giovedì 25 settembre 2008

DA "Corruzione ad Alta Velocità" (3° parte)

Ma come per le auto , anche per le case Di Pietro era insaziabile. Sempre nel1991 (prima che cominciasse l’inchiesta “mani pulite”) l’allora magistrato scopre di avere urgente bisogno di un altro appartamento a Milano.
Con le opportune entrature, come si addice a uno che conta, raccomandato dal socialista Sergio Radaelli, presidente della Cariplo, la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, Di Pietro si vede assegnare in affitto un appartamento in via Andegari, n.18, nel pieno centro storico della città. La raccomandazione evidenzia che la cosa ( o meglio la casa) interessa al Sindaco Pillitteri. L’appartamento gli viene affittato con procedura discrezionale, in quanto locato in deroga alle norme che stabilivano la destinazione degli immobili della banca ai dipendenti o pensionati dell’istituto: Nonostante le spese per la ristrutturazione siano a carico della stessa Carialo, per l’arredamento ci sarebbero dei soldini da sborsare, soldini che verranno anticipati dal dottorema …rimborsati dall’ing. D’Adamo, al quale verranno restituiti, come è ormai prassi nel 1994 e ovviamente senza interessi di sorta. Anzi per amor di precisione, saranno restituiti solo 15 milioni, invece dei 18 impiegati per l’arredo di casa di Di Pietro. I tre milioni in meno e i mancati interessi bancari non sono forse altre munificenze?
Quello dell’alloggio deve essere stato in un certo periodo della sua vita, certamente tra il 1990 e il 1993, una vera fissazione per Di Pietro. Due case a Milano, una a Curno e poi gli alberghi. Quelli romani in particolare. Tra il marzo del ’90 e il maggio del ’93 il pubblico ministero fa avanti e indietro fra Milano e la capitale. Per 12 volte alloggia presso il residence “My Fair”. Nello stesso arco di tempo risultano 13 biglietti aerei andata/ritorno a lui intestati. Per 12 pernottamenti solo uno è stato pagato dal magistrato, i restanti vengono saldati dalla solita Edilgest Finanziaria spa, solita società del solito D’Adamo. Quanto ai voli nessuno risulta essere stato pagatola Di Pietro: cinque sono nelle note spese della Edilgest. I sette che mancano li ha pagati D’Adamo, in contanti di tasca sua.
Ma Di Pietro, si sa, è un uomo di grande cuore, un uomo generoso. Non pensa solo a se stesso, ma anche ai suoi stessi collaboratori. Rocco Stragaprede ad esempio, ad esempio. Lo abbiamo già incontrato. E’ quello che gli portava la “Dedra” in garage per la manutenzione. Rocco ha biosogno di telefonare e anche lui deve pur avere una casa dove vivere. Ed ecco che anche il caRO Rocco ha in uso un cellulare, ovviamente intestato a una società di D’Adamo. E per la casa dottò che debbo fare? Non c’è problema Rocco. Ti va bene Rho? Non è distante da Milano. Anche l’appartamento di Rho, dove Rocco Styragapede vive , è intestato ad un dipendente di D’Adamo che è in possesso delle ricevute del canone d’affitto per il periodo gennaio-novembre 1994 e della quasi totalità delle bollette per luce e gas del periodo luglio 1993-luglio 1995. Persino una libreria per la casa di Curno risulta essere stata pagata da D’Adamo, con un assegno firmato da Stragapede, coperto da soldi però dati dallo stesso ingegnere.
L’ing. D’Adamo –è bene ricordarlo, si è deciso a rivelare questi retroscena del rapporto con l’allora magistrato soltanto nel 1997, dopo che per diversi anni aveva insistito- anche di fronte ai pubblici ministeri di Brescia che indagavano sulle vicende di altri amici di Di Pietro, come Rea e Gorrini- nel fornire versioni coincidenti con le tesi difensive dell’amico magistrato. Furono proprio le deposizioni rese a quel tempo da D’Adamo ad essere utilizzate per smentire le accuse dei pm di Brescia contro Di Pietro, consentendo all’ex magistrato Di Pietro di essere prosciolto dal gip per cominciare la sua ascesa politica. E non appare quindi casuale che D’Adamo mantenne le dichiarazioni che salvarono Di Pietro fino a quando questi era pubblico ministero fino a pochi mesi dopo. In seguito quando Tonino lasciò la magistratura D’Adamo dichiarò di avere mentito e di volere la verità.
D’Adamo – anche questo è bene precisarlo –per un periodo abbastanza lungo ha svolto il ruolo di intermediario tra l’ex magistrato e Silvio Berlusconi , alla cui politica lo stesso Di Pietro faceva oggettivamente riferimento. Tanto che gli fu offerto un dicastero proprio nel governo Berlusconi.
Ma torniamo ora aPacini Battaglia, altro grande interprete di questa pièce tutta recitata dietro le quinte di “mani pulite”, di cui la gente comune ha conosciuto soltanto la recita messa in scena sul palcoscenico della procura e dei tribunali. Fin dal 1993 “Chicchi” risulta indagato dal dott. Di Pietro nel procedimento denominato enimont. Per capirci di più, il lettore non dimentichi mai che Di Pietro è rimasto in magistratura fino all’aprile 1995.
Che Di pietro avesse la passione delle auto e delle case lo abbiamo visto. Di passione però il grande pubblico ministero ne ha sempre avuta anche un’ altra : i telefonini. Un radiotelefono che lui non pagava (ci pensava D’Adamo) lo aveva sulla Dedra della solita società del solito D’Adamo Un altro, pagato sempre dall’ingegnere, lo aveva il fido Rocco Stragapede . Ma la cellularmania è una brutta bestia. Quando ti aggredisce non c’è più nulla da fare. Sta di fatto, che, tra le tante schede Gsm, acquistate in svizzera e distribuite da Pacini ai suoi numerosi amici, l’utenza Gsmn. 0041/892009854 è stata certamente usata da Di Pietro. Le schede Gsm svizzere avevano all’epoca una particolarità: rendevano praticamente in intercettabili i telefonici che le usavano: Queste schede erano tutte intestate a Henri Lang, autista di Pacini Battaglia. E anche questo è agli atti della magistratura bresciana. Che il fatto non sia stato considerato reato dalla signora Di martino non significa che non sia vero.
Ma attenzione, questo dato di fatto è importantissimo. I giurisperiti direbbero che è idoneo a collegare direttamente e inequivocabilmente l’inquisitore all’inquisito nel bel mezzo dell’inquisizione.
Una cosa è più che sicura: né il magistrato Di pietro, né l’ineffabile avvocato Lucibello hanno mai dato una spiegazione convincente di come e perché sia potuto accadere che mentre Pacini Battaglia era indagato da Di Pietro costui avesse in uso telefonini riconducibili all’indagato predisposti per evitare l’ascolto di orecchie indiscrete.
Una spiegazione potrebbe essere questa: Lucibello era allo stesso tempo il difensore di Pacini e l’amicone di Di Pietro. E quindi prendeva per lui e per l’amico le schede magiche che pacini battaglia gli passava. Ma non sembra una vera spiegazione. Perché si limita a spostare il problema. Che invece è questo: perché Pacini Battaglia, uno dei più grandi maneggioni viventi, pur essendosi già affidati ad altri quotati studi legali, scelga come legale sulla piazza di Milano proprio lui, il per nulla quotato avvocato Geppino Lucibello notoriamente legato però al famoso pm e giustamente orgoglioso di cotanta amicizia? Tanto orgoglioso che vantava sempre e ovunque questo prestigioso legame. Tanto immedesimato nel ruolo di amico, da non avere più voce propria fino a divenire la propaggine acustica,un vero e proprio ventriloquo
I pubblici ministeri di Brescia ritengono che il possesso e l’uso di quella scheda telefonica, che è pagata da Pacini Battaglia, sia la dimostrazione diretta del legame e dei rapporti fra Di Pietro e lo stesso banchiere italo-svizzero e chiuda per così dire il circolo indiziario. Basterebbe quella scheda Gsm – dicono i magistrati della Procura di Brescia – a provare almeno quattro cose:

-fra i due è intervenuto un accordo sulla gestione processuale della posizione dello stesso Pacini Battaglia. Gestione processuale che a Milano è stata totalmente devoluta all’allora sostituto Antonio Di Pietro

-D’Adamo, quando ha avuto problemi, si è rivolto al banchiere su indicazione di Di Pietro, essendo quest’ultimo consapevole che “Chicchi” gli dovesse della riconoscenza.

-Pacini ha aiutato economicamente D’Adamo (la vendita a prezzi stracciatissimi, delle azioni della già ricordata Morave Holding), avendo avuta una percezione molto precisa: i favori dispensati a costui sarebberostati valutati positivamente dal “suo” pm.

-Il termine intermedio di questa triangolazione (Pacini-D’Adamo-Di Pietro) è rappresentato dalla posizione personale e professionale dell’avv. Lucibello. Senza questa posizione intermedia, Pacini Battaglia non avrebbe goduto della particolare posizione processuale e fra il banchiere e D’Adamo non si sarebbe costituito alcun rapporto. A questo punto è bene tentare di riassumere questa “congerie” di fatti e personaggi.
(CONTINUA)

1 commento:

piergigiggi ha detto...

balle-bis:

http://www.antoniodipietro.com/2008/09/la_questione_gorrini.html#amico