DA: http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=852&Itemid=1
morire d'incenerimento in Francia
Scritto da Patrizia Gentilini
lunedì 05 maggio 2008
Il 2 aprile u.s. http://www.cniid.org/espace_mailing/cp_20080402.htm sono stati resi noti i risultati definitivi della ricerca condotta da La Veille Sanitarie in Francia nelle popolazioni residenti in prossimità di impianti di incenerimento. I risultati preliminari erano stati presentati nel novembre 2006 ed avevano riguardato 135.567 casi di cancro insorti nel periodo 1990-1999 su una popolazione di circa 2.5 milioni di persone residente in prossimità di 16 inceneritori di rifiuti urbani attivi tra il 1972 ed il 1990. Lo studio aveva considerato l’esposizione a diossine valutate in diversi percentili, trovando un aumento del rischio coerente col crescere dell’esposizione; in particolare nelle aree più esposte l’ aumento del rischio era: sarcomi + 12.9% in entrambi i sessi, linfomi non Hodgkin + 8.4% , cancro al fegato +9.7 %, cancro alla mammella +6.9%, tutti i cancri nelle donne +4%. Orbene, le preoccupazione già a suo tempo emerse dai risultati preliminari, si sono ulteriormente rafforzate davanti ai risultati definitivi conteggiati a marzo 2008 e che evidenziano i seguenti incrementi: sarcomi + 22%, linfomi non Hodgkin + 12% in entrambi i sessi + 18% nelle femmine, cancro al fegato +16%, tutti i cancri nelle donne +6% ed ancora, dato in precedenza non rilevato, incremento del rischio di incidenza per mieloma multiplo in entrambi e sessi +16% e per i maschi addirittura + 23%.
Oltretutto, a detta degli autori, il picco non è ancora stato raggiunto! Ricordiamo che anche lo studio condotto sulla popolazione di un quartiere di Forlì (Coriano) esposta a due impianti di incenerimento ( rifiuti urbani e ospedalieri) aveva evidenziato gravi danni per la salute specie nel sesso femminile con aumento statisticamente significativo del rischio di morte per tutte le cause e soprattutto per tutti i tumori (in particolare mammella, colon, stomaco). Lo studio di Forlì, ricordiamo, aveva valutato l’esposizione a metalli pesanti (altro inquinante tipico degli inceneritori) e non può non destare particolare attenzione il fatto che studi indipendenti, condotti con metodi diversi, abbiano comunque portato a risultati fra loro così paragonabili. La particolare suscettibilità del sesso femminile agli inquinanti emessi da questi impianti è facilmente comprensibile se si pensa, ad es., che la concentrazione di diossine nel sangue delle donne di Seveso, anche a distanza di anni, era dalle due alle tre volte superiore a quella riscontrata nei maschi, che pure erano stati esposti al medesimo evento: le caratteristiche biologiche, metaboliche, endocrine rappresentano evidentemente un fattore discriminante di particolare rilievo.
D’ altra parte è ben noto che proprio nel sesso femminile, anche nel nostro paese, si registra una crescente incidenza di cancro che, secondo i dati dell’ Associazione dei Registri Tumori Italiani (AIRTUM) presentati proprio per l’ 8 marzo 2008, è dell’ 1% annuo, indipendentemente dalla età. Tutte queste considerazioni, al pari di quelle che si fanno per la salute infantile, sono però parole al vento: nessuno se ne cura ed invece di passare dalle parole ai fatti- ovvero intraprendere azioni concrete per ridurre l’ immissione di sostanze tossiche ed inquinanti nell’ ambiente facendo Prevenzione Primaria - si continua solo ad esprimere buone intenzioni o a “ monitorare” i danni che si continuano a recare.
Da questo punto di vista la gestione dei rifiuti è a dir poco paradossale: da tempo abbiamo capito che i “rifiuti” (o meglio i “materiali post-consumo”) sono risorse, ma, se anche fossero una “malattia”, come viene costantemente propagandato, la “cura” che ci viene prospettata, ovvero il loro incenerimento, è molto peggiore del male, dal momento che ogni processo di combustione trasforma materiali di per sé inerti in composti altamente tossici e nocivi, con danni che sono oggi dettagliamente calcolabili. Sul sito http://ec.europa.eu/research/headlines/news/article_05_10_21_en.html dell’UE è oggi possibile, inserendo alcuni parametri emissivi (NOx, SO2, PM10, VOC..) l’ altezza dei camini ecc. quantificare i danni alla salute e all’ ambiente per ciascuna fonte. Per fare un esempio, ogni anno emissioni simili a quelle dell’ inceneritore di Brescia, secondo tale software che –si badi bene- considera solo una parte degli inquinanti emessi, causerebbero una perdita economica pari a 1.480.000 Euro!
Che altro resta da dire? Il problema dei rifiuti è, in assoluto, il più semplice da risolvere, se solo si facessero scelte coraggiose e chiare: dalla raccolta “porta a porta” al recupero effettivo dei materiali post-consumo. Ma fino a che rimangono i cassonetti stradali, che altro non sono che mini discariche all’ aperto, e fino a che lo stesso gestore gestisce sia la raccolta differenziata che l’ incenerimento e guadagna tanto più brucia, rivendendo a prezzo triplicato la poca energia prodotta, come sperare che si inverta la rotta? Solo la nostra follia può pensare che sia vantaggioso incenerire carta, legno, plastica…preziose materie che poi dobbiamo produrre ex.novo abbattendo alberi od estraendo petrolio.
Allo stato attuale il 98.2% di tutti i rifiuti urbani può essere recuperato come materia, e, per chi ancora non lo sapesse, anche i materiali poli-accoppiati e gli stessi pannoloni diventano – tramite processi di estrusione, senza formazione di alcun inquinante - sabbia sintetica utilizzata in edilizia o per manufatti plastici. In pratica il “secco non riciclabile” che prima andava alla discarica o all’ incenerimento ad un costo medio di 120 Euro a ton, viene venduto al prezzo di 80 Euro a ton sotto forma di sabbia sintetica! Non è utopia, non succede chissà dove, succede nel nostro paese, per la precisione presso ad es. il Centro Riciclo di Vedelago (TV). Qui, senza sovvenzioni pubbliche, si sono creati posti di lavoro stabili e sicuri, senza nocività né per i lavoratori né per l’ambiente. Impianti simili si possono realizzare ovunque in pochi mesi e con investimenti che sono almeno un decimo inferiori rispetto a quelli necessari per realizzare un inceneritore che tratti la stessa quantità di materiali e, fortunatamente, in diverse parti del nostro paese amministratori accorti hanno già imboccato questa strada virtuosa. Se dunque è possibile evitare queste inutili e costose fabbriche di veleni senza il ricatto occupazionale, ma anzi creando lavoro e ricchezza, è facile capire perché non solo cittadini e comitati si sono mobilitati, ma anche centinaia di migliaia di medici in Europa - dal Consiglio Nazionale degli Ordini dei Medici Francese, ai Medici Irlandesi, alla Federazione degli Ordini dell’ Emilia Romagna - sono scesi in campo per chiedere una moratoria sulla loro costruzione.
Ma ancora una volta, proprio all’ interno del mondo scientifico e medico, le voci indipendenti dai grossi poteri economici/finanziari faticano a farsi ascoltare. Quante sofferenze e quanti morti ancora saranno necessari perché finalmente si aprano gli occhi ed i rifiuti cessino di essere risorse solo per chi, incenerendoli, accede, in un mercato drogato, ai vergognosi incentivi che solo l’ Italia riconosce ai “fuochisti” di turno?
Patrizia Gentilini
Portavoce per l’ Emilia Romagna del Coordinamento Nazionale dei Medici per l’ Ambiente e la Salute
13 Aprile 2008
martedì 6 maggio 2008
venerdì 18 aprile 2008
sabato 29 marzo 2008
Una bella persona: il dott.Stefano Montanari
da: http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=585&Itemid=1
autogol
Scritto da Stefano Montanari
venerdì 28 marzo 2008
Non potrò certo dire che non lo sapevo. Giuliano Ferrara, molto più scafato di me, se non altro perché a quella genia appartiene geneticamente da sempre, aveva saggiamente optato per non perdere tempo in pagliacciate del genere. Io ci sono cascato. Del resto, se non lo avessi fatto, mi sarebbero saltati tutti addosso dicendo che è vero che i mezzi d’informazione c’ignorano, però, se quando capitano le rarissime occasioni io non le colgo al volo… E va bene, sono andato da Vespa e mi sono seduto nel suo salotto mediatico.
La farsa (pardon, la trasmissione) dura 90 minuti. Si era in cinque ospiti e, dunque, togliendo qualcosa per il conduttore, poteva essere lecito pensare che un quarto d’ora a testa sarebbe stato equamente disponibile per ognuno. Ormai abituato come sono a concentrare concetti anche complessi, quel quarto d’ora me lo sarei fatto bastare. Ma qui entra l’arte perversa del conduttore. Tra i cinque (di cui quattro invitati con il mal di pancia e uno, anzi, una, “con grande piacere”) troneggiava Daniela Santanché, una sorta d’ingrediente nella ricetta dell’aria fritta fisso quanto lo è il glutammato nella cucina cinese, e l’ineffabile Vespa, ben conscio del suo ruolo di anfibio guardiano di quella che oggi si chiama casta e che, se ti comporti secondo le regole interne, ti dà di che vivere e prosperare, ha fatto ciò che facevano i boys di Wanda Osiris di antica memoria: si è inginocchiato mentre quella scendeva dalla scala somministrando pillole di anteguerra, le ha regalato tutto il fulgore del proscenio, tutto il tempo che quella aveva capriccio di arrogarsi per diffondersi in un petulante chiacchiericcio e ha fatto ciò che si proponeva: ha lasciato trascorrere quei 90 minuti senza che si toccasse nessuno degli argomenti di reale importanza che si dovevano toccare. Dopotutto,
stuzzicare certi temi significa per forza mettere a repentaglio l’esistenza stessa, granitica ma fondata sulla sabbia, della casta, di cui Vespa e Santanché sono, a diverso titolo, inossidabile parte integrante e, applicando quella legge di Natura che poi i due ignorano in altri contesti, non vanno certo ad inquinare l’ambiente in cui vivono, ben sapendo che una goccia di velenosa consapevolezza nella testa di chi oggi li mantiene li condurrebbe all’inesorabile estinzione. E, allora, fino a che non ci sveglieremo tutti dall’anestesia, becchiamoci queste oscene esibizioni di regime.
Che cosa avrei potuto dire se Vespa non mi avesse vigliaccamente innervosito (e io ci sono cascato), fastidiosamente, maleducatamente e prepotentemente interrotto ad ogni piè sospinto con idiozie pretestuose (vedi un presunto litigio con Beppe Grillo, un pettegolezzo che, comunque, non si vede che rilevanza avrebbe), non avesse provveduto in ogni modo a sviare ogni mio tentativo d’impostare un discorso, non avesse servilmente concesso alla Santanché di agitarsi e d’invadere il mio poco tempo e non avesse usato la complicità di due giornalisti che parevano usciti dalla penna di Gogol (vedi uno sproloquio nonsense sul senatore Rossi e l’inadeguatezza intellettuale e culturale di capire che diavolo proponga la lista PER IL BENE COMUNE)?
Intanto avrei potuto spiegare che, a nostro parere, nel momento attuale, le divisioni ideologiche basate su filosofie astratte fanno parte dell’archeologia, sono anacronisticamente fuori luogo e distolgono l’attenzione da un mondo che si è avviato ad un periodo di crisi tanto profonda quanto facilmente prevista, ma che ci coglie impreparati grazie all’incapacità di chi ci dovrebbe guidare.
Dunque, la politica, intesa nella sua sola accezione corretta di conduzione della casa comune, non può che essere volta oggi a reggere la tempesta in cui ci stiamo inoltrando e che è ancora lontana dall’aver mostrato tutta la sua violenza. Le grottesche elucubrazioni del duetto Vespa-Santanché sulla logica disastrosa della spartizione dei voti e sulla composizione degli schieramenti, invece, ci ripiombavano nella palude della “democrazia” italiota intesa come furbescamente la intende Vespa. Avrei detto che quando una classe politica ha dato così triste prova di sé succhiando il sangue di un’intera nazione per decenni dandole in cambio non un più o meno neutro nulla (magari!) ma lo sprofondamento nel fango di una democrazia subdolamente negata dall’annientamento sistematico ed arrogante della Costituzione, un posto di retroguardia nell’ambito tecnologico, una posizione vergognosa nella classifica della libertà d’informazione e la rovina economica deve essere messa alla porta senza indugi e sostituita da “dilettanti”, intendendo con questo termine chi conduce la casa per solo spirito di servizio. E, a proposito di dilettanti, citerò lo squallore avvilente dell’intervento del giornalista de La Stampa che, con il sarcasmo becero ed arrogante di chi sa di stare sempre e comunque dalla parte di “chi conta”, disse ridacchiando che pareva di stare alla Corrida. Certo, giornalista: io non sono un mestierante a gettone di ciò che lei fa credere, e forse addirittura crede, sia la politica. Io sono un cittadino che vede il suo paese affondare e che cerca in ogni modo di dare una mano per evitare il naufragio. E se lo faccio, sappia che è anche per lei e per chi, come lei e forse peggio di lei, crivella di buchi questa barca. Avrei detto che la nazione prospererebbe se solo non incenerissimo le nostre risorse. E qui sarebbero entrati i “termovalorizzatori”, come li chiamano coloro che si nutrono di mondezza, che mantengono nel lusso l’intera casta fornendo pure clienti al divino Veronesi.Sarebero entrati i due miliardi di Euro fatti sparire nei giochi di prestigio dell’immondizia di pertinenza bassoliniana senza che nessuno ne chieda la restituzione. Sarebbero entrate le auto blu (ne abbiamo 562.000 contro le 50.000 della Germania e le 70.000 degli USA e PER IL BENE COMUNE chiede di metterne all’asta mezzo milione ricavandone un tesoretto immediato di almeno cinque miliardi di Euro e un risparmio enorme in seguito). Sarebbe entrata l’Alitalia condotta da dementi per decenni senza che nessuno della casta alzasse un dito (si può tranquillamente fare a meno di una compagnia bandiera: gli USA, per esempio, non ce l’hanno). Sarebbe entrata la TAV che fa risparmiare un pizzico d’incomodo a qualche passeggero che va da Torino a Trieste e ne lascia milioni tutti i giorni a cercare di sopravvivere negl’ignobili carri bestiame delle FS (e io ne so più di qualcosa).
Poi avrei detto che vogliamo che l’IVA sia detraibile per tutti, in modo da porre un freno potentissimo all’evasione fiscale; avrei detto che pretendiamo che la prevenzione sia quella primaria per evitare che la gente si ammali o che gli operai schiattino sul lavoro; avrei detto che gli enti di controllo che non controllano vanno riformati o chiusi; avrei detto che, se non rimettiamo mano seriamente sulla scuola, partoriremo una classe dirigente di analfabeti (cosa che stiamo già facendo), magari addirittura peggiore di quella che ci affligge oggi (!); avrei detto che la TV di stato, quella che paghiamo tutti, deve essere informazione di servizio mentre è di fatto strumento di chi non perde occasione per mungerci anche se le nostre mammelle sono armai rinsecchite, e per questa opera devastante si serve d’ignobili zerbini che, come dice qualcuno, non inciampano mai perché strisciano. E mi sarei fermato nell’elenco quando il mio quarto d’ora fosse arrivato a scoccare.
Invece ci siamo sorbettati la miliardaria Santanché la quale, in un rivoltante rigurgito di demagogia, proponeva uno stipendio di 1.200 Euro al mese ai parlamentari, tacendo sul fatto che gli emolumenti dei politici sono una nanoparticella nel mare magnum delle spese da manicomio che noi, carne da macello, dobbiamo sobbarcarci e che servono a tanti personaggi per sedere indefessamente al tavolo delle spartizioni.
Insomma, una cocente delusione, fortunatamente mandata in onda ben fuori dalla fascia protetta, per aver toccato ancora una volta con mano quanto incancrenito e capillarmente ramificato sia questo potere parassita che ci soffoca, quanto pesante sia questa zavorra che ci trasciniamo come muli silenziosi, e come difficile sia risvegliare dal torpore anestetico chi si è assuefatto al sistema senza accorgersi ormai più che con quell’assuefazione non si sta solo suicidando ma deruba i suoi figli di quanto è loro. Eppure, basta un tratto di matita su una scheda elettorale per mandare al diavolo tutti e tornare padroni della nostra dignità.
La consolazione è quella di vedere come la gente abbia colto la situazione, è quella di vedere come si sia accorta che la spudoratezza con cui io sono stato trattato, e con me PER IL BENE COMUNE e con noi tutta la nazione che ha diritto almeno ad essere informata sia stato un clamoroso autogol di Vespa e di tutta la casta che in quel momento stava rappresentando. Se vogliamo, possiamo voltare pagina.
autogol
Scritto da Stefano Montanari
venerdì 28 marzo 2008
Non potrò certo dire che non lo sapevo. Giuliano Ferrara, molto più scafato di me, se non altro perché a quella genia appartiene geneticamente da sempre, aveva saggiamente optato per non perdere tempo in pagliacciate del genere. Io ci sono cascato. Del resto, se non lo avessi fatto, mi sarebbero saltati tutti addosso dicendo che è vero che i mezzi d’informazione c’ignorano, però, se quando capitano le rarissime occasioni io non le colgo al volo… E va bene, sono andato da Vespa e mi sono seduto nel suo salotto mediatico.
La farsa (pardon, la trasmissione) dura 90 minuti. Si era in cinque ospiti e, dunque, togliendo qualcosa per il conduttore, poteva essere lecito pensare che un quarto d’ora a testa sarebbe stato equamente disponibile per ognuno. Ormai abituato come sono a concentrare concetti anche complessi, quel quarto d’ora me lo sarei fatto bastare. Ma qui entra l’arte perversa del conduttore. Tra i cinque (di cui quattro invitati con il mal di pancia e uno, anzi, una, “con grande piacere”) troneggiava Daniela Santanché, una sorta d’ingrediente nella ricetta dell’aria fritta fisso quanto lo è il glutammato nella cucina cinese, e l’ineffabile Vespa, ben conscio del suo ruolo di anfibio guardiano di quella che oggi si chiama casta e che, se ti comporti secondo le regole interne, ti dà di che vivere e prosperare, ha fatto ciò che facevano i boys di Wanda Osiris di antica memoria: si è inginocchiato mentre quella scendeva dalla scala somministrando pillole di anteguerra, le ha regalato tutto il fulgore del proscenio, tutto il tempo che quella aveva capriccio di arrogarsi per diffondersi in un petulante chiacchiericcio e ha fatto ciò che si proponeva: ha lasciato trascorrere quei 90 minuti senza che si toccasse nessuno degli argomenti di reale importanza che si dovevano toccare. Dopotutto,
stuzzicare certi temi significa per forza mettere a repentaglio l’esistenza stessa, granitica ma fondata sulla sabbia, della casta, di cui Vespa e Santanché sono, a diverso titolo, inossidabile parte integrante e, applicando quella legge di Natura che poi i due ignorano in altri contesti, non vanno certo ad inquinare l’ambiente in cui vivono, ben sapendo che una goccia di velenosa consapevolezza nella testa di chi oggi li mantiene li condurrebbe all’inesorabile estinzione. E, allora, fino a che non ci sveglieremo tutti dall’anestesia, becchiamoci queste oscene esibizioni di regime.
Che cosa avrei potuto dire se Vespa non mi avesse vigliaccamente innervosito (e io ci sono cascato), fastidiosamente, maleducatamente e prepotentemente interrotto ad ogni piè sospinto con idiozie pretestuose (vedi un presunto litigio con Beppe Grillo, un pettegolezzo che, comunque, non si vede che rilevanza avrebbe), non avesse provveduto in ogni modo a sviare ogni mio tentativo d’impostare un discorso, non avesse servilmente concesso alla Santanché di agitarsi e d’invadere il mio poco tempo e non avesse usato la complicità di due giornalisti che parevano usciti dalla penna di Gogol (vedi uno sproloquio nonsense sul senatore Rossi e l’inadeguatezza intellettuale e culturale di capire che diavolo proponga la lista PER IL BENE COMUNE)?
Intanto avrei potuto spiegare che, a nostro parere, nel momento attuale, le divisioni ideologiche basate su filosofie astratte fanno parte dell’archeologia, sono anacronisticamente fuori luogo e distolgono l’attenzione da un mondo che si è avviato ad un periodo di crisi tanto profonda quanto facilmente prevista, ma che ci coglie impreparati grazie all’incapacità di chi ci dovrebbe guidare.
Dunque, la politica, intesa nella sua sola accezione corretta di conduzione della casa comune, non può che essere volta oggi a reggere la tempesta in cui ci stiamo inoltrando e che è ancora lontana dall’aver mostrato tutta la sua violenza. Le grottesche elucubrazioni del duetto Vespa-Santanché sulla logica disastrosa della spartizione dei voti e sulla composizione degli schieramenti, invece, ci ripiombavano nella palude della “democrazia” italiota intesa come furbescamente la intende Vespa. Avrei detto che quando una classe politica ha dato così triste prova di sé succhiando il sangue di un’intera nazione per decenni dandole in cambio non un più o meno neutro nulla (magari!) ma lo sprofondamento nel fango di una democrazia subdolamente negata dall’annientamento sistematico ed arrogante della Costituzione, un posto di retroguardia nell’ambito tecnologico, una posizione vergognosa nella classifica della libertà d’informazione e la rovina economica deve essere messa alla porta senza indugi e sostituita da “dilettanti”, intendendo con questo termine chi conduce la casa per solo spirito di servizio. E, a proposito di dilettanti, citerò lo squallore avvilente dell’intervento del giornalista de La Stampa che, con il sarcasmo becero ed arrogante di chi sa di stare sempre e comunque dalla parte di “chi conta”, disse ridacchiando che pareva di stare alla Corrida. Certo, giornalista: io non sono un mestierante a gettone di ciò che lei fa credere, e forse addirittura crede, sia la politica. Io sono un cittadino che vede il suo paese affondare e che cerca in ogni modo di dare una mano per evitare il naufragio. E se lo faccio, sappia che è anche per lei e per chi, come lei e forse peggio di lei, crivella di buchi questa barca. Avrei detto che la nazione prospererebbe se solo non incenerissimo le nostre risorse. E qui sarebbero entrati i “termovalorizzatori”, come li chiamano coloro che si nutrono di mondezza, che mantengono nel lusso l’intera casta fornendo pure clienti al divino Veronesi.Sarebero entrati i due miliardi di Euro fatti sparire nei giochi di prestigio dell’immondizia di pertinenza bassoliniana senza che nessuno ne chieda la restituzione. Sarebbero entrate le auto blu (ne abbiamo 562.000 contro le 50.000 della Germania e le 70.000 degli USA e PER IL BENE COMUNE chiede di metterne all’asta mezzo milione ricavandone un tesoretto immediato di almeno cinque miliardi di Euro e un risparmio enorme in seguito). Sarebbe entrata l’Alitalia condotta da dementi per decenni senza che nessuno della casta alzasse un dito (si può tranquillamente fare a meno di una compagnia bandiera: gli USA, per esempio, non ce l’hanno). Sarebbe entrata la TAV che fa risparmiare un pizzico d’incomodo a qualche passeggero che va da Torino a Trieste e ne lascia milioni tutti i giorni a cercare di sopravvivere negl’ignobili carri bestiame delle FS (e io ne so più di qualcosa).
Poi avrei detto che vogliamo che l’IVA sia detraibile per tutti, in modo da porre un freno potentissimo all’evasione fiscale; avrei detto che pretendiamo che la prevenzione sia quella primaria per evitare che la gente si ammali o che gli operai schiattino sul lavoro; avrei detto che gli enti di controllo che non controllano vanno riformati o chiusi; avrei detto che, se non rimettiamo mano seriamente sulla scuola, partoriremo una classe dirigente di analfabeti (cosa che stiamo già facendo), magari addirittura peggiore di quella che ci affligge oggi (!); avrei detto che la TV di stato, quella che paghiamo tutti, deve essere informazione di servizio mentre è di fatto strumento di chi non perde occasione per mungerci anche se le nostre mammelle sono armai rinsecchite, e per questa opera devastante si serve d’ignobili zerbini che, come dice qualcuno, non inciampano mai perché strisciano. E mi sarei fermato nell’elenco quando il mio quarto d’ora fosse arrivato a scoccare.
Invece ci siamo sorbettati la miliardaria Santanché la quale, in un rivoltante rigurgito di demagogia, proponeva uno stipendio di 1.200 Euro al mese ai parlamentari, tacendo sul fatto che gli emolumenti dei politici sono una nanoparticella nel mare magnum delle spese da manicomio che noi, carne da macello, dobbiamo sobbarcarci e che servono a tanti personaggi per sedere indefessamente al tavolo delle spartizioni.
Insomma, una cocente delusione, fortunatamente mandata in onda ben fuori dalla fascia protetta, per aver toccato ancora una volta con mano quanto incancrenito e capillarmente ramificato sia questo potere parassita che ci soffoca, quanto pesante sia questa zavorra che ci trasciniamo come muli silenziosi, e come difficile sia risvegliare dal torpore anestetico chi si è assuefatto al sistema senza accorgersi ormai più che con quell’assuefazione non si sta solo suicidando ma deruba i suoi figli di quanto è loro. Eppure, basta un tratto di matita su una scheda elettorale per mandare al diavolo tutti e tornare padroni della nostra dignità.
La consolazione è quella di vedere come la gente abbia colto la situazione, è quella di vedere come si sia accorta che la spudoratezza con cui io sono stato trattato, e con me PER IL BENE COMUNE e con noi tutta la nazione che ha diritto almeno ad essere informata sia stato un clamoroso autogol di Vespa e di tutta la casta che in quel momento stava rappresentando. Se vogliamo, possiamo voltare pagina.
martedì 25 marzo 2008
OGM
Ho parlato con un apicoltore che fa questo lavoro da molti anni con passione e grande competenza. Mi ha spiegato che la grande moria delle api che si sta verificando di questi tempi e di cui hanno parlato anche i giornali dipende dalla modificazione genetica delle piante di girasole del cui polline si cibano le api. Cercando conferme in internet mi sono imbattuta in questo articolo agghiacciante.
http://www.mieliditalia.it/bio_api_figli.htm
CHE MONDO LASCEREMO ALLE API E AI NOSTRI FIGLILa logica degli OGM: qualcosa che ci è difficile ignorare
Le api sono notoriamente molto sensibili ai cambiamenti ambientali e particolarmente fragili rispetto alle modifiche degli equilibri che possono indurre modifiche sostanziali nella loro complessa organizzazione biologica della vita. La presenza di un'apicoltura organizzata in Francia, regione di grandi culture al centro dell'Europa, ha consentito di evidenziare le sostanziali ricadute nel tempo indotte da nuove molecole che - secondo i parametri di misurazione del danno alle api finora in uso - risultavano "innocue".La difficile e controversa dimostrazione, a carico delle vittime, dei danni indotti ha comportato la messa fuori legge del Fipronil e la messa in discussione sempre più radicale dell'Imidacloprid, prima sul girasole ed oggi su tutte le culture, da parte dello stesso Ministero dell'Agricoltura francese che li aveva autorizzati.Quali i possibili e non preventivati effetti della modificazione genetica nell'ambiente e quindi anche sulle api? Su questo tema è avviata una grande discussione cui è indispensabile siano adeguatamente partecipi anche quanti si occupano, a vario titolo, di apicoltura. Pensiamo di fornire in questo spazio anche elementi di conoscenza in merito a questo infuocato dibattito. Il primo documento è tratto da Greenplanet e ne consigliamo la lettura solo a maggiorenni emotivamente solidi.Siamo interessati e disponibili ad ospitare contributi od ulteriori elementi di riflessione su tali temi proposti dai partecipanti al forum.
Faccio l'agricoltore dal 1947 quando ho ereditato l'azienda da mio padre.Mia moglie e io siamo famosi nelle prairies (ovvero le immense distese coltivate che si trovano nelle zone centrali degli Stati Uniti e del Canada) per il nostro lavoro di ricerca e di sviluppo sulle sementi di colza.Sono stato parte di molti comitati agricoli, sia a livello provinciale che come rappresentante a livello federale.Sono stato sindaco del mio paese, poi consigliere comunale per più di 25 anni.Ho lavorato tutta la mia vita per l'approvazione di leggi e regolamenti per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli agricoltori. Per anni, io e mia moglie abbiamo ricercato e selezionato le migliori sementi per la produzione di colza da olio.Nell'agosto 1998 mi è arrivata una denuncia da parte della Monsanto.Fino a quel momento non avevo avuto niente a che fare con la colza OGM della Monsanto. Non avevo mai comprato le loro sementi e non ero mai andato ad un loro meeting. Non conoscevo neanche un rappresentante della loro società.C'erano vari elementi nella denuncia.Innanzitutto, diceva che qualche modo ero entrato in possesso di semi di colza OGM della Monsanto senza una loro autorizzazione, li avevo piantati, cresciuti e che quindi avevo violato il loro brevetto. Quando ci venne fatta causa io e mia moglie immediatamente ci rendemmo conto che 50 anni di ricerche e sviluppo di un seme puro di colza che fosse adatto alle prairiers, alle condizioni del suolo e del clima e in particolar modo alle malattie, erano andate in fumo, perchè probabilmente la nostra colza era stata contaminata.Così ci siamo ribellati.Ci sono voluti due anni di procedure legali e in quei due anni la Monsanto ha ritirato l'accusa di aver ottenuto le sementi illegalmente.Ma ha continuato a sostenere che, dato che si era trovata colza OGM Monsanto nel fossato che delimitava i miei campi (a dire il vero, neanche dentro ai miei campi) significava che avevo violato il loro brevetto.Così la mia accusa è diventata ufficialmente di violazione della loro proprietà intellettuale.Questa decisione ha portato il mio caso all' attenzione internazionale, col rischio di diventare un esempio per altre vertenze legali del genere. I punti principali della sentenza sul mio caso sono:
1. Non importa come la colza OGM della Monsanto, o la soia o qualsiasi altra pianta OGM entri nel capo di un contadino. Il modo più comune in cui può avvenire è l'impollinazione, o il trasporto dei semi da parte del vento, di uccelli o altri animali… Dal momento che avviene la contaminazione, il raccolto e le sementi non sono più tue.
2. L'intero raccolto dei nostri campi di colza del 1998 è andato alla Monsanto. Il giudice decise anche che non avevamo il diritto di ri-utilizzare di nuovo le nostre sementi: i semi che noi avevamo impiegato 50 anni a selezionare non sono piu' nostri. Questo è quello che sconvolge I contadini di tutto il mondo quando gliene parlo: che un contadino che utilizza metodi convenzionali o biologici può perdere tutto da un giorno all'altro.
Un'altra cosa importante su cui soffermarsi e di cui i media non sinora occupati è il tipo di contratto che le aziende come la Monsanto utilizzano.
I punti principali del contratto con la Monsanto sono i seguenti:
1. Un agricoltore non può mai utilizzare le proprie sementi;
2. L'agricoltore si impegna a comprare sempre le sementi dalla Monsanto:
3. L'agricoltore si impegna a comprare solo i diserbanti chimici della Monsanto;
4. Se l'agricoltore viola questo contratto in qualche modo, e la Monsanto gli fa pagare una penale, si impegna a non parlarne con i media o con i vicini.
Nel contratto del 2003, poi, è stata aggiunta un'altra clausola: non é più possibile fare causa alla Monsanto per nessun motivo.E' impossibile portare la Monsanto in tribunale, questo è il loro contratto standard. Un altro punto importante: gli agricoltori sono costretti a permettere agli investigatori della Monsanto di ispezionare i loro campi e i loro granai per tre anni dopo la firma del contratto, anche se -per esempio- hanno deciso di coltivare sementi OGM solo per un anno.Negli Stati Uniti la forza di polizia della Monsanto è la "Pinkerton Investigation Services". Nelle pubblicità della Monsanto si sollecitano gli agricoltori a denunciare il vicino, se sospettano che stia coltivando colza o soia OGM senza autorizzazione. Chi lo fa, otterrà in regalo una giacca di cuoio dalla Monsanto.Appena alla Monsanto arriva la soffiata, vengono mandati due investigatori per controllare la situazione. Nelle prairies li chiamano "la polizia genetica". I due fanno sapere all'agricoltore di aver ottenuto una segnalazione sulle sue coltivazioni: è una vera e propria forma di intimidazione.Cosa pensate che succeda quando questi investigatori lasciano la casa dell'agricoltore?L'agricoltore si domanderà quale dei suoi vicini l'ha denunciato.Così si arriva ad una rottura dei rapporti tra gli agricoltori, che cominciano ad aver paura di parlare fra loro e a sospettare l'uno dell'altro. Un altro mezzo di controllo sono quelle che possiamo considerare vere e proprie "lettere di estorsione". Una lettera tipo potrebbe dire una cosa del genere: "abbiamo motivo di ritenere che lei stia coltivando colza o soia OGM della Monsanto senza autorizzazione. Invece di costringerci a portarla in tribunale lei ha la possibilità di inviarci un pagamento di 100.000 o 200.000 dollari". Se la Monsanto non riesce a rintracciare l'agricoltore, può andare al comune e scoprire dove si trovano i suoi terrreni.Poi viene utilizzato un piccolo aereo o un elicottero per spruzzare sul campo il diserbante "Roundup" della Monsanto.Circa 12 giorni dopo che è stato spruzzato il diserbante, vengono a controllare: se le piante sono morte, vuol dire che l'agricoltore non ha usato le sementi OGM, ma se sono vive, Dio lo salvi! Va sempre ricordato che non è possibile "trattenere" gli OGM.Una volta che introduci una nuova forma di vita nell'ambiente non c'è più modo di richiamarla indietro. br> Non è possibile trattenere il vento.Non è possibile trattenere il trasporto dei semi da parte di uccelli, api e altri animali.Non è possibile trattenere gli OGM, che si diffonderanno ovunque con la stessa facilità con la quale è avvenuto nelle prairies.Un'altro fatto importane è che non può esserci la "co-esistenza". Credetemi, dalla mia esperienza di mezzo secolo da agricoltore, so che se viene introdotto un gene modificato in un qualsiasi organismo, questo gene sarà dominante. Alla fine il gene modificato prevarrà. Non è possibile avere allo stesso tempo in un paese coltivazioni OGM e biologiche o convenzionali.Il rischio è che alla fine tutto diventerà OGM.Non c'è più scelta.Credetemi, gli agricoltori biologici nelle prairies non possono più coltivare la soia o la colza. Tutti I nostri semi adesso sono contaminati da OGM. La possibilità di scelta è stata tolta sia agli agricoltori biologici che a quelli convenzionali. Mi viene spesso chiesto perchè mai gli agricoltori hanno cominciato a coltivare OGM quando questi furono introdotti nel 1996.Allora la Monsanto disse agli agricoltori che, tra le altre cose, avrebbero portato a raccolti più elevati, prodotti più nutrienti e, soprattutto, che richiedevano un utilizzo ridotto di sostanze chimiche.Penso che sia il terzo punto quello che ha colpito di più gli agricoltori.Dal 1946-47, dopo la seconda Guerra mondiale, gli agricoltori cominciarono ad utilizzare tonnellate di sostanze chimiche all'anno. Alcune erano estremamente potenti e gli agricoltori cominciarono a rendersi conto del danno fatto all'ambiente, alla salute umana e agli animali.La Monsanto ha detto anche altre cose, e continua a dirle: saremo finalmente stati in grado di dare da mangiare ad un mondo affamato.Credetemi, per dare una mangiare ad un mondo affamato, non servono tutte le Monsanto di questo mondo.Quello che ci vuole è un cambiamento nella politica, nelle modalità di commercio e nell'economia.Quando parlo ai contadini dei paesi del terzo mondo - Africa, India, Bangladesh eccetera - gli dico che loro almeno hanno ancora una scelta. Noi in Canada non abbiamo più una scelta per quanto riguarda molto tipi di colture. E' tutto contaminato. E nessuno ci aveva informati prima di quello che sarebbe potuto succedere.Per concludere, perchè ci siamo ribellati alla Monsanto?Mia moglie ed io abbiamo 72 e 73 anni.Non sappiamo quanti anni abbiamo ancora a disposizione e guardiamo alla cosa in questo modo: come nonno mi chiedo che tipo di eredità voglio lasciare ai miei nipoti.I miei nonni e i miei genitori mi hanno lasciato un'eredità di terra coltivabile. Io non voglio lasciare ai miei figli un'eredità di terra, aria e acqua sature di veleni.Sono sicuro che su questo sarete d'accordo con me.Dunque, continueremo a combattere per il diritto degli agricoltori in tutto il mondo di utilizzare le proprie sementi. Percy Schmeiser In due gradi di giudizio (si è in attesa del terzo) Percy è stato condannato dai giudici canadesi a pagare 170.000 dollari a Monsanto, e ha speso 300.000 dollari in spese legali, trovandosi costretto a ipotecare casa e terreni.Accetta donazioni (si possono fare con carta di credito dal sito www.percyschmeiser.com).
U.N.A.API. Str. Tassarolo 2215067 Novi Ligure (AL)ultima modifica: 11.03.2006 - Credits
http://www.mieliditalia.it/bio_api_figli.htm
CHE MONDO LASCEREMO ALLE API E AI NOSTRI FIGLILa logica degli OGM: qualcosa che ci è difficile ignorare
Le api sono notoriamente molto sensibili ai cambiamenti ambientali e particolarmente fragili rispetto alle modifiche degli equilibri che possono indurre modifiche sostanziali nella loro complessa organizzazione biologica della vita. La presenza di un'apicoltura organizzata in Francia, regione di grandi culture al centro dell'Europa, ha consentito di evidenziare le sostanziali ricadute nel tempo indotte da nuove molecole che - secondo i parametri di misurazione del danno alle api finora in uso - risultavano "innocue".La difficile e controversa dimostrazione, a carico delle vittime, dei danni indotti ha comportato la messa fuori legge del Fipronil e la messa in discussione sempre più radicale dell'Imidacloprid, prima sul girasole ed oggi su tutte le culture, da parte dello stesso Ministero dell'Agricoltura francese che li aveva autorizzati.Quali i possibili e non preventivati effetti della modificazione genetica nell'ambiente e quindi anche sulle api? Su questo tema è avviata una grande discussione cui è indispensabile siano adeguatamente partecipi anche quanti si occupano, a vario titolo, di apicoltura. Pensiamo di fornire in questo spazio anche elementi di conoscenza in merito a questo infuocato dibattito. Il primo documento è tratto da Greenplanet e ne consigliamo la lettura solo a maggiorenni emotivamente solidi.Siamo interessati e disponibili ad ospitare contributi od ulteriori elementi di riflessione su tali temi proposti dai partecipanti al forum.
Faccio l'agricoltore dal 1947 quando ho ereditato l'azienda da mio padre.Mia moglie e io siamo famosi nelle prairies (ovvero le immense distese coltivate che si trovano nelle zone centrali degli Stati Uniti e del Canada) per il nostro lavoro di ricerca e di sviluppo sulle sementi di colza.Sono stato parte di molti comitati agricoli, sia a livello provinciale che come rappresentante a livello federale.Sono stato sindaco del mio paese, poi consigliere comunale per più di 25 anni.Ho lavorato tutta la mia vita per l'approvazione di leggi e regolamenti per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli agricoltori. Per anni, io e mia moglie abbiamo ricercato e selezionato le migliori sementi per la produzione di colza da olio.Nell'agosto 1998 mi è arrivata una denuncia da parte della Monsanto.Fino a quel momento non avevo avuto niente a che fare con la colza OGM della Monsanto. Non avevo mai comprato le loro sementi e non ero mai andato ad un loro meeting. Non conoscevo neanche un rappresentante della loro società.C'erano vari elementi nella denuncia.Innanzitutto, diceva che qualche modo ero entrato in possesso di semi di colza OGM della Monsanto senza una loro autorizzazione, li avevo piantati, cresciuti e che quindi avevo violato il loro brevetto. Quando ci venne fatta causa io e mia moglie immediatamente ci rendemmo conto che 50 anni di ricerche e sviluppo di un seme puro di colza che fosse adatto alle prairiers, alle condizioni del suolo e del clima e in particolar modo alle malattie, erano andate in fumo, perchè probabilmente la nostra colza era stata contaminata.Così ci siamo ribellati.Ci sono voluti due anni di procedure legali e in quei due anni la Monsanto ha ritirato l'accusa di aver ottenuto le sementi illegalmente.Ma ha continuato a sostenere che, dato che si era trovata colza OGM Monsanto nel fossato che delimitava i miei campi (a dire il vero, neanche dentro ai miei campi) significava che avevo violato il loro brevetto.Così la mia accusa è diventata ufficialmente di violazione della loro proprietà intellettuale.Questa decisione ha portato il mio caso all' attenzione internazionale, col rischio di diventare un esempio per altre vertenze legali del genere. I punti principali della sentenza sul mio caso sono:
1. Non importa come la colza OGM della Monsanto, o la soia o qualsiasi altra pianta OGM entri nel capo di un contadino. Il modo più comune in cui può avvenire è l'impollinazione, o il trasporto dei semi da parte del vento, di uccelli o altri animali… Dal momento che avviene la contaminazione, il raccolto e le sementi non sono più tue.
2. L'intero raccolto dei nostri campi di colza del 1998 è andato alla Monsanto. Il giudice decise anche che non avevamo il diritto di ri-utilizzare di nuovo le nostre sementi: i semi che noi avevamo impiegato 50 anni a selezionare non sono piu' nostri. Questo è quello che sconvolge I contadini di tutto il mondo quando gliene parlo: che un contadino che utilizza metodi convenzionali o biologici può perdere tutto da un giorno all'altro.
Un'altra cosa importante su cui soffermarsi e di cui i media non sinora occupati è il tipo di contratto che le aziende come la Monsanto utilizzano.
I punti principali del contratto con la Monsanto sono i seguenti:
1. Un agricoltore non può mai utilizzare le proprie sementi;
2. L'agricoltore si impegna a comprare sempre le sementi dalla Monsanto:
3. L'agricoltore si impegna a comprare solo i diserbanti chimici della Monsanto;
4. Se l'agricoltore viola questo contratto in qualche modo, e la Monsanto gli fa pagare una penale, si impegna a non parlarne con i media o con i vicini.
Nel contratto del 2003, poi, è stata aggiunta un'altra clausola: non é più possibile fare causa alla Monsanto per nessun motivo.E' impossibile portare la Monsanto in tribunale, questo è il loro contratto standard. Un altro punto importante: gli agricoltori sono costretti a permettere agli investigatori della Monsanto di ispezionare i loro campi e i loro granai per tre anni dopo la firma del contratto, anche se -per esempio- hanno deciso di coltivare sementi OGM solo per un anno.Negli Stati Uniti la forza di polizia della Monsanto è la "Pinkerton Investigation Services". Nelle pubblicità della Monsanto si sollecitano gli agricoltori a denunciare il vicino, se sospettano che stia coltivando colza o soia OGM senza autorizzazione. Chi lo fa, otterrà in regalo una giacca di cuoio dalla Monsanto.Appena alla Monsanto arriva la soffiata, vengono mandati due investigatori per controllare la situazione. Nelle prairies li chiamano "la polizia genetica". I due fanno sapere all'agricoltore di aver ottenuto una segnalazione sulle sue coltivazioni: è una vera e propria forma di intimidazione.Cosa pensate che succeda quando questi investigatori lasciano la casa dell'agricoltore?L'agricoltore si domanderà quale dei suoi vicini l'ha denunciato.Così si arriva ad una rottura dei rapporti tra gli agricoltori, che cominciano ad aver paura di parlare fra loro e a sospettare l'uno dell'altro. Un altro mezzo di controllo sono quelle che possiamo considerare vere e proprie "lettere di estorsione". Una lettera tipo potrebbe dire una cosa del genere: "abbiamo motivo di ritenere che lei stia coltivando colza o soia OGM della Monsanto senza autorizzazione. Invece di costringerci a portarla in tribunale lei ha la possibilità di inviarci un pagamento di 100.000 o 200.000 dollari". Se la Monsanto non riesce a rintracciare l'agricoltore, può andare al comune e scoprire dove si trovano i suoi terrreni.Poi viene utilizzato un piccolo aereo o un elicottero per spruzzare sul campo il diserbante "Roundup" della Monsanto.Circa 12 giorni dopo che è stato spruzzato il diserbante, vengono a controllare: se le piante sono morte, vuol dire che l'agricoltore non ha usato le sementi OGM, ma se sono vive, Dio lo salvi! Va sempre ricordato che non è possibile "trattenere" gli OGM.Una volta che introduci una nuova forma di vita nell'ambiente non c'è più modo di richiamarla indietro. br> Non è possibile trattenere il vento.Non è possibile trattenere il trasporto dei semi da parte di uccelli, api e altri animali.Non è possibile trattenere gli OGM, che si diffonderanno ovunque con la stessa facilità con la quale è avvenuto nelle prairies.Un'altro fatto importane è che non può esserci la "co-esistenza". Credetemi, dalla mia esperienza di mezzo secolo da agricoltore, so che se viene introdotto un gene modificato in un qualsiasi organismo, questo gene sarà dominante. Alla fine il gene modificato prevarrà. Non è possibile avere allo stesso tempo in un paese coltivazioni OGM e biologiche o convenzionali.Il rischio è che alla fine tutto diventerà OGM.Non c'è più scelta.Credetemi, gli agricoltori biologici nelle prairies non possono più coltivare la soia o la colza. Tutti I nostri semi adesso sono contaminati da OGM. La possibilità di scelta è stata tolta sia agli agricoltori biologici che a quelli convenzionali. Mi viene spesso chiesto perchè mai gli agricoltori hanno cominciato a coltivare OGM quando questi furono introdotti nel 1996.Allora la Monsanto disse agli agricoltori che, tra le altre cose, avrebbero portato a raccolti più elevati, prodotti più nutrienti e, soprattutto, che richiedevano un utilizzo ridotto di sostanze chimiche.Penso che sia il terzo punto quello che ha colpito di più gli agricoltori.Dal 1946-47, dopo la seconda Guerra mondiale, gli agricoltori cominciarono ad utilizzare tonnellate di sostanze chimiche all'anno. Alcune erano estremamente potenti e gli agricoltori cominciarono a rendersi conto del danno fatto all'ambiente, alla salute umana e agli animali.La Monsanto ha detto anche altre cose, e continua a dirle: saremo finalmente stati in grado di dare da mangiare ad un mondo affamato.Credetemi, per dare una mangiare ad un mondo affamato, non servono tutte le Monsanto di questo mondo.Quello che ci vuole è un cambiamento nella politica, nelle modalità di commercio e nell'economia.Quando parlo ai contadini dei paesi del terzo mondo - Africa, India, Bangladesh eccetera - gli dico che loro almeno hanno ancora una scelta. Noi in Canada non abbiamo più una scelta per quanto riguarda molto tipi di colture. E' tutto contaminato. E nessuno ci aveva informati prima di quello che sarebbe potuto succedere.Per concludere, perchè ci siamo ribellati alla Monsanto?Mia moglie ed io abbiamo 72 e 73 anni.Non sappiamo quanti anni abbiamo ancora a disposizione e guardiamo alla cosa in questo modo: come nonno mi chiedo che tipo di eredità voglio lasciare ai miei nipoti.I miei nonni e i miei genitori mi hanno lasciato un'eredità di terra coltivabile. Io non voglio lasciare ai miei figli un'eredità di terra, aria e acqua sature di veleni.Sono sicuro che su questo sarete d'accordo con me.Dunque, continueremo a combattere per il diritto degli agricoltori in tutto il mondo di utilizzare le proprie sementi. Percy Schmeiser In due gradi di giudizio (si è in attesa del terzo) Percy è stato condannato dai giudici canadesi a pagare 170.000 dollari a Monsanto, e ha speso 300.000 dollari in spese legali, trovandosi costretto a ipotecare casa e terreni.Accetta donazioni (si possono fare con carta di credito dal sito www.percyschmeiser.com).
U.N.A.API. Str. Tassarolo 2215067 Novi Ligure (AL)ultima modifica: 11.03.2006 - Credits
sabato 23 febbraio 2008
Al peggio non c'è mai fine
Pensavamo di aver raggiunto il fondo con la questione rifiuti in Campania, ma era soltanto una quisquiglia.
Nel bel mezzo del Pacifico c'è un mare di plastica grande quanto gli Stati Uniti!
http://www.disinformazione.it/mare_di_plastica.htm
Nel bel mezzo del Pacifico c'è un mare di plastica grande quanto gli Stati Uniti!
http://www.disinformazione.it/mare_di_plastica.htm
lunedì 18 febbraio 2008
C'era una volta
Bellissimo questo articolo di Massimo Fini.
C'erano una volta, in una grande città come Milano, i fruttivendoli, i macellai, i salumieri, i lattai. Si scambiavano quattro chiacchere sui fatti del giorno con gli altri clienti e i garzoni che, se eri un frequentatore abituale, cercavano di darti i prodotti migliori.Adesso ci sono i Supermarket, la spesa si fa in perfetta solitudine e non è nemmeno pensabile di scambiar parola con quelle povere 'schiave salariate' inchiodate alla cassa che qualcuno - o l'economia - ha convinto che il lavoro è fondamentale per l'emancipazione della donna.C'erano, una volta, le drogherie, i negozietti curiosi, le botteghe artigiane, ora al loro posto c'è uno 'store' di Armani, o di chi per lui, oppure una banca. C'erano, una volta, le librerie. E i librai, che amavano il libro, erano, a modo loro, degli intellettuali ed erano in grado di darti delle indicazioni e dei suggerimenti preziosi (mitico fu Branduani alla Hoepli).Adesso ci sono dei 'megastore' in cui si vende di tutto, casualmente anche dei libri, e dei ragazzotti che dipendono dal computer. In libreria si incontravano scrittori, giornalisti, funzionari di case editrici. Era il 1960, avevo 16 anni e alla libreria Einaudi di galleria Manzoni a Milano stavo sfogliando 'Lo straniero' di Camus. Sentii battermi sulla spalla. Era un uomo sulla cinquantina, i capelli tagliati cortissimi, brizzolati: "Perchè ti interessa questo libro?". Risposi che avevo letto sui giornali della tragica morte, all'alba, in un incidente di macchina con il suo editore, Gallimard, di questo scrittore francese e volevo saperne di più della sua opera, che non conoscevo (mi hanno sempre affascinato le morti in macchina all'alba che fanno intuire una notte intensa, come fu anche quella di Fred Buscaglione che è dello stesso anno). Ci fermammo a parlare per una decina di minuti.Quando l'uomo uscì chiesi al commesso chi fosse: "Ah, non lo sai? E' Elio Vittorini". Allora incontri del genere, in libreria o al caffè, erano possibili, perchè tutte le case editrici stavano in centro. Oggi la Rizzoli sta a Crescenzago, la Mondadori a Segrate, la Bompiani all'estrema periferia sud ovest di Milano...Qualche settimana fa presentavo a Milano il mio libro 'Ragazzo - Storia di una vecchiaia' e si parlava della solitudine dei vecchi, oggi. Si alzò un signore, sulla sessantina, e disse: "Adesso ci sono dei giovani volontari che vanno a casa dei vecchi per lenire la solitudine. Ma è una cosa forzata. Ai miei tempi i bar restavano aperti fino all'una di notte. E al bar scendevano giovani e anziani, a giocare a carte, al biliardo e, nel retrobottega, a poker. Il rapporto fra generazioni era molto più naturale e spontaneo".Ma adesso i ceti popolari sono stati espulsi dalla città e relegati nell'anonimato degli hinterland. E i ricchi, di sera, non scendono certo al bar a giocare a scopone o al biliardo. Se ne stanno a casa loro o sono in week end. I bar-tabacchi, luoghi d'incontro della più varia umanità, sono spenti, di sera, sostituiti dalle macchinette. Ci sono tre o quattro luoghi deputati, trendy, dove non c'è interfecondazione, non c'è colloquio, non c'è scambio, ma solo coppie solitarie che son lì per far vedere quanto sono 'up to date'.Una volta c'erano i benzinai. Insieme alla super si facevano le solite chiacchere. C'erano i casellanti a cui chiedevi indicazioni e quando ti trovavi in una città poco conosciuta abbassavi il finestrino e ti rivolgevi a un passante. Oggi, col navigatore satellitare, fai tutto il viaggio senza scambiar parola con anima viva.Qualche giorno fa, in coda alle Poste, sentivo due signore che si lamentavano perchè, con la crisi, non possono più mandare i figli in palestra. Lì per lì mi è sembrata una cosa grave. Poi ho avuto un flash-back. Ma quando mai noi, da ragazzini, abbiamo visto una palestra che non fosse quella della scuola? Giocavamo nei cortili, nelle strade, nei 'terrain vague'. Non per questo siamo cresciuti storti o poco sani. Ma è anche vero che oggi i regolamenti vietano ai bambini di giocare nei cortili per non disturbare la quiete di non si sa chi, che i marciapiedi e le strade sono diventati impraticabili e che i 'terrain vague' non esistono più, divorati dalla speculazione edilizia. E quindi i bambini che non possono andare in palestra, o al nuoto, o in qualche altra triste struttura organizzata, dovranno essere abbandonati dai loro genitori, costretti entrambi a lavorare, alla Playstation, a Internet, alla Tv per assaporare, fin da subito, quella solitudine tecnologica che è il vero simbolo della condizione dell'uomo contemporaneo.
Massimo Fini
Fonte: http://www.massimofini.it/Uscito su "Il gazzettino" il 15/02/2008
C'erano una volta, in una grande città come Milano, i fruttivendoli, i macellai, i salumieri, i lattai. Si scambiavano quattro chiacchere sui fatti del giorno con gli altri clienti e i garzoni che, se eri un frequentatore abituale, cercavano di darti i prodotti migliori.Adesso ci sono i Supermarket, la spesa si fa in perfetta solitudine e non è nemmeno pensabile di scambiar parola con quelle povere 'schiave salariate' inchiodate alla cassa che qualcuno - o l'economia - ha convinto che il lavoro è fondamentale per l'emancipazione della donna.C'erano, una volta, le drogherie, i negozietti curiosi, le botteghe artigiane, ora al loro posto c'è uno 'store' di Armani, o di chi per lui, oppure una banca. C'erano, una volta, le librerie. E i librai, che amavano il libro, erano, a modo loro, degli intellettuali ed erano in grado di darti delle indicazioni e dei suggerimenti preziosi (mitico fu Branduani alla Hoepli).Adesso ci sono dei 'megastore' in cui si vende di tutto, casualmente anche dei libri, e dei ragazzotti che dipendono dal computer. In libreria si incontravano scrittori, giornalisti, funzionari di case editrici. Era il 1960, avevo 16 anni e alla libreria Einaudi di galleria Manzoni a Milano stavo sfogliando 'Lo straniero' di Camus. Sentii battermi sulla spalla. Era un uomo sulla cinquantina, i capelli tagliati cortissimi, brizzolati: "Perchè ti interessa questo libro?". Risposi che avevo letto sui giornali della tragica morte, all'alba, in un incidente di macchina con il suo editore, Gallimard, di questo scrittore francese e volevo saperne di più della sua opera, che non conoscevo (mi hanno sempre affascinato le morti in macchina all'alba che fanno intuire una notte intensa, come fu anche quella di Fred Buscaglione che è dello stesso anno). Ci fermammo a parlare per una decina di minuti.Quando l'uomo uscì chiesi al commesso chi fosse: "Ah, non lo sai? E' Elio Vittorini". Allora incontri del genere, in libreria o al caffè, erano possibili, perchè tutte le case editrici stavano in centro. Oggi la Rizzoli sta a Crescenzago, la Mondadori a Segrate, la Bompiani all'estrema periferia sud ovest di Milano...Qualche settimana fa presentavo a Milano il mio libro 'Ragazzo - Storia di una vecchiaia' e si parlava della solitudine dei vecchi, oggi. Si alzò un signore, sulla sessantina, e disse: "Adesso ci sono dei giovani volontari che vanno a casa dei vecchi per lenire la solitudine. Ma è una cosa forzata. Ai miei tempi i bar restavano aperti fino all'una di notte. E al bar scendevano giovani e anziani, a giocare a carte, al biliardo e, nel retrobottega, a poker. Il rapporto fra generazioni era molto più naturale e spontaneo".Ma adesso i ceti popolari sono stati espulsi dalla città e relegati nell'anonimato degli hinterland. E i ricchi, di sera, non scendono certo al bar a giocare a scopone o al biliardo. Se ne stanno a casa loro o sono in week end. I bar-tabacchi, luoghi d'incontro della più varia umanità, sono spenti, di sera, sostituiti dalle macchinette. Ci sono tre o quattro luoghi deputati, trendy, dove non c'è interfecondazione, non c'è colloquio, non c'è scambio, ma solo coppie solitarie che son lì per far vedere quanto sono 'up to date'.Una volta c'erano i benzinai. Insieme alla super si facevano le solite chiacchere. C'erano i casellanti a cui chiedevi indicazioni e quando ti trovavi in una città poco conosciuta abbassavi il finestrino e ti rivolgevi a un passante. Oggi, col navigatore satellitare, fai tutto il viaggio senza scambiar parola con anima viva.Qualche giorno fa, in coda alle Poste, sentivo due signore che si lamentavano perchè, con la crisi, non possono più mandare i figli in palestra. Lì per lì mi è sembrata una cosa grave. Poi ho avuto un flash-back. Ma quando mai noi, da ragazzini, abbiamo visto una palestra che non fosse quella della scuola? Giocavamo nei cortili, nelle strade, nei 'terrain vague'. Non per questo siamo cresciuti storti o poco sani. Ma è anche vero che oggi i regolamenti vietano ai bambini di giocare nei cortili per non disturbare la quiete di non si sa chi, che i marciapiedi e le strade sono diventati impraticabili e che i 'terrain vague' non esistono più, divorati dalla speculazione edilizia. E quindi i bambini che non possono andare in palestra, o al nuoto, o in qualche altra triste struttura organizzata, dovranno essere abbandonati dai loro genitori, costretti entrambi a lavorare, alla Playstation, a Internet, alla Tv per assaporare, fin da subito, quella solitudine tecnologica che è il vero simbolo della condizione dell'uomo contemporaneo.
Massimo Fini
Fonte: http://www.massimofini.it/Uscito su "Il gazzettino" il 15/02/2008
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