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di Antonietta Gatti
Ieri sono andata a Bologna per una trasmissione radiofonica ed ho usato l’automobile.
L’ho parcheggiata, l’ho chiusa e sono andata al mio appuntamento. Una volta tornata, quando ho fatto per ripartire, mi sono accorta che la batteria era andata a zero e il motore non voleva accendersi. Prima ancora di pensare al da farsi, Matteo mi ha detto che mi avrebbe aiutato a ripartire.
Pensavo che avesse dei cavi nella sua macchina per ricaricare la mia batteria.
Nossignore: ha dato una bella spinta e l’auto è ripartita.
La storia di per sé sarebbe insignificante se non fosse per un particolare : Matteo ha la sclerosi multipla e fino al 2006 non camminava, non vedeva più da un occhio, non parlava e aveva perduto la capacità di muovere le mani. Gli restava l’uso di un pollice che ruotava in basso o in alto per comunicare con il mondo. Chi vuole può leggere la sua storia andando su www.matteodallosso.org.Come è possibile che una persona con sintomi espliciti,
di una malattia così terribile, con una diagnosi uscita da due importanti ospedali su esami inappuntabili, condotti anche su base genetica, sia ritornata dall’inferno?
Lui, ingegnere elettronico 31enne (lunedì 18 è il suo compleanno), si racconta alla radio (Punto Radio del 15 maggio alle 16:30) in maniera semplice, senza rancori, vittimismi, recriminazioni. Racconta che la salvezza è arrivata dal voler sapere sempre di più della sua malattia al di là di ciò che dicevano i medici, cercando di persona risposte e soluzioni. La soluzione l’ha trovata in Germania e poi a Bologna, vicino a casa sua.
Ha seguito una terapia chelante che l’ha riportato a correre, a nuotare, a scalare e a fare paracadutismo.
Ciò che colpisce è l’energia contagiosa che Matteo emana. Un giovane che ha vissuto per anni in un orrido e ce l’ha fatta ad uscirne non può che diffondere gioia, felicità, voglia di vivere.
Ma in Matteo c’è qualcosa di più: c’è la voglia di aiutare gli altri, chi è caduto vittima di quella malattia, ad uscirne. Il suo blog ha proprio questo scopo: far conoscere la sua terribile esperienza e la strada che l’ha portato a riemergerne. Messaggio semplice, diretto, efficace.
La sua storia mi porta a fare due riflessioni. Una è che la Natura non è poi così matrigna come credevo. Lavorando con bambini malati o malformati, con feti abortiti, con soldati che ritornano distrutti da missioni di pace, mi ero fatta l’idea che non ci fossero soluzioni. Invece ho verificato che malattie “incurabili” come la sclerosi multipla possono regredire, che non si tratta di un fenomeno irreversibile. Questo mi dà una spinta ad essere ottimista, a credere che qualcosa si può fare.
La seconda riflessione riguarda un aspetto del decorso della malattia di Matteo. In un certo ospedale i medici gli volevano praticare una terapia basata su di un chemioterapico molto potente (resta tutto da spiegare perché curare con un antitumorale una malattia che tumore non è) e lui, con il suo pollice verso, negava l’assenso. I medici non accettavano che il paziente decidesse per sé e arrivarono a convincere i genitori che Matteo non era più in grado d’intendere e di volere e che, quindi, dovevano essere loro a decidere per lui. A decidere come avevano deciso loro, naturalmente.
Di questi tempi in cui si è dovuto legiferare su che cosa fosse più giusto per una persona in coma da 27 anni, se un paziente chiaramente padrone di tutte le sue facoltà mentali non accetta la somministrazione di un farmaco tossico al di là di ogni possibile discussione, si pretende che questo gli venga comunque somministrato perché qualcuno dichiara che quel paziente “non è più in grado di intendere e di volere”.
Ciò che si è tentato di fare a Matteo è un sopruso bello e buono. Un medico che, qualunque sia la ragione, non capisce una malattia non dovrebbe usare farmaci studiati per altre patologie. Matteo ha combattuto i sintomi che quei medici non sono stati capaci di capire e di curare e sta vincendo. La Medicina, oggi come sempre, ha dei limiti e questi dovrebbero essere accettati e resi pubblici con onesta umiltà. Invece, quasi sempre quei limiti vengono accuratamente nascosti dietro una presunzione ed un’arroganza che rasentano la follia.
La tenacia, la volontà di Matteo hanno vinto su chi, incapace d’intendere ma non di volere, lo etichettava, invece, come “incapace d’intendere e di volere.”
Spero che costoro si rendano conto dello schiaffo morale che Matteo, con i fatti, ha inferto a tutta quella fetta spocchiosa della categoria cui appartengono e ne traggano motivo di meditazione. E spero che l’altra fetta, quella dei medici veri, quelli che sono coscienti del perché quella professione così nobile esiste, si liberino finalmente del timore reverenziale nei confronti dei loro spesso più potenti colleghi.
Leggete la storia di Matteo, una storia che Antonio Amorosi, giornalista di Punto Radio pubblicherà sul suo blog. È un’iniezione di energia pura di cui tutti noi abbiamo bisogno.
Antonietta Gatti
Questa è una storia per nulla originale. Fatti del genere sono all’ordine del giorno, eppure pochi ne vengono a conoscenza.
Ricordo quando, all’inizio degli Anni Novanta, scoprimmo che nel sangue circolavano particelle di sostanze che non sarebbero dovute essere là. Una scoperta d’importanza fondamentale per capire tantissimi fenomeni e altrettante patologie. Eppure, non si trovò uno straccio di rivista scientifica disposta a pubblicarla. Se il mondo della scienza si fosse mosso allora, oggi saremmo più o meno dieci anni avanti. Ma ciò che esce dai binari imposti da chi governa quel mondo non deve esistere.
Come la sclerosi multipla, la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, alla ribalta perché ha colpito diversi calciatori, è una delle tante malattie di cui non si conosce l’origine. O, chissà, di cui è bene non si conosca l’origine o la natura. Un altro esempio? Il cancro.
Così si fanno dei bei centri di ricerca, ci si mettono a capo i personaggi “giusti”, perché no? un po’ di amici e amici degli amici, si stanzia denaro, altro se ne raccoglie con le eroiche “maratone” della solidarietà, e poi… e poi non si arriva a nulla. Non si deve arrivare a nulla, altrimenti la pacchia finisce.
Qualcuno m’insulterà indignato per quello che dico? Allora quel qualcuno mi faccia vedere, superando le chiacchiere di cui non abbiamo bisogno, quali progressi reali si sono fatti negli ultimi vent’anni nella cura del cancro. Mi quantifichi il rapporto tra costo e beneficio. Mi giustifichi, voce per voce, entrate ed uscite. Altrettanto per la sclerosi laterale amiotrofica.
Poco tempo fa, partecipando ad una trasmissione radiofonica, m’incrociai con un giornalista sportivo notissimo che ha importanti entrature con la fondazione che si occupa proprio di SLA. Noi abbiamo qualcosa da dire sull’argomento. Dall’altra parte, zero: tempo e soldi spesi senza il benché minimo risultato. Bene: ad oggi, nonostante l’impegno preso dal giornalista, nessuno ha provveduto a mettersi in contatto con noi. Nemmeno per chiedere che cosa diavolo abbiamo da dire. Scusate se mi fermo qui e non faccio alcun commento. (Stefano Montanari)
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