cossu, organizzatore del congresso, si è comportato in maniera estremamente onesta e corretta nei miei riguardi. Anzi, si è anche dimostrato interessatissimo ai nostri studi ed è più che possibile una collaborazione futura. Sulla sua perfetta buona fede e sul suo buon senso non ho dubbi. Il resto è quello che ho scritto.

Ci sono volte in cui non credo che ce la faremo. Ci sono volte in cui sento la solitudine. Ci sono volte in cui sento chiara e forte tutta la mia impotenza davanti allo spettacolo terrorizzante di un’umanità che corre al suicidio, e un suicidio dei più crudeli perché chi si prende la responsabilità di sparare il colpo non lo spara solo a se stesso ma coinvolge miliardi di suoi simili, nati e non ancora nati.

E oggi è una di quelle volte.

Ieri ero a Venezia, relatore ad un congresso internazionale il cui scopo era quello di santificare l’incenerimento dei rifiuti. Ero solo. Dall’altra parte, centinaia di personaggi, per lo più ingegneri, spesso i soliti tromboni universitari, che mangiano immondizia e di questa coprofagia vivono e prosperano.

Ho tenuto la mia relazione. Ho mostrato che cosa esce da uno di quei camini. Erano immagini di campioni prese al microscopio elettronico del nostro laboratorio. Ho mostrato che cosa si trova nei tessuti malati, specie in quelli dei bambini. Non ho fatto chiacchiere: ho mostrato fatti inconfutabili. Discutiamone finché vogliamo, ma quella roba

c’è.


Alla fine sono stato aggredito verbalmente da centinaia di persone. Quelli sopra quel massacro ci mangiano. Come gli avvoltoi. Come gli sciacalli. Come le iene. Io stavo mettendo a rischio il loro pasto che ai loro occhi ciechi promette di essere sempre più grasso. Almeno fino a che non si tirerà il sipario.

Vista freddamente, vista con la prospettiva di chi guarda da fuori e, magari, dal futuro, ci sarebbe stato da ridere, addirittura da sganasciarsi dalle risate a sentire le idiozie che echeggiavano in quell’augusto salone. E invece ad echeggiare era una miriade sinistra di sentenze di morte.

Quei signori ignorano la fisica, la chimica, la tossicologia. E il buon senso.

Da due habitué del Politecnico di Milano (come per un vecchio purgante, basta la parola) sono uscite enormità quali: la tonnellata di fumi che esce da una tonnellata di rifiuti bruciati contiene ossigeno atmosferico e, dunque, non è una vera tonnellata. Credo sia inutile far notare ad una macchietta simile che, nel rispetto della legge di conservazione della massa, l’ossigeno che viene sottratto all’aria si combina con altre sostanze dando origine a composti tossici. La diossina, che ha due atomi di ossigeno nella molecola, è uno dei tantissimi composti del genere.

L’altra enormità è: l’aria che esce da un inceneritore è identica a quella che entra. Seguita da: mettiamo filtri di carbone attivo che bloccano tutto (dove finirà quel carbone carico di porcherie resta coperto dalla privacy). Qui mi rifiuto di commentare per manifesta inferiorità intellettiva del personaggio, peraltro lo stesso che affermò in TV (Matrix), spalleggiato dallo statista Gasparri, che la strategia “rifiuti zero” forse si attua in qualche paesino della tundra canadese e nulla più. San Francisco e l’intera Nuova Zelanda, tra le migliaia di altre ubicazioni, sono site nella tundra canadese, stando alla personalissima geografia del professore e dello statista.

E un medico, l’unico presente, un oncologo che dice che solo il 3% dei cancri viene dall’inquinamento ambientale, e che non capisce che, cancri o no, le polveri che ho mostrato nei reperti presi da bambini malati o da feti malformati non hanno alcun diritto di essere là. E come è possibile affermare che dei corpi estranei in cui c’è davvero di tutto siano perfettamente innocui? E come è possibile impiegare il denaro pubblico per mettere in piedi un’indagine epidemiologica che nasce vistosamente taroccata (vedi Il Girone delle Polveri Sottili)? E come è possibile aprire bocca per contestarmi se non ci si è mai presi la briga nemmeno di leggere ciò che abbiamo scritto (e ieri, proprio per questa ignoranza, sono stato accusato di aver affermato sciocchezze che non mi sono mai passate per il cervello)?

Il tutto, naturalmente, senza aver mai fatto uno straccio di analisi nanopatologia sui tessuti malati, di qualunque natura la malattia sia. Esattamente come si faceva quando la scienza era l’ipse dixit: è vero non perché l’ho sperimentato ma perché l’ho detto io che sono tanto bravo.

Insomma, siamo nelle mani di un branco di iene. Denaro? Potere? Semplice ignoranza? Non posso dire che cosa spinga ognuno di loro. Ciò che posso dire è che, dal punto scientifico, il livello è molto sotto lo zero e che dal punto di vista morale il livello è, se possibile, di gran lunga inferiore. Quelli, se ne rendano conto o no, rischiano di essere complici di delitti che vanno dal disastro ambientale al danno patrimoniale, dalla lesione grave all’assassinio.

Non solo questo, ma quelli, certo non abituati ai congressi di medicina, sono pure talmente vigliacchi da insultarmi perché ho mostrato la fotografia di un bambino morto di leucemia mieloide acuta dopo otto ore dalla nascita. In quel corpo, in tutti i suoi organi compresi il cervello e il cuore, c’era la collezione di polveri ambientali più spaventosa che si possa immaginare. Vigliacchi perché mi hanno accusato di far leva sulle emozioni mentre di quel bambino loro avevano in qualche modo firmato la sentenza di morte. Vigliacchi perché loro uccidono a distanza e non hanno nemmeno il coraggio di guardare in faccia la loro vittima. E vigliacche le centinaia di persone del pubblico che agl’insulti hanno applaudito.

L’orrore che provo per voi, però, è sovrastato dalla pietà umana che mi suscitate. Voi non sapete che cosa state facendo, come soldatini disciplinatamente decerebrati che servono in un campo di sterminio. Se esiste un dio misericordioso, abbia pietà di voi.

Ma io che cosa posso fare? Io quelle cose le vedo tutti i giorni nel mio laboratorio, e le vedo sotto uno strumento senza emozioni come un microscopio che mi restituisce immagini obiettive e un’analisi chimica elementare senza possibilità d’errore.

Io non voglio essere creduto per un atto di fede: chiedo che si rifaccia ciò che facciamo noi in laboratorio, che lo si faccia per migliaia di volte come abbiamo fatto noi e che mi si dimostri, dati freddi e lucidi alla mano, che sbaglio, che per anni qui si sono presi degli abbagli, che io non ho capito niente. A quel punto io sarei il primo a tirare un sospiro di sollievo.

Ma nessuno fa questo. E nessuno lo fa per due motivi: il primo è per incapacità (ma, con impegno ed umiltà s’impara), e il secondo è perché chi in quella banda ha ancora cervello sa perfettamente che cosa significherebbe fare indagini sul serio.


Che fare? Inutile illudersi: io da solo non ce la posso fare. O mi si dà sul serio una mano o abbiamo perso.

mercoledì 19 novembre 2008

La lezione di Hannah

LA LEZIONE DI HANNAH

DI MASSIMO FINI
Il gazzettino

Mentre in Italia si consuma l'inutile e angosciosa e indecente agonia di Eluana Englaro, da Londra ci arriva una di quelle piccole, grandi storie che racchiudono in sè i problemi e il senso di un'epoca.
Hannah Jones è una ragazzina di 13 anni, affetta dall'età di cinque da una forma rara e gravissima di leucemia. Otto anni della sua breve vita li ha passati facendo su e giù con l'ospedale di Hereford. Le cure intensive e intrusive cui ha dovuto sottoporsi per sopravvivere le hanno spaccato il cuore. I medici hanno allora deciso di sottoporla a un trapianto. Ma Hannah ha detto no. Anche se il trapianto fosse riuscito le avrebbe dato solo qualche mese di vita in più dei sei che i medici le hanno pronosticato nel caso non si fosse sottoposta all'operazione. Ma Hannah ha deciso che non voleva più vivere una vita che non era più tale e la cui qualità, se si può usare questo termine, sarebbe ancora peggiorata per le ulteriori e pesantissime cure cui avrebbe dovuto sottoporsi per evitare il rigetto. Voleva passare quel poco che le restava da vivere a casa sua, con i genitori e i tre fratellini, e morire di morte sartificiale. E ha detto no.

Il rifiuto della ragazzina, oltre che legittimo, era perfettamente legale perché la giurisprudenza inglese consente anche ai bambini di respingere le cure "se hanno un sufficiente grado di comprensione". In ogni caso i genitori, che hanno la tutela legale, erano d'accordo. Ma a non essere d'accordo, non si capisce in base a quale principio, erano i medici dell'ospedale di Hereford che hanno fatto ricorso all'Alta Corte chiedendo ai giudici di sottrarre la ragazzina alla custodia dei genitori e di restituirla all'ospedale.

Ma la piccola Hannah, indomita, si è allora rivolta a un'assistente sociale per spiegarle le sue ragioni, che l'assistente ha condiviso. Ciò ha convinto la direzione dell'ospedale di Hereford a ritirare il suo ricorso e la piccola Hannah Jones ha vinto la sua battaglia per poter morire in santa pace.
È una vittoria dolorosa ma molto importante perché va contro un diffusissimo, pernicioso, e interessato, principio dell'era tecnologica, che è andato sempre più imponendosi in questi anni, secondo il quale la lunghezza della vita, non importa a che condizioni è il bene supremo e che consegna il malato, privato di ogni autonomia e di ogni diritto, alla società e, attraverso questa alla congregazione degli scienziati e dei tecnici, in questo caso dei medici delle équipes ospedaliere.

L'uomo è sempre stato un essere oppresso, ma mai come in quest'epoca "liberale" ha finito per essere espropriato, dalla tecnica e dalla cultura che la tecnica ha generato, davvero di tutto, anche della propria morte. E non si è padroni nemmeno della propria vita se non si è padroni della propria morte. La tecnica è riuscita in un'impresa che sembrava impossibile, quella di spersonalizzare anche ciò che l'uomo ha di più privato, individuale e indivisibile: la sua morte. Nella società preindustriale non era così. «L'uomo è stato, per millenni, il padrone assoluto della sua morte e delle circostanze della sua morte, oggi non lo è più» (Philippe Ariès, Storia della morte in Occidente). Un tempo si moriva a casa, circondati dai familiari e dagli amici, si presiedeva la propria morte e, dopo un'agonia breve, si rendeva l'anima a Dio. Oggi si muore soli, negli ospedali, in struttura disumanizzante, ridotti a numeri, a oggetto di esperimenti, irti d'aghi, intubati, monitorizzati, una povera cosa umiliata, privata della propria identità e dignità. In nome della lunghezza della vita e per non voler più accettare la morte l'uomo dell'era tecnologica è disposto a qualsiasi cosa. Ma, soprattutto, lo sono le équipes ospedaliere.

Hanna Jones, opponendosi a questo scempio, ci ha dato una grande lezione. Ha riaffermato il diritto di ognuno a vivere liberamente la propria vita; la propria malattia e la propria morte. Ha riaffermato il primato dell'individuo sulla società, dell'uomo sulla tecnica. Grazie, piccola, coraggiosa, commovente Hannah.

Massimo Fini
Fonte: www.ilgazzettino.it
14.11.08

martedì 11 novembre 2008

OBAMA? SEGUITE I SOLDI

Paolo Barnard - 10/11/2008
http://www.paolobarnard.info:80/intervento_mostra_go.php?id=53

Una delle regole più note del giornalismo anglosassone è ‘follow the money’, cioè segui i soldi se vuoi capire come realmente funzionano le cose. Nel caso dell’elezione a presidente degli Stati Uniti di Barack Obama, è istruttivo applicare quella regola... purtroppo. Il Democratico ha raccolto un gran totale di 640 milioni di dollari per la sua corsa alla Casa Bianca, di cui una larghissima parte dai cosiddetti contributi individuali. Certamente in essi vi è una gran massa di donazioni di singole persone comuni, attivisti, gruppi di volontari, che è innegabile siano stati determinanti per il successo del loro beniamino. Ma non ci è dato sapere quale percentuale di quei fondi proveniva invece da settori un po’ meno ‘puliti’. Ricordo anche, è doveroso, che l'afroamericano ha rifiutato del tutto i contributi federali alla sua campagna elettorale. Quest’ultima nota è di sicuro molto edificante, ma se si dà un’occhiata ad altri dettagli, ahimè, il quadro cambia. Si scoprono cose che preoccupano, e che confermano quello che ho scritto in “Obama? Gioire con prudenza, molta”.

Un primo sguardo ai dati pubblicati dalla Federal Election Commission americana fa risaltare la presenza dei ‘falchi’ della finanza di Wall Street fra i maggiori gruppi che hanno versato nelle casse del neo presidente, gli stessi che hanno giocato a biglie col futuro economico dell’intero pianeta, fino al collasso di questi giorni: Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Citigroup, Morgan Stanley fra gli altri. Nel paragone fra i due contendenti alla Casa Bianca, Obama batte McCain per 2.938.556 dollari a 2.185.869 ricevuti delle banche commerciali. Quando poi si considerano gli speculatori più selvaggi della finanza americana, e cioè gli Hedge Funds, il presidente nero batte lo sconfitto bianco con un margine notevole: 2.637.578 dollari a 1.561.865. Questo forse spiega uno dei dettagli meno edificanti del passato politico di Obama: il suo voto al Congresso a favore del pacchetto di salvataggio sborsato direttamente dai contribuenti americani nelle tasche di Wall Street poche settimane fa, che non solo costerà sudore e pene a milioni di cittadini per anni a venire, ma che non risolve neppure uno dei problemi strutturali della finanza impazzita di quel Paese.

Proseguiamo. Da notare, fra le righe, quei 34.454 dollari che Barack Obama ha intascato dall’industria del tabacco. Non proprio morale per chi si presenta come ‘pulito’, per motivi persino troppo ovvi per essere citati. Ma una bruttissima sorpresa arriva quando si incontrano le voci relative ai colossi farmaceutici: Obama si è preso 1.662.280 dollari da questi giganti della speculazione sulla salute, contro i miseri 579.013 di McCain. La cosa è grave, poiché gli interessi di Big Pharma sono direttamente collegati al mantenimento del sistema Sanitario privatizzato americano, causa di ineguaglianze sociali orrende. Inoltre, visto ciò che le multinazionali del farmaco stanno facendo nel Terzo Mondo, dove negano ancora farmaci salvavita o sconti sui brevetti a tanti popoli disperati, di nuovo si fatica a trovare una moralità in questo aspetto di Obama. Si comincia qui a sbirciare qualcosa della realtà dietro i suoi proclami retorici.

Alla voce Comunicazioni ed Elettronica si rimane di sasso. Il Democratico straccia McCain con una somma ben cinque volte superiore, 21.600.186 dollari contro 4.308.349. La cosa grave in questo caso sta nella comprensione di chi in realtà milita in quella categoria: alcune fra le più micidiali industrie di Guerre Stellari americane, di spionaggio e di intercettazioni. Forse è per questo che Obama votò al Congresso la famigerata legge FISA, quella cioè che permette lo spionaggio di immigrati o di americani considerati ‘alieni’, politicamente scomodi, e che fu aspramente contestata da tutti i maggiori gruppi per i Diritti Civili. Inoltre, alla voce più specifica sui finanziatori della campagna elettorale provenienti dall’industria bellica, di nuovo Obama batte il Repubblicano, con 870.165 dollari contro 647.313.

Un altro settore di finanziamenti che preoccupa, è quello del comparto salute e assicurazioni. Ho già detto e scritto che la riforma sanitaria ipotizzata dal neo presidente lascia in sostanza le cose come stanno, con solo ritocchi cosmetici. Tradotto, significa che le grandi compagnie di assicurazione rimarranno gli arbitri della salute degli americani, in particolare dei 44 milioni di essi che oggi non hanno alcuna assistenza. I cittadini di quel Paese invocano in maggioranza e disperatamente un sistema sanitario pubblico, gratuito e finanziato dalle tasse, cosa riportata con chiarezza dai sondaggi ma non dalla stampa americana né dalla nostra. Obama ha ricevuto un gran totale di 49.408.792 dollari dal comparto salute e assicurazioni, McCain 33.286.626. Non sono spiccioli, e soprattutto non vengono donati a fondo perduto. Mi state capendo?

Per concludere, si arriva al tema dell’influenza sui candidati da parte delle lobby e delle professioni che contano. Barack Obama si è sforzato di rassicurare l’America che lui era il candidato degli interessi della persona media, della famiglia media, ma anche dei poveri, degli svantaggiati. Ok, senza perdere altro tempo ecco le cifre. Gli influenti lobbisti americani e gli studi legali (che negli USA hanno un potere enorme) hanno dato al giovane candidato vittorioso il triplo di quanto hanno dato a McCain: 37.122.161 dollari per il primo e solo 10.765.423 per il secondo. Questi non sono idealisti con lo sguardo perso nelle nuvole, sono personaggi, anzi, rapaci che ci vedono benissimo… Perché hanno premiato Obama?

Ripeto. Gioire, con prudenza. Moltissima.

www.disinformazione.it

lunedì 10 novembre 2008

E COSSIGA RIBADISCE

LETTERA APERTA AL CAPO DELLA POLIZIA ANTONIO MANGANELLI


DI FRANCESCO COSSIGA

Caro Capo, per alcune dichiarazioni paradossali e provocatorie da me rese sul come gestire l'ordine pubblico in questa ripresa di massicce manifestazioni e come, spengendo tempestivamente i focarelli, si possa evitare che divampino poi gli incendi, mi sono beccato denunzie da molte persone, sacerdoti, frati e suore comprese, e sembra che me sia in arrivo una da parte di S.Em.za il Card. Tettamanzi, firmata anche dai alcuni suoi fedeli adepti dei Centri Sociali, dei No Global e dei Black Bloc.
Ma osando contro l'osabile, caro Capo, vorrei darLe un consiglio. Gli studenti piu' grandi, anche se in qualche caso facendosi scudo con i bambini, hanno cominciato a sfidare le forze di polizia, a lanciare bombe carta e bottiglie contro di esse e a tentare occupazioni di infrastrutture pubbliche, e ovviamente, ma non saggiamente, hanno reagito con cariche d'alleggerimento, usando anche gli sfollagente e ferendo qualche manifestante. E' stato, mi creda! un grande errore strategico.



Io ritengo che, data anche la posizione dell'opposizione (non abbiamo piu' il Partito Comunista e il ferreo servizio d'ordine della CGIL), queste manifestazioni aumenteranno nel numero, in gravita' e nel consenso dell'opposizione. Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti. A mio avviso, dato che un lancio di bottiglie contro le forze di polizia, insulti rivolti a poliziotti e carabinieri, a loro madri, figlie e sorelle, l'occupazione di stazioni ferroviarie, qualche automobile bruciata non e' cosa poi tanto grave, il mio consiglio e' che in attesa di tempi peggiori, che certamente verranno, Lei disponga che al minimo cenno di violenze di questo tipo, le forze di polizia si ritirino, in modo che qualche commerciante, qualche proprietario di automobili, e anche qualche passante, meglio se donna, vecchio o bambino, siano danneggiati, se fosse possibile la sede dell'arcivescovo di Milano, qualche sede della Caritas o di Pax Christi, da queste manifestazioni,e cresca nella gente comune la paura dei manifestanti e con la paura l'odio verso di essi e i loro mandanti o chi da qualche loft o da qualche redazione, ad esempio quella de L'Unita', li sorregge.

L'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio come ho gia' detto un vecchio, una donna o un bambino , rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita.Io aspetterei ancora un po', adottando straordinarie misure di protezione nei confronti delle sedi di organizzazioni di sinistra. E solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di ''Bella ciao'', devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti, ma senza arrestare nessuno.
E il comunicato del Viminale dovrebbe dire che si e' intervenuto contro manifestazioni violente del Blocco Studentesco,di Casa Pound e di altri manifestanti di estrema destra, compresi gruppi di naziskin che manifestavano al grido di ''Hitler! Hitler!''. Questo il mio consiglio.

Cordialmente Francesco Cossiga'.

Fonte: www.asca.it

domenica 9 novembre 2008

Ma l'america è una vera democrazia?

A giudicare dalla formula che ne regolamenta i dibattiti elettorali in tivù -ovvero il mezzo attraverso cui la gran parte dei cittadini statunitensi decide chi mandare alla Casa Bianca- qualche legittimo dubbio affiora. Assistendo ai duelli mediatici tra il ticket di Obama e quello di McCain, saltava agli occhi l'assenza di candidati alla presidenza che non fossero espressione dei partiti democratico e repubblicano. Eppure di aspiranti alla carica regolarmente in lizza ce ne sono altri trentacinque. Tredici dei quali per conto di storiche formazioni partitiche, e almeno quattro presenti in abbastanza stati per poter vincere la maggioranza negli agognati collegi elettorali: l'indipendente Ralph Nader, il libertario Bob Barr, la verde Cynthia McKinney e Chuck Baldwin del Costitution party. Come mai neanche uno di loro è stato invitato agli showdown via etere, record d'ascolto dei canali a stelle e strisce? Il motivo è presto detto: a stabilire il nome dei partecipanti è la Commission on presidential debates (Cpd), un'ente privato non istituzionale, creato e gestito dai due maggiori partiti. Che fissano le regole in modo da oscurare fastidiosi concorrenti, in grado, se non di lottare per la vittoria, certamente di fare da ago della bilancia, sottraendo pacchetti di voti a ciascuno dei front runner. Una pratica che avrebbe stroncato figure come Abramo Lincoln, all'epoca candidato terzo. Per giunta la suddetta Commission si finanzia, in palese conflitto d'interessi, grazie all'esclusivo obolo di grosse aziende americane. Guarda caso tra i principali donors delle campagne di Obama e McCain. Rispetto alla situazione americana, il vituperato panorama televisivo italico si erge quasi a modello di imparzialità. Da noi nessuno s'è mai sognato di rifiutare un faccia a faccia ai vari Bertinotti, Boselli, Casini, Santanchè, e financo ai leader di fantomatici partitini civetta. Anzi, l'unico scontro diretto mancato da Vespa e Mentana è stato il Berlusconi Veltroni. Per non parlare degli spazi delle tribune politiche, uguali per tutti per legge. Oltreoceano invece, nella patria del diritto costituzionale, è accaduto quanto segue. Nel novembre 1985 gli allora capi dei comitati nazionali del partito democratico e repubblicano, Paul Kirk e Frank Fahrenkopf, firmarono un "Memorandum of understanding" per regolare tra di loro i dibattiti pre-elettorali, divenuti nel frattempo la chiave di volta della corsa alla casa bianca. Imponendone l'adozione alla Cpd, che dal '76 fino ad allora era stata governata da un'associazione super partes, la League of women voters (Lega delle donne elettrici). La quale cedette la testa dell'organismo agli stati maggiori dell'asinello e dell'elefante, denunciando una "frode ai danni dell'elettore americano". La cesura con la precedente gestione, che invitava automaticamente i candidati terzi -ad esempio tale John Anderson nel 1980- fu evidente dal 1988 in poi. Emblematica l'esclusione nel 1996 del miliardario Ross Perot, malgrado il 19% delle preferenze raccolte quattro anni prima (decisive per il successo di Clinton), 29 milioni di fondi già in cassa e tre quarti dell'elettorato che lo volevano in onda. E ciononostante ottenne l'8.4% dei voti. Ancora nel 2000, un'apparizione di Nader nel prime time avrebbe di certo evitato la farsa dei riconteggi in Florida e le accuse di brogli da parte di Gore, mentre nel 2004 bastava uno spostamento dell'1% in Ohio per far prevalere Kerry. Ma anche stavolta, solo tra Barr e Nader si cela un voto potenziale tra il 7 e il 10%, e chissà di quanto sarebbe salito se avessero partecipato alle sfide in tv. Candidati terzi furono, tanto per dire, due presidenti mitici: Delano Roosevelt nel 1912, e Abramo Lincoln quando la destra erano i Whigs. Oggi verrebbero cancellati dai criteri della Cpd. Negli Stati Uniti è sufficiente il 5% per ottenere i fondi pubblici che finanziano i major parties, ma non basta il 14.99% del favore popolare nei sondaggi per essere invitati ai dibattiti mediatici. La regola l'hanno stabilita, a partire dal 2000, i soliti Kirk e Fahrenkopf, tuttora alla guida della Commissione insieme a probiviri quali Clinton e Carter e a un board di lobbisti del big business. Tutti organici ai due partiti di punta. Peccato che nei presunti sondaggi consultati per testare la popolarità dei candidati -come evidenziato da uno studio dell'università di Nottingham- non sia obbligatorio elencare altri nomi aldilà dei nominati democratico e repubblicano. Senza contare che gli istituti demoscopici sono essi stessi di proprietà dei principali conglomerati mediatici. Ovviamente è sempre la Cpd a scegliere su quali sondaggi basarsi. Oltre che a decidere chi saranno i moderatori e i panelist (chi può fare domande), piuttosto che date, location, argomenti delle serate (interni o esteri), il format (minutaggio e ordine delle risposte), persino l'altezza dei podi. O a effettuare lo screening preventivo del pubblico 'comune' (e relative domande) nelle town hall questions. Il fatto che il 64 % dei cittadini vorrebbe dibattiti aperti agli indipendenti non interessa granchè, quando a finanziare il baraccone ci pensano a turno corporation del calibro di Pilipp Morris, Ford, Yahoo, At&t, American Airlines, JPMorgan, Prudential, Anheuser. Il decano dei giornalisti Walter Cronkite ha definito le regole della Cpd "un sabotaggio del processo elettorale". Ma la Commission si vanta di fornire know how ad altri 12 stati stranieri. Definendo il proprio, con involontaria ironia, un approccio bipartisan. Perchè in effetti riguarda al massimo due partiti.

www.laltrogiornale.com

venerdì 7 novembre 2008

PARLARE DI NUCLEARE PARTENDO DA CHERNOBYL

Io lo so che il vostro tempo è prezioso, ma spendere cinque minuti della vostra vita per leggere questo articolo penso sia importante.

giovedì 6 novembre 2008

NO NEL LORO GIARDINO (o in quel che è rimasto)

Anche l'Italia potrebbe spedire scorie nucleari a Mayak in Russia nel posto più inquinato dal punto di vista radioattivo del pianeta. Dov'è l'etica?
NO NEL LORO GIARDINO!:

La storia di Mayak

Photo gallery

Il problema delle scorie radioattive in Russia

mercoledì 5 novembre 2008

Denunciato Cossiga

Questa è la denuncia che sembra sia giunta alla Procura di Roma dopo le dichiarazioni di Cossiga.

> Alla Procura della Repubblica di Roma


> I sottoscritti denunciano alla Procura della Repubblica di Roma il
> senatore
> Francesco Cossiga per le dichiarazioni da lui rilasciate a "Il
> giorno", "Il
> resto del Carlino" e "La Nazione", pubblicate su questi quotidiani
> il 23
> ottobre scorso, dichiarazioni tanto più gravi in quanto provengono
> da un
> personaggio che ha ricoperto i ruoli più elevati nelle istituzioni
> della
> Repubblica Italiana.


> Nell'ambito di queste dichiarazioni appaiono particolarmente
> delittuose le
> seguenti affermazioni (tra virgolette le parole del senatore
> Cossiga, il
> resto del testo è costituito dalle domande e dagli interventi del
> giornalista).


> "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro
> dell`Interno".


> Ossia?


> <.>


> "In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché
> pensi a
> cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente
> ferito...".


> Gli universitari, invece?


> "Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle
> università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a
> tutto, e
> lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i
> negozi,
> diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città".


> Dopo di che?


> "Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle
> ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e
> carabinieri".


> Nel senso che...


> "Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e
> mandarli
> tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li
> rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei
> docenti che li fomentano".


> Anche i docenti?


> "Soprattutto i docenti".


> Presidente, il suo è un paradosso, no?


> "Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si
> rende conto
> della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che
> indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento
> criminale!".


> (Fonte: Rassegna stampa del governo italiano:
> http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=32976406)


> In tali dichiarazioni sono rilevabili i reati - quanto meno - di
> istigazione
> a delinquere, commesso pubblicamente come richiesto dalla legge per
> la sua
> punibilità: istigazione rivolta sia al ministro Maroni sia agli stessi
> organi di polizia preposti all'ordine pubblico (art. 414 CP); di
> istigazione
> di militari (i Carabinieri) a disobbedire alle leggi a violare il
> giuramento - sulla Costituzione - (art. 266 CP:) e di apologia di
> reato
> (ancora 414 CP) , in relazione ai reati da lui commessi ed ora
> spudoratamente confessati.


> I sottoscritti chiedono che per quanto sopra si proceda penalmente
> a carico
> del sen. Francesco COSSIGA per i reati suddetti e per tutti quelli che
> potranno essere ravvisati.


> Dichiarano di sentirsi, come cittadini della Repubblica, persone
> offese da
> tali reati; riservano la costituzione di parte civile e formalmente
> chiedono, ai sensi dell''art. 408 CP, di essere informati in caso di
> richiesta di archiviazione.


> Pietro Leone - nato il 16 06 1939, residente in Roma - via Flaminia
> 287
> villino 33 CAP 00196 - Tel. 06 3220789


> e-mail: piero.le...@gmail.com