domenica 11 luglio 2010

LA GUERRA DI TUTTI

DI ANTONIETTA GATTI

Siamo ogni giorno in guerra e pochi lo sanno. Il nostro corpo, sì: il nostro corpo lo sa e ci avverte, prima
gentilmente, con segnali magari appena percettibili, poi via via più forti, fino ad essere tali da farci
forzatamente ammettere che siamo malati. Così si va dal medico, gli si elencano i sintomi e quello non ne
ricava nulla. Ci prescrive un po’ di tutto, una bella ricetta lunga, un farmaco per ogni sintomo, ma di diagnosi
vera nemmeno l’ombra. Malattie psicosomatiche: stiamo diventando tutti matti. Questa è la diagnosi più
comoda. Di fatto, oggi l’incidenza delle varie malattie non è quella di una tempo, e non parlo di secoli:
qualche anno appena. Chi ha mai visto tante allergie, tante intolleranze alimentari come la malattia celiaca,
tanto per non fare che un esempio, tanti casi di asma? I bambini di oggi sono incomparabilmente più
soggetti a queste malattie rispetto a quelli di appena una generazione fa. Ci sono addirittura malattie o,
meglio, sindromi, vale a dire collezioni di sintomi, per le quali ci si è dovuti inventare un nome, e basti citare
le cosiddette Sindromi del Golfo e dei Balcani. Perché? Che cosa è cambiato così radicalmente in un tempo
tanto breve? Noi siamo addestrati ad omologare il concetto generale di progresso con quello qualificato di
progresso tecnologico. Non è questa la sede per dibattere una questione del genere, ma, dal punto di vista
dell’oggettività, è impossibile negare che l’introduzione massiccia di tecnologie abbia introdotto qualcosa
nell’ambiente che prima non c’era. Lo so, il concetto, la parola stessa fanno storcere il naso a molti, ma quel
qualcosa si chiama inquinamento. Prendiamo ad esempio la polvere cittadina. Trovarci Cerio o Platino dieci
anni fa sarebbe stata un’evenienza rara quando non impossibile. Oggi questi metalli ci sono, stanno sospesi
in aria a livello del naso, sono in forma di granelli minutissimi di polvere visibili solo a fortissimi ingrandimenti
e derivano principalmente dai filtri antiparticolato, i cosiddetti FAP, e dalle marmitte catalitiche. Nei fatti, una
pezza che potrebbe essere peggiore del buco, come si dice da qualche parte, e peggiore perché queste
polveri sono più fini di quelle che si propongono di eliminare, tentando questo in contrasto con le leggi
elementari della fisica. Dunque, quando sono inevitabilmente respirate finiscono altrettanto inevitabilmente
nelle parti più profonde dell’organismo da cui, poi, non escono più e dove fanno guai. Piaccia o no, questo
concetto è ormai inoppugnabile e lo si trova addirittura sui periodici dell’ARPA (Agenzia per l’Ambiente). Noi
di utilizzare o finanche di eliminare, questa roba non siamo capaci: il nostro organismo gradisce solo
Ossigeno e questo gas è in diminuzione percentuale nell’atmosfera, mentre una miriade d’inquinanti d’ogni
specie, tra cui una varietà quasi infinita di nuove polveri, molti dei quali ci sono poco conosciuti o del tutto
ignoti, entrano giornalmente nella nostra “dieta gassosa”. Diamo un’occhiata al numero 21 del 31 maggio
dell'Espresso e all’articolo sul cancro, tutto sommato “buonista”, con tanto di mappe geografiche dei luoghi
più incriminati. I dati epidemiologici indicano che nel nostro Paese, in circa 20 anni, c’è stato un incremento
“tra il e il 20 % di linfomi e leucemie, + del 37% di aumento di mesoteliomi nelle donne. +27% di tumore della
mammella, + 8-10% di tumori al cervello e+14-20% di tumori al fegato.” Ma la cosa più agghiacciante sono i
tumori nei bambini “+ 1.3 % anno per tutti i tumori anche se l’aumento maggiore riguarda il neuroblastoma in
Piemonte.” Ma occorre fare molta attenzione a questi dati epidemiologici. Per eseguire una ricerca di questo
tipo occorrono di norma tempi lunghi, spesso anche ben superiori al decennio, e in questo lasso di tempo
occorrerebbe godere di condizioni stabili. Ciò che accade, invece, è che l’inquinamento progredisce a
velocità crescente e le condizioni d’inizio ricerca sono lontanissime da quelle di fine ricerca, privando così di
una parte di significatività i dati ricavati. Inoltre, esistono malattie che non vengono tradizionalmente legate
all’inquinamento e di queste poco o nulla si tiene conto in queste disamine. Tra queste, molte affezioni come
il Morbo di Parkinson o il Morbo di Alzheimer la cui relazione con “avvelenamenti” ambientali è sempre più
sospetta. Ma con loro, diverse altre patologie neurologiche, della sfera riproduttiva, di quella endocrina, per
non dire di quelle cardiovascolari, dagl’infarti alle tromboembolie polmonari. Inutile, ingenuo e, soprattutto,
deleterio negarlo: “I tumori con forte componente ambientale superano il 50% del totale,” afferma il prof.
Lorenzo Tomatis, monumento dell’oncologia internazionale, sempre che vogliamo limitarci a considerare
solo queste patologie. E queste patologie, tutte, progrediscono, e a livello di mondo globale, assolutamente
in parallelo con il grado d’industrializzazione, un fenomeno che porta con sé non solo fumi con polveri nocive
da respirare ma comporta pure una contaminazione forse ancor più subdola dell’ambiente, ad esempio
dell'erba che gli animali mangiano e del grano, della frutta e della verdura che ci mangiamo anche noi. E
industrializzazione vuol dire anche scarichi di composizione più o meno rivelata che finiscono ovunque, il
che significa spesso nelle falde acquifere e in quell’acqua che va nei fiumi e poi al mare. Lì, nei fiumi e nel
mare, quegli scarichi avvelenano alghe, molluschi e pesci che noi mangiamo. Ma forse fanno anche di
peggio, pur se la cosa non è immediatamente vistosa: avvelenano il plancton, che è ai piedi della catena
alimentare, una catena della quale noi, gli uomini, stiamo al vertice e, minandone le basi, attentiamo
efficacemente a noi stessi. Un concetto basilare e ineludibile dell’ecologia è che un essere vivente che
distrugge il proprio habitat è inevitabilmente destinato ad estinguersi. Noi uomini siamo l’unico animale
inquinante e l’inquinamento che produciamo non siamo capaci di distruggerlo ma solo, e perché l’universo è
concepito in questa maniera e noi non ci possiamo fare nulla, al massimo di trasformarlo, vedi ciò che
combinano gl’inceneritori. Nascondiamo pure tutto sotto il tappeto: alla fine, quel tutto ce lo ritroveremo da
qualche parte dove non dovrebbe esserci. Magari dentro di noi. Di questi meccanismi ne cominciano, e con
apparente sorpresa, a sapere qualcosa i paesi in via di sviluppo, ad esempio la Cina, che hanno visto
crescere esponenzialmente patologie letali là dove è arrivata l'industrializzazione senza accanto la
consapevolezza di ciò che produce questa varietà di progresso. Un esempio per tutti: esiste un luogo,
restando in Cina, dove vengono portati i computer di tutto il mondo. Là, operai estraggono tutto quanto abbia
un valore commerciale, come piccoli pezzi d'Oro o di metalli pregiati che poi sono rivenduti per qualche
dollaro, tanto da permettere loro di mangiare. Questi pezzi vengono dissaldati con piccole combustioni
(dissaldature) senza nessuna protezione per l'operatore. In tempi brevi, questi uomini si ammalano di
patologie polmonari fino al cancro. E l’India non è da meno: laggiù ci sono bambini che recuperano il Piombo
dalle batterie e non sanno che insieme al pane che mangiano senza alcuna consapevolezza e fuori da ogni
igiene ne ricavano anche una contaminazione interna che li porta alla morte precocemente. L’ho detto:
l’organismo prima protesta con educazione, poi reagisce come sa: con la malattia. Le polveri sottili che noi
generiamo, ben più sottili di quelle che anche la Natura genera in modesta quantità ad esempio con i
vulcani, sono capaci di penetrare nelle parti più profonde del nostro corpo, interagiscono con le cellule e
addirittura con il nostro patrimonio genetico, alterandolo in maniera irreversibile. I vari tipi di cancro dei
tessuti, duri e molli, sono l'espressione di quello scontro. Il tutto avviene senza clamore, mentre noi siamo a
goderci il progresso. Distogliere lo sguardo, coprirsi gli occhi come troppo spesso facciamo non serve: basta
solo dare un’occhiata nella giusta direzione e si trova traccia, testimonianza di questi scontri. E' guerra, ma
per ora è una guerra in cui il genere umano è destinato a perdere. I farmaci che stiamo mettendo in campo
sono rozzi e talvolta molto più insidiosi di questa polvere nuova e inaspettata, di tutti questi inquinanti di cui
così poco sappiamo. Alcuni medici, anche di grido, sono immersi fino al collo in questo disastro e non se ne
accorgono. Continuano grottescamente a cercare la spiegazione di queste malattie in molecole del basilico o
ipotizzano altre facezie, magari tessendo invece le lodi di centrali elettriche al carbone di cui non capiscono
neanche il meccanismo ingegneristico o pretendendo d’ignorare le leggi universali della conservazione della
materia. Nel ’56 a Londra ci fu una strage da smog. La gente respirava polvere di carbone, la nebbia che i
londinesi di allora chiamavano affettuosamente “zuppa di piselli” e che era quasi un’attrazione turistica. Si
capì che uccideva. Si disse basta al carbone. Purtroppo la storia insegna solo a chi è in grado di capire e
recepire. Per gli altri, la storia è solo la più fastidiosa e inascoltata delle maestre. Ci sono medici che vedono
che nella loro città queste patologie crescono e tuttavia non arrivano al ragionamento logico di causa-effetto,
pretendendo pigramente “prove sicure”, studi epidemiologici lunghi, costosi e, di solito, mal confezionati,
prima di dare il loro autorevole parere. Gli studi epidemiologici sono fatti da medici e basta, e questi sono
troppo poco esperti di ambiente, del comportamento in atmosfera degl’inquinanti, di chimica, di processi
industriali, di biocompatibilità chimica o fisica delle polveri. Il risultato è che pertanto nello studio non entrerà
la causa vera della patologia o, al massimo, entrerà solo qualche ingrediente della ricetta. E un rischio, non
certo il solo, è quello di eseguire confronti insensati con altre popolazioni. Se, ad esempio, si farà ciò che si
progetta in Emilia Romagna, cioè si valuterà una varietà di patologie entro un raggio di 4 km da un
inceneritore e si confronteranno quei dati con patologie sopravvenute entro raggi di poco superiori, il risultato
sarà che non ci sono differenze e questo sarà un alibi eccellente per assolvere l’inceneritore. In realtà, le
polveri veramente patogeniche, ben inferiori alle PM10, che escono da quegl’impianti si distribuiscono su
territori vasti e, dunque, 4 km o 10 farà poca differenza. Tener conto, poi, solo di alcune malattie
trascurandone altre è un ulteriore elemento di confusione. Ma questo si fa più o meno ovunque perché le
ricerche epidemiologiche sono spesso messe in atto perché diano un risultato prestabilito. E allora si
strombazzeranno risultati non solo inutili, ma, in quei casi, fuorvianti. Più interessante e molto meno
rischioso, se non altro perché meno manipolabile, sarebbe solo il dato censorio, statistico dell’incidenza di
tali patologie. Ciò che più è triste è che la guerra per la nostra sopravvivenza non ha alleati. L’Espresso
mostra una mappa dell’Italia dove ci sono fabbriche con tanto di nome e cognome e intorno cui c’è una
grande incidenza di malattie tumorali. Malattie che, chiedo scusa se mi ripeto, sono tutt’altro che le sole da
considerare. Ci si aspetterebbe che vi fossero in atto misure di contenimento, di prevenzione. Nossignore:
niente di tutto questo. Chi si alza a denunciare la situazione viene zittito, viene tacciato addirittura di
“terrorismo” come se terrorista fosse non chi mette le bombe ma chi tenta di disinnescarle, perché la logica
degl’interessi economici è forte e prevale su qualche bara, anche se la bara è bianca. Esiste poi la lobby del
farmaco. Cancro vuol dire medicine, cioè business, quindi fare prevenzione primaria, quella che evita di
ammalarsi, vuol dire perdita di guadagno. Non ha molta importanza se alcune medicine sono più letali della
malattia stessa, l’importante è vendere. Con il tasso d’incremento del cancro, le multinazionali del farmaco
diventano sempre più ricche. Questo guadagno è in minima parte condiviso con scienziati o, tristemente,
pseudo-tali, non certo per studiare come prevenire il cancro, ma come prolungare la vita al paziente. Più
questo vive, più farmaci consuma. Allora, è una guerra persa in partenza. Ci siamo tutti, ma chi paga il conto
più salato di questa industrializzazione sconsiderata e frettolosa, senza che ci si prenda il tempo di
controllarne sul serio gli effetti, e di tutto ciò che ne consegue, sono i bambini ed i vecchi. E' la strage
degl’innocenti.

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