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Cara Italia,
Amarti è stata per me una cosa naturale, naturale come lo è amare chi ti ha partorito. Amarti è stato facile, perché il tuo fascino di scrigno di tesori che non hanno uguale mi aveva stregato come aveva fatto per tanti prima di me e come, chissà, continuerà per chi mi seguirà.
Darmi da fare per te al limite delle mie capacità, per modeste che fossero e siano, non mi è costato sacrificio perché quello era l’imperativo categorico cui non avrei mai potuto non rispondere. E ora?
Ora l’amore è svanito in una nuvola di polveri, polveri tutt’altro che romanticamente ultrafini.
Senza che io avessi il diritto di stupirmene, visto che la Storia deve essere maestra, tu sei rimasta il bordello del grido dantesco sul cammino verso il Purgatorio, preda consenziente di satrapetti rapinosi, di faccendieri mutilati di ogni morale, di istituzioni indistinguibili dalle cosche, di araldi di un’informazione truffaldina, di cialtroni strepitanti in piazza. È così che hai ucciso l’amore: mostrando sguaiatamente la tua oscenità.
Io non sono che una delle tue vittime, e non certo la maggiore, ma è inevitabile che ognuno guardi a sé, e quello che io vedo è deludente, deprecabile, vergognoso.
A suo tempo la mia famiglia decise, facendolo in tutta libertà e, dunque, senza altra costrizione che non fosse l’impulso morale, di votarsi ad una ricerca scientifica nata da una scoperta straordinaria capitataci in mano forse per caso. Per questa sprememmo quanto avevamo messo da parte negli anni e per questa sopportammo insulti e angherie.
Se, da una parte, i risultati scientifici furono straordinari e tali promettono di perpetuarsi con la continuazione del lavoro, dall’altra mi sono dovuto imbattere nella feccia della feccia di questa tua società, e chi ha seguito le traversie attraverso cui siamo passati sa di che cosa parlo.
Oggi, dopo averci sottratto per la seconda volta lo strumento principe di lavoro, cioè il microscopio elettronico, ecco che ci chiudono la onlus Ricerca è Vita. Perché? Perché facciamo ricerca. Sì, questa è la motivazione, per stupefacente che sia.
Chi abbia voglia di dare un’occhiata ad Internet e cerchi le onlus che, con più o meno successo, si dedicano alla ricerca ne troverà a bizzeffe, tutte regolarmente aperte e funzionanti. Quelle differiscono pesantemente dalla nostra però: non danno fastidio a nessuno perché le loro ricerche non hanno l’effetto collaterale di minare affari miliardari sulla cui correttezza mi si permetta di eccepire. E differiscono dalla nostra perché non disturbano la vita tranquilla di istituzioni infedeli al proprio mandato.
Cara Italia, certo ne hai viste di peggiori, ma lascia che ti ragguagli brevemente su come la tua Agenzia delle Entrate di Prato ha liquidato la onlus. Un’istituzione (non è difficile indovinare quale) ha fatto notare che Ricerca è Vita si occupa, appunto come rivela il nome, di ricerca e tanto è bastato. Che importa se questo obiettivo era riportato nello statuto che era stato approvato senza difficoltà? Che importa se ad ottobre scorso la onlus era stata controllata e tutto era in regola? Che importa se dalla onlus non è mai stato tolto un centesimo e, dunque, non un centesimo è andato alla ricerca? Come avrà fatto l’Agenzia delle Entrate di Prato a stabilire che la onlus supporta la ricerca? Perché no alla ricerca? L’importante era chiuderci e farlo con decisione retroattiva, tanto per essere più sicuri.
Ora, cara Italia, come per tutti gli amori finiti così, resta la tristezza di una delusione cocente e, lascia che te lo dica, resta uno schifo incoercibile.
Stefano Montanari
P.S. per i donatori che hanno detratto la donazione: Ricerca è Vita li terrà indenni.
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