venerdì 21 novembre 2008

LE IENE

DI STEFANO MONTANARI

http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1415&Itemid=1

A seguito dei numerosi commenti ricevuti, alle 17 e 30 aggiungo: Il prof. Raffaello Cossu, organizzatore del congresso, si è comportato in maniera estremamente onesta e corretta nei miei riguardi. Anzi, si è anche dimostrato interessatissimo ai nostri studi ed è più che possibile una collaborazione futura. Sulla sua perfetta buona fede e sul suo buon senso non ho dubbi. Il resto è quello che ho scritto.

Ci sono volte in cui non credo che ce la faremo. Ci sono volte in cui sento la solitudine. Ci sono volte in cui sento chiara e forte tutta la mia impotenza davanti allo spettacolo terrorizzante di un’umanità che corre al suicidio, e un suicidio dei più crudeli perché chi si prende la responsabilità di sparare il colpo non lo spara solo a se stesso ma coinvolge miliardi di suoi simili, nati e non ancora nati.

E oggi è una di quelle volte.

Ieri ero a Venezia, relatore ad un congresso internazionale il cui scopo era quello di santificare l’incenerimento dei rifiuti. Ero solo. Dall’altra parte, centinaia di personaggi, per lo più ingegneri, spesso i soliti tromboni universitari, che mangiano immondizia e di questa coprofagia vivono e prosperano.

Ho tenuto la mia relazione. Ho mostrato che cosa esce da uno di quei camini. Erano immagini di campioni prese al microscopio elettronico del nostro laboratorio. Ho mostrato che cosa si trova nei tessuti malati, specie in quelli dei bambini. Non ho fatto chiacchiere: ho mostrato fatti inconfutabili. Discutiamone finché vogliamo, ma quella roba

c’è.


Alla fine sono stato aggredito verbalmente da centinaia di persone. Quelli sopra quel massacro ci mangiano. Come gli avvoltoi. Come gli sciacalli. Come le iene. Io stavo mettendo a rischio il loro pasto che ai loro occhi ciechi promette di essere sempre più grasso. Almeno fino a che non si tirerà il sipario.

Vista freddamente, vista con la prospettiva di chi guarda da fuori e, magari, dal futuro, ci sarebbe stato da ridere, addirittura da sganasciarsi dalle risate a sentire le idiozie che echeggiavano in quell’augusto salone. E invece ad echeggiare era una miriade sinistra di sentenze di morte.

Quei signori ignorano la fisica, la chimica, la tossicologia. E il buon senso.

Da due habitué del Politecnico di Milano (come per un vecchio purgante, basta la parola) sono uscite enormità quali: la tonnellata di fumi che esce da una tonnellata di rifiuti bruciati contiene ossigeno atmosferico e, dunque, non è una vera tonnellata. Credo sia inutile far notare ad una macchietta simile che, nel rispetto della legge di conservazione della massa, l’ossigeno che viene sottratto all’aria si combina con altre sostanze dando origine a composti tossici. La diossina, che ha due atomi di ossigeno nella molecola, è uno dei tantissimi composti del genere.

L’altra enormità è: l’aria che esce da un inceneritore è identica a quella che entra. Seguita da: mettiamo filtri di carbone attivo che bloccano tutto (dove finirà quel carbone carico di porcherie resta coperto dalla privacy). Qui mi rifiuto di commentare per manifesta inferiorità intellettiva del personaggio, peraltro lo stesso che affermò in TV (Matrix), spalleggiato dallo statista Gasparri, che la strategia “rifiuti zero” forse si attua in qualche paesino della tundra canadese e nulla più. San Francisco e l’intera Nuova Zelanda, tra le migliaia di altre ubicazioni, sono site nella tundra canadese, stando alla personalissima geografia del professore e dello statista.

E un medico, l’unico presente, un oncologo che dice che solo il 3% dei cancri viene dall’inquinamento ambientale, e che non capisce che, cancri o no, le polveri che ho mostrato nei reperti presi da bambini malati o da feti malformati non hanno alcun diritto di essere là. E come è possibile affermare che dei corpi estranei in cui c’è davvero di tutto siano perfettamente innocui? E come è possibile impiegare il denaro pubblico per mettere in piedi un’indagine epidemiologica che nasce vistosamente taroccata (vedi Il Girone delle Polveri Sottili)? E come è possibile aprire bocca per contestarmi se non ci si è mai presi la briga nemmeno di leggere ciò che abbiamo scritto (e ieri, proprio per questa ignoranza, sono stato accusato di aver affermato sciocchezze che non mi sono mai passate per il cervello)?

Il tutto, naturalmente, senza aver mai fatto uno straccio di analisi nanopatologia sui tessuti malati, di qualunque natura la malattia sia. Esattamente come si faceva quando la scienza era l’ipse dixit: è vero non perché l’ho sperimentato ma perché l’ho detto io che sono tanto bravo.

Insomma, siamo nelle mani di un branco di iene. Denaro? Potere? Semplice ignoranza? Non posso dire che cosa spinga ognuno di loro. Ciò che posso dire è che, dal punto scientifico, il livello è molto sotto lo zero e che dal punto di vista morale il livello è, se possibile, di gran lunga inferiore. Quelli, se ne rendano conto o no, rischiano di essere complici di delitti che vanno dal disastro ambientale al danno patrimoniale, dalla lesione grave all’assassinio.

Non solo questo, ma quelli, certo non abituati ai congressi di medicina, sono pure talmente vigliacchi da insultarmi perché ho mostrato la fotografia di un bambino morto di leucemia mieloide acuta dopo otto ore dalla nascita. In quel corpo, in tutti i suoi organi compresi il cervello e il cuore, c’era la collezione di polveri ambientali più spaventosa che si possa immaginare. Vigliacchi perché mi hanno accusato di far leva sulle emozioni mentre di quel bambino loro avevano in qualche modo firmato la sentenza di morte. Vigliacchi perché loro uccidono a distanza e non hanno nemmeno il coraggio di guardare in faccia la loro vittima. E vigliacche le centinaia di persone del pubblico che agl’insulti hanno applaudito.

L’orrore che provo per voi, però, è sovrastato dalla pietà umana che mi suscitate. Voi non sapete che cosa state facendo, come soldatini disciplinatamente decerebrati che servono in un campo di sterminio. Se esiste un dio misericordioso, abbia pietà di voi.

Ma io che cosa posso fare? Io quelle cose le vedo tutti i giorni nel mio laboratorio, e le vedo sotto uno strumento senza emozioni come un microscopio che mi restituisce immagini obiettive e un’analisi chimica elementare senza possibilità d’errore.

Io non voglio essere creduto per un atto di fede: chiedo che si rifaccia ciò che facciamo noi in laboratorio, che lo si faccia per migliaia di volte come abbiamo fatto noi e che mi si dimostri, dati freddi e lucidi alla mano, che sbaglio, che per anni qui si sono presi degli abbagli, che io non ho capito niente. A quel punto io sarei il primo a tirare un sospiro di sollievo.

Ma nessuno fa questo. E nessuno lo fa per due motivi: il primo è per incapacità (ma, con impegno ed umiltà s’impara), e il secondo è perché chi in quella banda ha ancora cervello sa perfettamente che cosa significherebbe fare indagini sul serio.


Che fare? Inutile illudersi: io da solo non ce la posso fare. O mi si dà sul serio una mano o abbiamo perso.

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