martedì 27 maggio 2008

Democrazia dei numeri

Dittatura? No: è la democrazia dei numeri.



Scritto da Stefano Montanari
martedì 27 maggio 2008
Che gli uomini non imparino molto dalle lezioni della storia è la più importante di tutte le lezioni della storia. Non l’ho detto io, ma Aldous Huxley.
La storia, paziente e monotona com’è, continua ad insegnare sempre la stessa lezione e noi quella lezione continuiamo a non impararla, da somarelli che siamo.
Dopo anni di politica di piccolo cabotaggio nel corso del quale il bene comune è stato lentamente dimenticato per lasciare posto alla rapina sistematica di chi si doveva amministrare, dopo anni di buonismo di stato, quello di cui il linfatico Veltroni è il testimonial più icasticamente evidente, quello che altro non era se non il trionfo dell’inefficienza, dopo anni in cui si è lasciato che un venditore televisivo d’assalto reclamizzasse i suoi prodotti attraverso televisioni più o meno legali ipnotizzando le menti degl’italiani, per loro stessa natura distratti e per nulla interessati a tutto ciò che prevede la fatica di programmare al di là della giornata stessa (ridateci Wanna Marchi!), che cosa si pretendeva?
Torno ora da un viaggio di qualche giorno in Grecia dove ho partecipato ad un convegno mondiale d’“intellettuali” - sperando che il termine abbia un significato positivo - e
mi ritrovo che lo statista di plastica cui ci siamo affidati ha preso in pugno la situazione e ha risolto l’“emergenza rifiuti” e l’ “emergenza energetica” con un sol colpo di bacchetta magica. Si costellerà l’Italia di “termovalorizzatori” (traduco per i non italiani: inceneritori) e si rispolvereranno le centrali nucleari (traduco ancora: quegl’impianti che un referendum nazionale bocciò).
Che importa se per costruire ambedue gli ecomostri s’impiegheranno anni, anzi, decenni e l’emergenza, così minuziosamente preparata, resterà cronica? Che importa se i rifiuti saranno trasformati in veleni ben più insidiosi di quanto non siano in partenza, provocando emergenze sanitarie di gran lunga più gravi di quelle di cui soffriamo adesso? Che importa se altrove, nei paesi dove la corruzione è quasi sconosciuta e dove la politica è fatta da persone meno impreparate che non sguazzano nel lusso sibaritico da tramandare di padre in figlio o da vendere ai clienti, esistono tecniche consolidate da cui, trattando i rifiuti (laggiù in diminuzione) senza sporcare, si ricavano quattrini (per la comunità) e posti di lavoro? Che importa se questa fungaia d’inceneritori dovrà essere sfamata producendo sempre più immondizia? Che importa se il nucleare è la fonte in assoluto più costosa di energia ed è, per di più, una fonte cui noi italiani non abbiamo accesso se non indiretto e che ci rende ancor più dipendenti dall’estero? Che importa se il nucleare non ha alcun futuro, trattandosi di una fonte ovviamente non rinnovabile e altrettanto ovviamente destinata ad esaurirsi? Che importa se questa dipendenza, unita a quella del petrolio, del gas e del carbone, ci rende sempre più deboli e ricattabili, oltre che più poveri? Che importa se un nostro Premio Nobel ha condannato senza appello una scelta così demenziale? Che importa se quel Premio Nobel ci ha dimostrato ciò che ogni fisico sa, e cioè che non si può pretendere di vivere prelevando energia dall’interno di un sistema, ma bisogna per forza prenderla da fuori (il Sole)? Che importa se, per mettere in atto queste follie si deve far ricorso ad una classe accademica mascalzonesca che distrugge spregiudicatamente i cervelli dei propri allievi? Che importa se si premia qualche “grande oncologo” per portare a compimento l’anestesia? Che importa se i nostri enti di controllo ci daranno, più di quanto non abbiano fatto finora, informazioni false? Che importa se i cosiddetti media diventeranno ancora più bugiardi o autocensurati? Che importa se, a supporto di una situazione molto alla Orwell, si è pensato opportuno vibrare una coltellata alla democrazia e alla libertà come da Gazzetta Ufficiale del 1° maggio? In galera chiunque conosca un po’ di scienza, un po’ di tecnica, un po’ di quanto si fa da altre parti del mondo e contesti il regime, magari con delle prove inoppugnabili in mano! È così che fa un vero uomo di stato.
E l’opposizione? Ma quale opposizione? La strana coppia Pappa e Ciccia ha lavorato benissimo e adesso è padrona di tutto grazie ad un vero e proprio plebiscito. È così che partiranno quei grandi lavori che tanto entusiasmano Di Pietro e compagnucci (tanti ossequi all’onorevole Misiti) e che daranno linfa vitale a Mafia, Camorra e Politica, tutte e tre con la maiuscola, tutte e tre affratellate nel malaffare.
Come avevo previsto, cosa, del resto facilissima da fare, adesso mi si chiama da tutte le parti perché si farà un “termovalorizzatore” dietro casa, perché lì vicino ci sarà una turbogas (grazie Verdi!), perché un treno passerà a trecento all’ora quasi in cortile mentre i pendolari continueranno ad andare al lavoro nei loro carri bestiame che passeranno quando ne avranno fantasia, perché il sindaco ha in progetto una centrale a biomasse, e via discorrendo.
Ma, cari lettori, io le mie proposte le avevo fatte, le alternative le avevo date e mi ero addirittura offerto come politico pronto a dare una mano. Il risultato lo abbiamo visto tutti: il 99,7% degl’Italiani ha preferito altrimenti e, si sa, in democrazia contano i numeri, come il senatore Gasparri, che di democrazia se ne intende, ebbe a farmi notare. E se uno ha lo 0,3% dei consensi, non è nemmeno uno scienziato, aggiunge lo statista per concludere il pensiero.
E allora, che si pretende da me?

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