Ambiente ed ecomafia
di Angelo Pagliaro
foto internet
17/09/2009
http://www.rivistaonline.com/Rivista/ArticoliPrimoPiano.aspx?id=5947
Dalla collina sulla quale sorge l'ospedale civile di Cetraro (CS) si vede tutto il porto e lo sguardo si perde nell'orizzonte di un mare settembrino che invita ancora ad un bagno rinfrescante e tonificante. Gli abitanti del borgo marinaro vivono di pesca e sanno che il bene primario, il mare, va difeso e tutelato contro ogni "violenza". Da pochi minuti è riaffiorato il robot calato in profondità dai tecnici dell'Arpacal, l'agenzia ambientale della Regione Calabria, chiamati sul posto dall'assessore regionale Silvio Greco su richiesta del procuratore della Repubblica di Paola Bruno Giordano. A 14 miglia dalla costa, ad una profondità di circa 500 metri, c'è il relitto di una nave che non figura su alcuna carta nautica, si tratta (ormai non vi sono più dubbi) della Cunsky una delle 50 (dato fornito dal pentito Fonti) "navi dei veleni" fatta affondare dalla 'ndrangheta nei mari calabresi per smaltire rifiuti tossici e radioattivi. Il procuratore Giordano con questa operazione ha aperto - nell'inchiesta che risale allo spiaggiamento della motonave Rosso di cui il procuratore Franco Greco chiese l'archiviazione lo scorso febbraio - uno squarcio grande quanto quello presente sulla prua del mercantile dal quale sono già visibili alcuni fusti. Di questa "nave dei veleni" ne parlò alcuni anni fa un collaboratore di giustizia, Francesco Fonti, raccontando ai magistrati di avere partecipato, nel 1992, all'affondamento di un mercantile, il Cunsky, in cui erano stivati 120 fusti contenenti scorie radioattive.
Decisivo per la conferma delle ipotesi dell'indagine, che si presenta ancora lunga e complessa, l'utilizzo di speciali sonar e apparecchi fotografici. Il collaboratore di giustizia Fonti aveva parlato, inoltre, di un'esplosione procurata a prua della nave che coincide con lo squarcio notato dalle immagini del relitto. "Finora" - e stato il commento del procuratore Giordano - "si sono solo fatte supposizioni, ipotesi, ma ora abbiamo la conferma della presenza del mercantile. E' un forte aggancio da cui partire". Si parla di aggancio non a caso in quanto, a detta anche degli ambientalisti calabresi, alla vicenda della Cunsky pare siano in qualche modo collegate le inchieste sulla Jolly Rosso, quella sulla morte del capitano di Corvetta Natale De Grazia, morto mentre era attivamente impegnato in decisive indagini tese ad accertare cause e ragioni dello spiaggiamento della motonave Rosso, nonché quella sulla brutale esecuzione avvenuta in Somalia dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Mentre scriviamo, nella piazza principale del paesino medievale di Aiello Calabro, in provincia di Cosenza, si sta per svolgere una iniziativa popolare dal titolo "Valle Oliva, Terre a perdere. Rifiuti, salute e timori". Un incontro finalizzato a fare il punto sulla situazione, dopo le preoccupanti notizie che indicano la Vallata dell'Oliva contaminata da scorie nocive e radioattive derivanti dalla motonave Jolly Rosso. Mentre in riva al Tirreno cosentino si parla di "jollyrossite" iniziano a fioccare le prevedibili interrogazioni parlamentari. Dalla provincia di Cosenza, alla regione, alla ministra Prestigiacomo la gara dell'ovvietà istituzionale risveglia un mondo politico anestetizzato, su questi temi, da oltre un decennio.
Gli interrogativi veri avanzati negli ultimi anni in centinaia di iniziative dagli ambientalisti del WWF, della Legambiente, dell'associazione Rischio Zero rimangono tutti senza risposta. Come mai ora che il Procuratore Bruno Giordano ha deciso, finalmente, di riaprire l'inchiesta sui rifiuti tossici, sui depuratori e sui relitti che popolano il fondo marino calabrese da molte parti si cerca di raccontare, in modo non del tutto corretto, quali furono i motivi per i quali la Procura di Paola per ben tre volte ha archiviato il caso della Jolly Rosso? Come ricorda il giornalista Francesco Cirillo (che ha seguito il caso sin dall'inizio) nel 1990 "la Procura di Paola è nel mirino del governo per una lotta fratricida scoppiata fra i magistrati . Tutti i magistrati secondo un rapporto scritto da Granero sono implicati in varie storie di mafia legate direttamente o indirettamente al clan Muto di Cetraro. Occorre ricordare che non casualmente, il 24 luglio del 1991, l'allora ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, dispose un'inchiesta negli uffici giudiziari di Paola "per accertare eventuali anomalie nella gestione di taluni procedimenti penali", di cui venivano accusati alcuni magistrati. Era dal 1992 che si aspettava che una cinepresa rivelasse cosa contenesse quel relitto. Adesso apriranno quei fusti e sarà tutta la Calabria a sentire l'urlo di dolore dei tanti cittadini inermi che hanno pagato con la vita la sete di denaro e di potere delle mafie e dei loro complici istituzionali e non.
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